Mi ritrovo a scrivere di “Fiori ciechi”, opera narrativa di Maria Antonietta Pinna, edita da Annulli Editori,
libro suddiviso in due, l’opera a cui da il titolo il libro, “Fiori ciechi” e un racconto “Probobacter”.
Parliamo di “Fiori ciechi”, che ha la parvenza di una favola – surreale – magica, ma leggendolo con più attenzione ci ritroviamo davanti ad altro, una sorta di specchio dei giorni d’oggi e del nostro paese, in particolare.
Narra di Florandia, una Repubblica dei fiori al cui vertice c’è Pistillo – dittatore, agli occhi di chi la guarda da fuori potrebbe apparire molto simile ad un paradiso terrestre, deturpato però, dalle leggi estreme che tengono in scacco l’intero paese, luogo dove i garofani puri, grazie al dittatore, sono al potere o comunque nello stato delle cose di essere e sentirsi superiori , quelli che hanno iniziato la specie e ben visti da Pistillo e poi c’è la regione di Fluk, dove vivono i garofani impuri – “gli striati”, che a detta di Pistillo sono buoni solo per essere comandati e da arruolare nell’esercito ai suoi ordini.
Il tutto esce dalla mente di Tibbs, che ad un certo punto si trova personalmente coinvolto e catapultato all’interno della storia, perché non riesce a far nascere l’Idea e la troveremo proprio nella storia nel bel mezzo del salotto di Gabrina, la maga, in procinto di nascere, si ritrova bloccato ad un punto morto ed è solo alla fine che tutto verrà risolto.
“Probobacter” è un racconto a parte, diverso dal primo, parla di Tommaso Probo e ad un mondo a rischio contaminazione per l’enorme quantità di rifiuti che produciamo e alla successiva creazione di un modo per salvarsi, ma che non sarà altro che un modo molto più veloce di condannare a morte la terra.
Il libro non mi ha fatto impazzire.
La copertina che non collego ai testi, avrei usato qualcosa di diverso, non che l’opera del pittore Francesco Montagnoli sia da declassare, ma avrei preferito qualcosa d più fotografico, diverso.
La prefazione di Sonia Monica Argiolas è sicuramente scritta con amore ma lascia a desiderare proprio per l’incipit stesso, dove una parola, è ripetuta ben 4 volte in meno di 5 righe.
Le opere che intervallano il libro, opere di Carlo Farina, le trovo non adatte, non riportano a ciò che il libro contiene, non eseguono il lavoro artistico che deve portare verso il libro, estraniano il lettore.
Trovo che ci sia un buon incipit alla lettura per un pubblico più giovane.
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