LA FOLLIA IN VESTE DI MOSTRO INVISIBILE
Da questo libro scegliamo il racconto L’Horlà, 1887.
L’Horlà è un racconto scritto in forma diaristica. Il protagonista del racconto è una voce narrante, che immergere il lettore nelle paranoie del narratore stesso. Il protagonista accompagna il lettore alla scoperta di una presenza invisibile, l’Horlà, che domina in maniera progressiva i pensieri e le percezioni della voce narrante.
L‘Horla è un mostro invisibile, un fantasma, che tormenta la vita del narratore ma anche di altri uomini. Tanto è vero che la voce narrante, all’inizio del diario, crede di essere stata colpita da qualche strana influenza o malattia psichica che provoca allucinazioni. Il narratore si sente in balia della pazzia e avverte questo fantasma come sorta presenza “esterna” immateriale proveniente dal Brasile:
“Ci giunge da Rio de Janeiro una notizia abbastanza strana. Una follia, un’epidemia di demenza paragonabile alle follie collettive [...] Gli abitanti si dicono posseduti, governati come un bestiame umano da esseri invisibili benché tangibili, specie di vampiri che si nutrono della loro vita durante il sonno [...]” [G. Maupassant, L'Horlà in Racconti fantastici, p.188].
Da un altro punto di vista, questa tensione rispecchia la nascita di nuove posizioni nel dibattito sulla follia di fine Ottocento e l’incertezza che si insinua nella mente di un intellettuale non estraneo al problema. Infatti, Maupassant cerca di rappresentare questo male invisibile domandandosi se ci sarà mai un modo per combatterlo – curarlo. La follia secondo le vecchie teorie era considerata una forza esterna. Queste concezioni erano basate sulle credenze tradizionali che utilizzavano i simboli dell’immaginario popolare incentrato sui demoni, diavoli, fantasmi, vampiri e streghe per spiegare i fenomeni invisibili. Con l’avanzare delle teorie scientifiche, la follia viene vista più come un qualcosa che appartiene alla nostra interiorità, alla nostra psiche.