Foo Fighters. Sonic Highways, cosa vi aspettavate?

Creato il 13 novembre 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

Il famigerato disco dei Foo Fighters è uscito: la snervante attesa è finalmente terminata. Tralasciando la questione della serie TV, già di per sé una trovata geniale, quello che colpisce di più è in quanto poco tempo questa presunta opera d’arte musicale (e non solo) sia venuta alla luce. E’ chiaro, il tour di “Wasting Lights” è stato un successo. Già i precedenti sono stati epici, ma in quest’ultimo si respirava un’atmosfera diversa sul palco, sembrava di guardare un panorama splendido. Era dunque giunto il momento di un nuovo esperimento: un’idea nata dal profondo credo di Dave Grohl, secondo il quale l’ambiente che circonda un artista sia un influenza cruciale nella creazione di nuova arte, di una nuova musica.

Ed è così che l’idea ha preso forma. Si crea una mappa della storia musicale degli states, che per i musicisti americani di fama mondiale significa cominciare una profonda esplorazione nei meandri della musica popolare del loro paese natale: ogni zio, sorella o cugino possedeva un disco di Dolly Parton, piuttosto che dei Cheap Trick; si può solo immaginare la quantità di dischi tramandati dai padri ai figli dall’alba dei tempi a oggi. Si tratta dunque di andare alla radice di tutto, incidendo la propria musica in diversi studi di registrazione, situati in città sparse per tutto il territorio degli Stati Uniti.

L’idea era quella di testare se il sound dei Foo Fighters, ormai consolidato da tempo, potesse davvero mutare a contatto con le atmosfere e le tradizioni delle principali città americane, quali Austin, Chicago, Los Angeles, Nashville, New Orleans, New York, Seattle e Washington D.C. A questo punto la band non doveva far altro che partire e vivere l’ennesima avventura insieme.

Sonic Highways era già stato scritto prima della partenza per il “viaggio spirituale”, è un contenitore di emozioni variegatissime. Il fatto che ad accompagnare il disco ci siano otto episodi di un documentario non aiuta di certo ad avere un parere oggettivo: sono troppi i fattori da analizzare, sia per la questione sperimentale, sia per la questione pratica che sta dietro alla scrittura e all’incisione di un disco. Il risultato è un conflitto di interessi tra i Foo Fighters e i loro fan. Questo disco è veramente una mescolanza quasi assurda di atmosfere e sensazioni, il problema è che quasi non c’è traccia di tutto il discorso relativo all’influenza delle città e delle tradizioni, almeno per quanto le nostre orecchie possano percepire.

La tracklist contiene delle tracce veramente valide: ogni pezzo è degno di essere presente su un disco. Tuttavia, analizzando il “filo conduttore”, non sembra davvero esserci una linea di pensiero guida, cosa che nei dischi precedenti costituiva un punto di forza, basti pensare a lavori come “One by One”, scritto in un periodo di forte crisi interna della band, piuttosto che a “There’s nothing left to lose”, disco che, stando alla confessione di Grohl in “Back and Forth”, è stato interamente scritto con una chitarra acustica, nella tranquillità di un salotto. In quest’ultimo disco, quella sensazione generale dalla prima all’ultima traccia viene  a mancare, per la prima volta in assoluto.

Analizzando  la questione da un punto di vista il più oggettivo possibile, questi pezzi sono stati scritti non perché ci fosse il reale desiderio di comporre nuovo materiale, ma piuttosto perché, di lì a pochi mesi, quel materiale sarebbe diventato il pretesto, e non il fine ultimo, per intraprendere un nuovo cammino spirituale e fare nuove esperienze. I risultati sono senz’altro rispettabili, d’altronde si capisce che i Foo Fighters sono ormai un nucleo ben definito che sprigiona musica quasi in automatico, ma questo disco ha tutta l’aria di essere il souvenir di una vacanza di piacere.

I dubbi relativi alla prematura realizzazione e pubblicazione si assottigliano, lasciando spazio ad un sentimento di stupore, quasi rancoroso. Da quanto si era potuto evincere dalla martellante e incessante promozione di questa gigantesca opera, questo disco doveva essere splendido, di una qualità al pari dei precedenti, se non migliore, con dei possibili risvolti sperimentali e una testimonianza video di come tutto ciò ha preso forma ed è venuto alla luce.

Invece, dopo diversi ascolti, si può affermare che in questo disco siano racchiusi una miriade di significati che solo la band può cogliere. Per i fan resta un album al di sotto delle aspettative, sia per quanto riguarda i contenuti, che potevano essere di tutt’altra rilevanza, sia dal punto di vista della novità e della sperimentazione tanto profetizzata.

L’unica cosa che resta da fare è goderci la serie TV quando (e se) uscirà in Italia, e finalmente vedere con i nostri occhi ciò che questo disco rappresenta, ossia uno splendido regalo dei Foo Fighters per i Foo Fighters. Fino ad allora e anche in futuro, se mai un giorno doveste svegliarvi con la voglia di ascoltare un disco dei Foo Fighters, probabilmente, Sonic Highways sarà l’ultimo della lista.

Tags:dave grohl,foo fighters,hbo,musica,pop,rock,Sonic Highways

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