Potrebbero non essere quelli tecnicamente meglio realizzati, non rientrare nelle vostre corde, risultare sopra le righe, troppo tamarri o eccessivamente d'autore.
Ma tant'è, la top ten è proprio questa. Senza se e senza ma.
Questo è il meglio che il mio bancone, i drinks, le serate sul divano o in sala, le sbronze o le lucidità, gli occhi o il cuore abbiano concesso ad un vecchio cowboy in viaggio lungo il Confine.
Cercate di goderne quanto ne ho goduto io.
N° 10: The artist di Michel Hazanavicius
Trionfatore agli Oscar ed apripista della grande stagione dei nostri cugini d’oltralpe, questo omaggio intelligente e magico al Cinema muto è una vera e propria perla nel mondo ormai contagiato dagli effettoni e dal tanto detestato – dal sottoscritto – 3D.
Chi ha amato ed ama i Classici del periodo non potrà non goderne al massimo, ma anche il pubblico abituato a visioni occasionali avrà modo di cadere sotto l’effetto dell’incantesimo della settima arte delle origini, che passa anche attraverso il cane Huggie ed una magnifica sequenza di chiusura.
Magia della settima arte. Senza se e senza ma.
N° 9: Hesher è stato qui di Spencer Susser
Era da un sacco di tempo che non mi capitava di visionare un film profondamente “Sundance” godendone dal primo all’ultimo minuto incondizionatamente: Hesher non ha soltanto rotto questo digiuno prolungatosi fin troppo, ma si è fin da subito candidato come uno degli outsiders più coinvolgenti e sorprendenti dell’anno.
L’elaborazione del lutto da parte di una famiglia e di un ragazzino perduto senza la madre attraverso il caos e l'anarchia di un charachter straordinario: tutto funziona, dal cast alla colonna sonora, dalle sequenze cult – la piscina su tutte – ai personaggi indimenticabili – protagonista a parte, mitica la nonna -.
Hesher è stato qui.
E meno male, cazzo.
N° 8: Un sapore di ruggine e d'ossa di Jacques Audiard
Probabilmente, la pellicola con più cuore e passione dell’intera annata: l’autore dello straordinario Il profeta torna a stupire con un’insolita storia d’amore che in qualche modo ricorda il legame tra i protagonisti di Quasi amici e che vede da una parte una solitudine scardinata e dall’altra una presa di coscienza rispetto alla responsabilità ed al sentimento di paternità.
Un film da pugni chiusi e nocche sbucciate, lacrime, sangue ed ossa rotte: non manca, però, il colpo di genio leggero e quasi magico di una scena di poesia pazzesca come quella sulle note di Firework di Katy Perry. Una meraviglia.
N° 7: C’era una volta in Anatolia di Nuri Bilge Ceylan
Seconda meraviglia totalmente autoriale dell’alta classifica fordiana dopo I colori della passione: un noir atipico e dai tempi dilatatissimi che parte dal ritrovamento di un cadavere nel pieno delle steppe turche spazzate dal vento per scavare nel profondo dell’anima dei suoi protagonisti.
Un viaggio fisico ma soprattutto morale all’interno di un gruppo di poliziotti, medici e procuratori che ricorda Dostoevskij e Gogol, spazi sconfinati che fanno da contrappeso a chiusure di cuore, fotografia incredibile e sogni che finiscono oltre l’orizzonte, gettati via dalla furia di un vento che non lascia nulla, o quasi.
N° 6: Expendables 2 di Simon West
Non poteva non giungere a ridosso della top five il film action definitivo di tutti i tempi, tripudio di botulino, muscoli, autoironia e metacinema: tutte – o quasi – le star del genere figlie degli eighties affiancate dai “nuovi volti” Jason Statham, Chris Hemsworth e Scott Adkins per un cocktail perfetto di risate, tamarraggine, adrenalina e tutte quelle cazzate da macho che fanno impazzire i vecchi cowboys come il sottoscritto.
Scene già cult a profusione – l’arrivo di Chuck Norris su tutte -, battute come se piovesse e la grande accoppiata Sly/Schwarzy opposta a Van Damme: cosa si può chiedere di più alla vita?
Solo Expendables 3!
N° 5: Ruby Sparks di Jonathan Dayton e Valerie Faris
La coppia di registi del fenomenale Little Miss Sunshine torna sugli schermi con una pellicola che è un vero e proprio gioiellino, una sorta di versione leggera e primaverile di Eternal sunshine of the spotless mind scritta alla grandissima dalla protagonista Zoe Kazan e da vivere a cuore aperto dal primo all’ultimo minuto.
Si ride molto, ma non manca lo spazio per la malinconia. Un po’ come capita anche per l’amore.
Se un film del genere fosse capitato nel mio periodo libero e selvaggio, avrebbe fatto salire nel sottoscritto una gran voglia di innamorarsi.
N° 4: Moneyball di Bennett Miller
Film emozionante ed intelligentissimo, recitato alla grande da Brad Pitt e Jonah Hill – spalla perfetta – e scritto da dio - forse la migliore sceneggiatura dell'anno -, Moneyball è I Goonies tradotto nell’etica sportiva, il gusto di scommettere tutto, dare spettacolo e poi finire comunque a risultare perdenti.
E’ la pellicola che “tiene i cavalli” per eccellenza.
Un film con le spalle larghe, gli occhi lucidi e tutto il coraggio di chi sa che, sempre e comunque, dovrà sudarsi l’impresa senza aspettarsi che la stessa possa comunque tradursi in una vittoria.
N° 3: La parte degli angeli di Ken Loach
New entry dicembrina in grado di scalare la classifica dei Ford Awards poco prima della loro preparazione ufficiale, l’ultima fatica di Ken Loach è una favola magica ed emozionante dal sapore di periferia e whisky di malto: la storia di Robbie, che viene dal profondo della strada e cerca un futuro per il figlio appena nato, è un toccasana per gli spettatori in quanto Uomini, prima ancora che amanti del Cinema, la speranza che mancava allo straziante My name is Joe ed una ventata d’aria fresca per un pessimista storico come il vecchio Ken.
Fiaba proletaria. Questo è il fiore del partigiano.
N° 2: Take shelter di Jeff Nichols
Numero uno quasi indiscusso per buona parte dell’anno, Take shelter è tutto il meglio che il Cinema made in USA figlio della provincia abbia mai prodotto: il dramma di un uomo alle prese con la costruzione di un rifugio per la sua famiglia in vista della tempesta imminente cui solo lui pare credere si presta a così tante chiavi di lettura da tentare lo spettatore di abbandonare tutto quello che non è istinto e lasciarsi travolgere fino ad uno dei finali più belli non soltanto della passata stagione, ma della Storia del Cinema.
Un Michael Shannon immenso per un film (quasi) immenso.
N° 1: Killer Joe di William Friedkin
Chi segue il Saloon quotidianamente ben sa che il vincitore del Ford Award come miglior film del 2012 era stato già annunciato alla fine di ottobre, quando su questi schermi giunse l’ultima fatica del veterano William Friedkin, già amatissimo da queste parti per L’esorcista, Il braccio violento della legge e soprattutto Vivere e morire a Los Angeles.
Killer Joe è il lato oscuro del vincitore dello scorso anno Drive, e ne raccoglie giustamente il testimone.
Se Drive è stato uno scorpione, Killer Joe è un coccodrillo.
Pare addormentato, ma nel momento in cui decide di scattare, seppiatelo, siete fatti.
Un predatore in tutti i sensi, anche quelli che non vi aspettereste.
Killer Joe è il film fordiano dell’anno.
E non ci sono discussioni.
MrFord
I PREMI
Miglior regia: William Friedkin per Killer Joe
Miglior attore: Michael Shannon per Take shelter
Miglior attrice: Rooney Mara per Millennium - Uomini che odiano le donne
Scena cult: la sequenza finale, Take shelter
Miglior colonna sonora: Marley di Kevin MacDonald
Premio "leggenda fordiana": il cast di Expendables 2
Oggetto di culto: la coscia di pollo, Killer Joe
Premio metamorfosi: il Cinema muto diventa sonoro, The artist
Premio "start the party": l'assalto d'apertura, Expendables 2
Premio "be there": la Scozia del whisky e del riscatto proletario, La parte degli angeli