Fobia sociale: quando timidezza e paura del giudizio ci paralizzano

Da Silvestro

A cura della Dottoressa Anna Chiara Venturini, psicologa psicoterapeuta a Roma

Cosa significa fobia?
Il significato etimologico della parola fobia, deriva dal greco phobos, che significa fuga, terrore, oltre che dal nome di Phobos, divinità che incuteva paura nei nemici e che i greci raffiguravano nei loro scudi. Il termine tuttavia entrò in uso solo dopo il 1801 e negli anni successivi acquisì il suo odierno significato, ovvero una paura esagerata e persistente collegata ad un oggetto o situazione che obiettivamente non costituisce una significativa fonte di pericolo (Marks, 1969).
Chi è il fobico?
Il fobico, di fronte ad una situazione può provare i sintomi di una persona in condizioni di urgenza : vertigini, accelerazione del battito cardiaco, aumento della sudorazione etc. e reagisce fuggendo. Quando tuttavia questo non è possibile, la persona fobica tenta di evitare la situazione fonte di paura, restringendo così le proprie attività vitali. Il fobico, tuttavia, riconosce che le proprie paure sono esagerate, ma nonostante questo,se si avvicina alla situazione, il timore, la convinzione di essere incapace di fronteggiarla e l’evitamento, persistono. Solitamente le conseguenze da lui temute sono immaginate come spaventose sia oggettivamente che soggettivamente, anche se, ad un osservatore, l’oggetto o la situazione temuta appaiono come innocui.
Cos’è la fobia sociale?

Molti sono stati i tentativi di classificare le fobie e, addirittura si sono coniati almeno 108 nomi per differenti tipi, basati sullo specifico stimolo-situazione fobica, ad esempio l’astrofobia ( fulmini), l’ailurofobia ( gatti), l’ofidiofobia ( serpenti) e via dicendo. La fobia sociale, in particolare, riguarda la paura di agire, di fronte agli altri, in modo imbarazzante o umiliante e di ricevere giudizi negativi. Questa paura può portare chi ne soffre ad evitare la maggior parte delle situazioni sociali, per la paura di comportarsi in modo “sbagliato” e di venir mal giudicati. Solitamente le situazioni più temute sono quelle che implicano la necessità di dover fare qualcosa davanti ad altre persone. La fobia sociale è un disturbo assai diffuso: ne soffre dal 3 al 13% della popolazione e sono le donne a soffrirne di più. Il fobico sociale teme di apparire ansioso e di mostrarne i segni, per esempio teme di diventare rosso (eritrofobia), di tremare, di sudare, oppure di non sapere cosa dire e quindi di stare in silenzio e in disparte quando si trova in mezzo ad altre persone. Le caratteristiche tipiche sono: consapevolezza dell’irragionevolezza della propria paura e conseguente colpevolizzazione per non riuscire ad agire e vivere come tutti; marcata ansia anticipatoria rispetto alle situazioni temute; evitamento di quest’ultime. In base al grado in cui il comportamento fobico interferisce con la capacità della persona di funzionare, i pazienti affetti possono presentare da adulti una dipendenza finanziaria dagli altri e diversi gradi di compromissione della vita sociale, del successo lavorativo e, nel caso di giovani, dei risultati scolastici; a volte si può associare anche ad attacchi di panico. Di solito si individuano due tipi di fobia sociale: semplice, se la persona teme una o poche situazioni; generalizzata, quando invece sono temute quasi tutte le situazioni sociali.

Che differenza c’è tra fobia sociale e la semplice timidezza?
Tutti noi abbiamo sperimentato cos’è la timidezza: siamo preoccupati e nervosi in contesti sociali ( magari diventiamo anche rossi), ci inibiamo o evitiamo situazioni in cui temiamo il giudizio altrui che, secondo noi, sarà quasi certamente negativo. Questo, ovviamente dipende da una scarsa autostima e da un basso livello di self efficacy ( autoefficacia), per cui riteniamo di non avere le capacità, le qualità e gli strumenti per fronteggiare quella situazione che, pertanto, è meglio evitare. Tuttavia questo innesca un circolo vizioso in cui l’autostima diminuisce ancora ed aumenta la paura di non essere accettati. Questo meccanismo è proprio anche della fobia sociale e questo permette di pensare alla timidezza inserita nel più ampio spettro di “ansia sociale” che va dall’estremo della normalità, in cui non porta sofferenza ma solo disagio minimo, all’altro della patologia, con condizioni estremamente disagevoli come la fobia sociale e il disturbo evitante di personalità.
Cosa fare?
Come per i vari disturbi d’ansia, la psicoterapia cognitivo comportamentale è un trattamento molto efficace anche in questo caso. L’obiettivo è ristrutturare i pensieri disfunzionali che anticipano la situazione sociale ( relativi all’esporsi al giudizio negativo altrui) e la “distorcono” ( es. essere convinti di essere sempre osservati attentamente dagli altri), con conseguente aumento della quota di ansia e della sensazione di perdere il controllo e impazzire. Da un lato si procede quindi a modificare tali convinzioni errate, dall’altra si insegnano abilità sociali che consentono di gestire in modo più efficace le situazioni in cui la persona si trova coinvolto ( tecniche di gestione dell’ansia e per la gestione dell’interazione verbale), attraverso simulate ed esposizioni in vivo in cui la persona sperimenta se effettivamente le sue credenze sono vere, per poi ristrutturarle con altre più adattive. Il fobico sociale scopre così che non guardano tutti lui mentre, per esempio prende una tazzina di caffè al bar e non evita più di andare al bar, riprendendo piano piano parti di vita quotidiana che aveva ceduto in cambio di una presunta,quanto mai fantomatica, protezione dal giudizio negativo e dall’ansia sociale, arrivando a condurre una vita fatta di nulla se non di privazioni.

( Ultimo articolo pubblicato “Provare piacere non è sempre un piacere: il “sex blues”, una nuova frontiera nell’universo della psicologia femminile” )

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