Formalina

Creato il 24 gennaio 2012 da Danemblog @danemblog
CH2O, la più semplice delle Aldeidi: la Formaldeide. Comunemente conosciuta con il nome di Formalina - in realtà è la diluizione della formaldeide, in soluzione acquosa al 37% - è tra i vari usi, utilizzata per le imbalsamazioni.  Un po' per l'uso, un po' perché nel nome la parola, mentre pensavo alla Forma, mi è venuto in mente 'sta sostanza. Alla Forma dicevo: imbalsamata, appunto. Per molti di voi acuti e intuitivi, nonché intelligentissimi e colti lettori, tutto quello che verrà dopo, forse è inutile. Basterebbero quelle cinque parole d'inizio capoverso, per dire quello che sto per dire, aprire una serie, seria, di riflessioni e arrivare dove voglio arrivare. Ma come ormai avrete ben capito, sono logorroico, noioso, prolisso: e poi mi piace parlare, e ancora, il giro di parole usato appena tre righe sopra, assomiglia troppo a quel mitico "per andare dove dobbiamo andare, da che parte dobbiamo andare" di incancellabile e insostituibile totopeppiniana memoria. Dunque è della Forma che voglio parlare. Lo scrivo con la lettera maiuscola, perché è così che mi piace fare  quando parlo di qualcosa che rappresenta un concetto ampio quanto alto di contenuti e significato. Non è giusto farlo, forse, né grammaticalmente né filosoficamente, ma siccome è la simbologia che mi interessa in fondo, e siccome - soprattutto - qui comando io, lo faccio: punto e basta.  Dunque la Forma, vediamo se ci riesco a cominciare, senza interrompermi oltre modo. La Forma è venuta meno. E' questo il punto della questione. E aggiungo, a me dispiace e molto, in quasi tutte le circostanze. Basta così o approfondisco? Questo è il grande dilemma: se il post finisse qua, prenderebbe subito un'aria futurista, d'avanguardia, che mi renderebbe abbastanza criptico, diretto e ironico. Sarei il perfetto concorrente di un quiz di Gerry Scotti - è così che li cercano, no?!. Allo stesso tempo, però, lascerei molti possibili fraintendimenti e molti concetti intrisi di riflessioni, resterebbero sui miei polpastrelli: meglio! Sarei ancora più criptico, quasi tenebroso, praticamente un perfetto concorrente del Grande Fratello. Uno di quelli che piace a Signorini come alle massaie - ammesso che ci sia differenza - che fa innamorare mamme e bambine, o mamme bambine, e che farebbe strage di cuori e di mutande nella Casa (la maiuscola è di rigore), ma senza poi legarsi con nessuna, perché è il mondo il suo spazio, il sole il suo obbiettivo. Un coglionissimo, insomma, che soprattutto farebbe la fortuna della Gialappa's. Siccome coglione lo sono, ma per altri versi, decido - seduta stante, e sono in bagno, vi avviso - che andrò avanti. Savoia! Dunque Forma: intesa come parte integrante, indispensabile e sintetica, del contenuto. I più attenti di voi, avranno notato il tenore delle citazioni sopra - per chi non lo ha fatto, e si pensa che la cosa sia solo per simpatia, ve lo sottolineo: così oltre che pensare alla mia ironia, sconfinata, rifletterete anche sul mio acume! - momenti di bassa forma, tutti (salvo Totò e Peppino, che della Forma, per qualche verso, ne sono l'effige).  Il nostro è un tempo che ha perso la forma. Ahinoi! Te ne accorgi subito: basta vedere i film di una cinquantina di anni fa, senza scavare troppo nel profondo. La forma e la formalità, l'abbiamo perse con il gusto e con la bellezza (espressioni della forma). E ce le siamo giocate, in cambio della comodità. L'ozio è il motore del mondo. Parlo adesso di cose stupide, emblematiche, sintetiche: la cravatta, le scarpe da ginnastica, i jeans, i tacchi, le gonne, il camino, cucinare in casa roba nostrana, la bicicletta, le scale. Quanto ancora? Tanto, ma non è un elenco. Per la comodità abbiamo sacrificato tutto: molto di bello. Sono aspetti estetici, d'accordo. Ma, a mio modesto parere - che per comodità adesso scriviamo "imho" - racchiudono grandi significati.  Con la Forma ci siamo fottuti la Formalità. Quella che spesso è un bene che non ci sia, quella che spesso ci fa sentire a disagio, quella che però, certe volte, segna il confine invalicabile del personale. Lo dice una persona introversa - non è un'incoerenza: il fatto che scriva in un post-o dove possono leggermi migliaia di persone, non significa che io sia capace di esternare con leggerezza le mie cose. Anzi, questo è un gioco. Non c'è nessuno davanti a te, è come se parlassi da solo: pratica di cui ne vado fiero, tra l'altro - che quindi potrebbe avere un giudizio fuorviato dalla propria personalità, sulla faccenda. Ma questa continua necessità di esseri informale, francamente, io, non la sento. E lo dico anche riferito ai rapporti più intimi: quelli con gli amici, per esempio, quegli amici che sono praticamente fratelli e con i quali, in certi momenti sarebbe bello ritrovare un po' di formalità. Che non significa darsi del "voi" sia chiaro, che non significa apparecchiare con i sottopiatti d'argento alle cene - quello come dice mia suocera è "giocare alle signore". E che certe volte ci può anche stare, vabbé, basta che se ne sia consapevoli - che non significa più che altro, perdere intimità e affetto. Personalmente trovo la formalità, in questi momenti, come un confine contro l'invadenza. Odiosa invadenza, odiata permissività, odiabile ultraconfidenza, che spesso mette a disagio molto più di ogni genere di formalismo.  La Forma è rispetto. Rispetto sociale, se esiste. E per me esiste. E non c'è niente di più falso e di più deplorevole di quel "la confezione non c'entra, con la qualità del prodotto": la confezione è un bel pezzo del prodotto. Perché poi, non c'è limite a quella "confezione" e si perde il romanticismo di tutto e su tutto: si bada solo al pragmatismo, all'utilità, al fine, senza badare al modo.  Non lo so se riesco ad esprimere bene quello che penso, in fondo un po' di disagio che provo: quello che vorrei è  un mondo in cui le email comincino con "Caro Pinco Pallino, come stai?" e finiscano con qualcosa simile a "cordialità"; un mondo in cui uomini e donne vadano al lavoro vestiti in modo congruo, con un po' di rigore, perché no!?; un mondo in cui si aprano le porte alle signore, in cui si pensi a far passare gli altri prima di passare noi stessi e in cui chi esce da una porta abbia la precedenza su chi entra; un mondo in cui ci si saluti in ascensore; un mondo in cui ci si versi il vino a vicenda; un mondo senza nessuno interrompa qualcuno mentre parla; un mondo in cui ci si ascolta, ci si condivide, ci si capisce (o almeno ci si prova); un mondo in cui si pensi agli altri prima che a se stessi; un mondo in cui non si parli di lavoro a cena, a tavola, il sabato sera; un mondo in cui questioni personali, vengano chieste soltanto se c'è la giusta confidenze e sopratutto la giusta situazione, ma sempre iniziando con un "scusa se mi permetto, ma posso dirti una cosa personale?"; un mondo di buone maniere, insomma, a 720 gradi, non stucchevoli, ma vere, pure, sane.  Pensate che questo sia un mondo ipocrita? Finto? Basato su canoni prefissati, estetismo, falsamente accomodato? Bhé certe volte, per me, è meglio avere davanti un falso ben educato, formale, che un sincero inopportuno: tié! Sempre più spesso mi trovo a pensare, che io non la voglia la vostra sincerità: tenetevela per voi, per quando state davanti allo specchio la sera prima di andare a letto. Perché dovete per forza sbattermela in faccia! Perché poi, ve ne fate baluardi? Forse ho paura che qualche vostra verità mi destabilizzi: e va bene, ma qual è il problema? La mia insicurezza? Bhé allora?  E poi: ne siete sicuri? Insomma, sapete che c'è? Io voglio vivere in un mondo in cui chi si veste da monaco, faccia il monaco davvero . Perché altrimenti è una truffa - o è Carnevale, ma questo è un altro discorso.
p.s. per i nostri/miei cari all'ascolto: il post è stato scritto oggi, senza nessun riferimento al qualcosa che è accaduto nella nostra quotidianità. E' da tempo che lo penso, anni. Sì, insomma, stiamo tutti bene e non abbiamo incontrato nessuno di "cattivo" che ci ha dato strane caramelle...     Per leggere altro di altro

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