Una cascata di una bellezza unica, dalle acque verde smeraldo sgorga copiosa sotto gli strapiombi impressionanti dei monti Musi . Un imponente risorgiva che prende il nome dal Rio omonimo.Sicuramente di grande interesse geologico, il canalone che collega le varie cavità da cui fuoriesce la cascata sembra costituito da vari laghetti e sifoni all’interno di numerose e profonde grotte tra le quali la più famosa è la Grotta dell’Uragano che prende il nome proprio da gran rumore che provoca l’acqua delle cascate.Ma non abbiamo fatto i conti con le slavine, davvero abbondanti. Il sentiero che porta alla parte inferiore della cascata inizia nei pressi di Lischiazze e bastano pochi passi per ritrovarsi subito immersi in una splendida faggeta, di un verde intenso e luminoso, segno di un bosco sano e vitale. Proseguendo lungo la pista forestale e tralasciando le varie indicazioni si arriva in pochi minuti alla parte inferiore della cascata dove, in condizioni “normali” si potrebbe guadare le acque e avvicinarsi alla base della cascata dove si forma uno splendido laghetto dalle acque verdi. Si potrebbe.
Il piacere di tanto spettacolo ci è oggi negato dalla neve e dagli schianti che ricoprono totalmente il lato opposto del rio e gran parte della cascata con le sue stupende gole. Un paio di noi tenta di risalire un cordolo cementato provvisto di un sottile cavetto metallico, alla ricerca di un angolo, di una visuale un pochino più soddisfacente di questa meraviglia nascosta. L’accesso è in parte eroso dalle acque e il cordolo si presenta alquanto scivoloso ed esposto pertanto ci avventuriamo fino dove il buon senso ce lo consente. Qualche scatto rubato e poi via, proviamo a salire alla parte superiore, ma già consapevoli che oggi non avremo questa soddisfazione.
Riprendiamo il sentiero che ora comincia a salire deciso sempre all’interno della faggeta accostandosi a una fascia rocciosa affiorante caratterizzata da bianca roccia con profonde scanalature. Quando il sentiero si appiana ci ritroviamo in un bosco caratterizzato da grandi massi dove bisogna fare un po’ di attenzione ai segnavia.Seguiamo degli ometti provvidenziali superando un piccolo rio asciutto e un breve tratto boscoso, salvo poi ritrovarci in mezzo ad una slavina. Perso il sentiero nella neve preferiamo tornare indietro. In ogni caso per arrivare all’uscita della cascata si dovrebbe scendere sul ripido pendio innevato, senza riferimenti e con la possibilità quasi certa di non poter vedere nulla
Ritornati sul sentiero proseguiamo sempre nella faggeta per poi uscire dal bosco nei pressi di una radura caratterizzata dalla presenza di un grande masso, scelto come punto di sosta. Con qualche difficoltà per la presenza di schianti e slavine saliamo sopra al masso per non godere di alcun panorama causa nuvole basse. Non è una gran giornata, neve residua, nuvole basse, tiene ma minaccia pioggia, niente Fontanone, ci si consola solo con la bellezza del bosco……. Oggi va così.
Lasciato il nostro punto di osservazione cerchiamo di riprendere il sentiero ma un’altra slavina ci fa perdere la traccia. Si doveva scendere, ma noi non trovando segnalazione alcuna attraversiamo diritti rientrando nel bosco. Proseguiamo in quota cercando di intersecare il segnavia 703 che scende da La Forchia. Dopo un tratto un po’ “avventuroso” ritroviamo il sentiero, eccolo, appena al di là di un dirupo roccioso di qualche decina di metri e del rio Secco che per l’occasione non è proprio così secco, anzi. Risalito il costone troviamo un passaggio ed eccoci qui tranquilli sul sentiero.Insomma ci sembrava cosa buona e giusta aggiungere un po’ di fuori programma.
Il sentiero scende a svolte, intersecando l’impluvio per poi rientrare comodo nella faggeta, la bella faggeta. Ci lasciamo abbracciare dal bosco dove lo spazio è senza tempo .
Torneremo al Fontanone Barman…… quando si scioglie la neve .