Focus - Da La Piovra a Gomorra, quando l'Italia criminale fa share

Creato il 08 maggio 2014 da Digitalsat

Da 'La Piovra' a 'Gomorra - La Serie', passando soprattutto per 'Romanzo Criminale', le fiction italiane sul crimine organizzato hanno una lunga storia di successi sul piccolo schermo, a partire appunto dalla gloriosa 'La Piovra' che può vantare 10 serie, dal 1984 al 2003, con una media di 10 milioni di spettatori e punte di 14, esportate in 80 paesi.

Il personaggio del Commissario Corrado Cattani, presente nelle prime quattro miniserie, e' ancora «motivo di orgoglio» per il suo interprete, Michele Placido, che nella saga del 'crime' all'italiana vanta anche la regia del film 'Romanzo Criminale', dal libro di Giancarlo De Cataldo, che ha preceduto la versione tv.

«Come sono orgoglioso del mio 'Romanzo Criminale' e anche di quello televisivo, visto che molti attori del cast li ho suggeriti io», aggiunge Placido, veterano della matetie e anche delle polemiche che accompagnano, appunto dai tempi della Piovra, le produzioni tv che mettono al centro della narrazione il crimine organizzato.

«Sul successo della fiction 'Gomorra' si e' innestata la solita polemica ma in ralta' la fiction offre la possibilita' di far riflettere tutti su realta' come quelle di Scampia -sottolinea Placido- e mostra quel che c'e', anche se non tutto quel che c'e'. Adesso sarebbe bello che si girasse qualcosa sui buoni che a Scampia resistono. Potrebbe essere un'idea». In fondo la stessa linea dell'autore del romanzo 'Gomorra', Roberto Saviano, che su Twitter ha scritto, in occasione della prima tv, «il mio amore per Napoli e' grande, e grande e' la voglia di vederla rinascere».
Fra le versioni tv di 'Romanzo Criminale' e 'Gomorra' si e' consumata, nelle analisi degli ascolti, una sorta di guerra a distanza, per di più tutta in famiglia, visto che entrambe sono firmate da Cattleya e Sky, con 'Gomorra' che ha esordito doppiando gli ascolti del 'via' di 'Romanzo Criminale'. Per entrambi, comunque, gongola il patron di Cattleya, Riccardo Tozzi, che sottolinea l'evoluzione del 'crime' televisivo in Italia: «'La Piovra' e' stata la prima serie moderna italiana, 'Gomorra' e' la prima serie post moderna italiana. Il Muro di Berlino e' caduto anche per le fiction, ci stiamo allontanando dal realismo sociologico».

«La chiave del successo di 'Gomorra' e' che si tratta di un prodotto competamente nuovo per l'Italia, che ha assunto a pieno il linguaggio della nuova serialita' internazionale ma si porta appresso l'aggancio forte alla realta' che e' nella nostra tradizione cinematografica. Niente socioligismi o didascalismi ma personaggi 'veri' e questo -sottolinea Tozzi- e' un 'unicum' sul mercato internazionale», mercato che ha largamente premiato la fiction, gia' venduta in 150 paesi nel mondo ancora prima di andare in onda. Il vero asso nella manica di 'Gomorra', e prima di essa di 'Romanzo criminale', e' comunque il suo rientrare in quella che Tozzi definisce «la forma ormai imperante del racconto audiovisivo e cioe' il genere», in particolare «il 'crime', sugli altari degli ascolti ovunque, con prodotti statunitensi, francesi, inglesi, scandinavi». Per Tozzi e' «un modulo attraverso cui si parla di tutto, forte in televisione come nel cinema, oltretutto un modulo che cattura i giovani», cioe' il pubblico più ostico da catturare per la tv.
- Il successo del 'crime' non e' comunque solo televisivo, ne' legato alla civilta' delle immagini, ma inzia ben prima e affonda le sue radici nella natura umana, secondo il criminologo Francesco Bruno. «Nella letteratura l'uso delle gesta criminali e' sempre stato un ottimo affare -spiega Bruno- un viatico di successo che pi si e' trasferito al cinema, alla televisione. Di fronte ad fenomeno criminale la gente ha paura ma e' anche attratta; prova una soddisfazione nascosta nel veder infrangere la legge e la soddisfazione aumenta se i protagonisti sono indifferenti alla legge, se creano proprie regole. Il ricorso alla forza produce ammirazione». «In mancanza di eroi positivi si esaltano quelli negativi ed il caso dell'innamoramento del pubblico per il crimine organizzato non e' neppure il più eclatante, basti pensare al 'successò trasversale dei serial killer: in letteratura, al cinema, in televisione. Repulsione e ammirazione sembrano andare di pari passo», aggiunge Bruno, evidenziando poi che «nel caso delle narrazioni riferte a bande criminali attrae anche lo specifico del gruppo forte, capace di imporsi e, solitamente, di garantire i suoi componenti in una prima fase per poi distruggerli con il passare del tempo». «Non e' più tempo di gialli, dove l'eroe e' positivo, dove gli interrogativi trovano risposta ed i crimini vengno puniti -conclude Bruno- predomina il noir, l'eroe e' almeno ambiguo. Del resto lo stesso James Bond, apparentemente un eroe positivo e' in sostanza un semplice assassino, solo che e' impunibile, per legge».
 Al di la' di ogni precedente ed analisi, il discrimine per il successo di fiction e' semplice: se piace vince. E 'Gomorra' e' piaciuta molto a Carlo Freccero. Il guru della tv non risparmia gli apprezzamenti, con una ed una sola perplessita': «Nelle prime due puntate l'intreccio mi e' parso un pò debole, un pò da melò, a confronto con la potenza delle immagini», dice Freccero ma solo dopo aver scandito che «questo e' il miglior prodotto di quest'anno nell'ambito del cinema di genere, e voglio proprio dire 'cinema'». 'Gomorra', firmato da Stefano Sollima, Francesca Comencini e Claudio Cupellini, che Saviano ha ringraziato in un tweet «per lo sguardo», per Freccero «offre un 'immagine piena, straordinaria, curata nei particolari, e gode l'impatto di una grande 'scenografia': le Vele di Scampia. Un'architettura utopistica degna di 'Blade Runner', che come tutte le utopie si e' voltata ad incubo; un degrado che ha un valore artistico altissimo del quale sono innamorato. Credo che le Vele siano il più bel monumento di edilizia popolare». Forte anche di questo 'Gomorra' «e' in concorrenza con i migliori prodotti di fiction europea e non europea. Ci sono momenti molto alti, come lo sguardo di un personaggio che va incontro alla morte sulla sua famiglia catturata dal karaoke; segni forti come la televisione incorniciata in casa di un boss come fosse un quadro, unica voce che porta l'esterno in quel mondo chiuso. Il tutto -conclude Freccero- costruisce una discesa agli inferi di eccezionale, raffinata potenza visiva».


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