Formazione professionale a Catania: la Regione Sicilia provoca dispersione scolastica

Creato il 23 settembre 2014 da Goodmorningsicilia

Inchiesta newsicilia.it

Queste le dure parole del professor Piero Quinci, rappresentante dell’associazione Città Solidale, il quale denuncia la paradossale situazione di stallo relativa alla formazione professionale per i minori.

LA LEGGE. Tutto è iniziato con la riforma dell’istruzione siglata dall’allora ministro Moratti che ha concepito due canali formativi dopo la scuola media. Da una parte vi è la scelta scolastica con l’obbligo di frequentare sino ai 16 anni e dall’altra la possibilità di intraprendere un percorso di formazione professionale triennale con il rilascio di una qualifica.

L’organizzazione dei corsi di formazione, come recita la legge n. 53 del 2003, è demandata alle Regioni a meno che sia la regione stessa a decidere di non avviarli come è accaduto in Sardegna tra proteste e ricorsi.

In Sicilia il sistema zoppica vistosamente in maniera analoga al sistema della formazione per gli adulti con l’aggravio che, in questo caso, si gioca con il futuro dei minorenni.

IL MANCATO AVVIO. “I finanziamenti dovuti dalla Regione Siciliana per l’avvio delle attività formative 2013/14 e pari all’80% del costo totale a distanza di sei mesi non sono stati emanati e i corsi sono totalmente bloccati. Vi sono ragazzi che aspettano l’ultimo anno di corso per conseguire la qualifica e poter lavorare ma questa situazione li condanna all’abbandono”.

L’ associazione “Città solidale” sta per presentare denuncia per procurata dispersione scolastica alla Procura di Catania. Una denuncia già inviata ieri, per conoscenza, ai diretti interessati: il presidente Crocetta, l’assessora Scilabra, la dirigente generale della Pubblica istruzione Corsello e la dirigente dell’Ufficio scolastico regionale Altomonte.

Così il professor Quinci pone l’attenzione sulla stasi dei percorsi di istruzione e formazione professionali (IEFP) che sono particolarmente importanti per tutti quei ragazzi, molto spesso provenienti dai ceti meno abbienti e più portati alla manualità, che senza un’alternativa sarebbero condannati all’evasione.

Paradigmatico è l’esempio di Librino. Un quartiere grande quanto una città ove, contrariamente al progetto pensato da Kenzo Tange, non è presente un istituto superiore. Quale sarebbe lo sbocco ideale per un ragazzo di Librino se non un corso professionale che possa dargli la possibilità di imparare concretamente un mestiere?

I DATI. Gli IEFP funzionano e sono richiestissimi. Lo dimostrano i dati, ma funzionano più al nord e pochissimo al sud. Proprio quel sud povero e disgraziato che avrebbe bisogno di istruzione e formazione.

Gli iscritti ai percorsi di IEFP sono passati dai 23mila del 2003 agli oltre 281mila del 2012. Ad un anno dalla qualifica il 70% dei ragazzi ha trovato lavoro e l’85% lavora dopo due anni. Inoltre la formazione consente di contrastare efficacemente la dispersione scolastica: il 50% di abbandoni è stato recuperato grazie ai corsi di formazione.

E i ragazzi gradiscono questo tipo di istruzione sul campo, tanto che l’85% di essi rifarebbe la scelta di iscriversi a un percorso della IEFP.

TRA SCUOLA E STRADA.Questi ragazzi hanno il cervello nelle mani – prosegue Piero Quinci – e non dargli la possibilità di imparare un mestiere è un delitto della Regione Siciliana. I dirigenti non si domandano quanti andranno a lavorare per la criminalità organizzata?”.

Senza istruzione e senza formazione professionale i tentacoli della mafia possono far presa molto più facilmente su un ragazzino. Specie in una realtà ad alto rischio come Catania appare impellente agire con politiche di formazione immediate ed efficaci.

In merito ai fenomeni di dispersione e criminalità minorile è intervenuta la dottoressa Maria Francesca Pricoco, presidente del tribunale dei minori etneo.

Andrea Sessa


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