"People's attitudes have to change. Work isn't a right; it has to be earned, including through sacrifice." Sembra essere questo l'incriminato frammento attribuito al Ministro Elsa Fornero, trascritta nel corso di un'intervista al Wall Street Journal nella giornata di ieri. Da italiana abitudine, l'attenzione di molti sembra essersi soffermata esclusivamente sul contenuto esposto nella parte "[...]Work isn't a right.[...]" Contrariamente a quanto riportato invece da Articoli contenuti in quella Costituzione che, fino a prova contraria, un Ministro della Repubblica avrebbe quantomeno il dovere di consultare prima di fare richiamo e riferimento a tematiche "scottanti" come quelle lambite nell'interviste in questione. Il rapporto fra lavoro ed essere umano è intersecato e fondato su due punti che, salvo eccezioni, si trasformano in pilastri che rischiano di franarci addosso se non adeguatamente sorretti: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. [...]" (Art.1, Costituzione) "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società." (Art.4, Costituzione) E' anche dietro a questi due articoli che si nasconde il dato di fatto più grande e mirabile attorno a cui (ri)costruire, soprattutto in tempi di crisi, un tessuto sociale degno di tale nome. Superando la questione del "work isn't a right", all'interno e sul quale sono uscite numerose interpretazioni ed anche troppe polemiche (giustamente) amplificate dal tremendo e sempre più mordente momento di crisi, è opportuno richiamare alla mente anche (soprattutto, nds) i paradossi racchiusi all'interno della frase precedente che, salvo ennesime rettifiche, sembra presentare minori ambiguità traduttive ed interpretative: "People's attitudes have to change.[...]" Il sostantivo attitude, se declinato al singolare, è traducibile attraverso sinonimi coerenti al contesto quali attitudine, intenzione, modo di comportarsi, modo di pensare, opinione, punto di vista, posizione ed altrettante terminologie dal campo semantico molto più largo e meno stringente. In altre parole, tale riportata citazione significa "I modi di pensare (di comportarsi, opinioni, punti di vista) delle persone devono cambiare.[...]" Una frase come questa presenta aspetti che, salvo differenti interpretazioni, presentano tratti lacunosi conseguenti ad una devastante miopia sul reale assetto maturato del sistema-Italia. Condizionata forse da una vista ancora occlusa dai residui delle lacrime versate per la riforma delle pensioni, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali con delega alle Pari Opportunità ha mancato di focalizzare il "tiro" su alcuni aspetti fondanti dell'Italia, soprattutto in tempi di crisi come quelli "in corso d'opera". Contrariamente a quanto da lei forse appreso sui libri e nei sepolcri imbiancati di certe Aule d'Università, le opinioni ed i punti vista di moltissimi italiani sono già cambiati, profondamente e radicalmente. Sono radicalmente mutate le capacità di immaginare un medio-lungo termine di vita, a fronte di percentuali di disoccupazione giovanile galoppanti che hanno ormai superato il 33%. Sono radicalmente cambiate le consapevolezze di famiglie che, "affette" da disoccupazioni e/o riduzioni lavorative, hanno visto stipendi e potere d'acquisto calare fino all'inimmaginabile. Sono radicalmente invertite le consapevolezze di molti laureati (e non raccomandati) che, nonostante anni di studio e sacrifici, si vedono pressochè condannati a mettere le radici in posti dove sono (quasi) costretti a dimenticare le loro conoscenze ed il loro (legittimo) desiderio di vedersi valorizzati per doversi, appunto, piegare a tutto quel "mondo che li cambia". Mondo che cambia, costringendoli ad (iper)produrre. Sembrano essere enormemente aumentate quelle attitudini al sacrificio di tutti quei pendolari che, salvo masochistiche eccezioni, pagano abbonamenti e biglietti per giornalieri viaggi su treni e mezzi pubblici che riescono (purtroppo) a commentarsi da soli. Sono radicalmente cambiati i punti di vista di quegli esseri umani che, divenuti lavoratori full-time, sono costretti ad essere madri/padri e mogli/mariti solamente part-time, in quanto costretti ad accettare condizioni di lavoro che li spingono a soggiornare per molti giorni l'anno lontano da quella che (il resto del)la famiglia continua a chiamare "casa". Sono enormemente cambiate intenzioni e prospettive di moltissimi italiani, soprattutto in questi ultimi anni; l'avere un lavoro (in)stabile è diventato, prima che un diritto sancito da radici costituzionali, soprattutto una fortuna. La delega alle Politiche Sociali dovrebbe imporre al Ministro Fornero, sul cui curriculum lavorativo maturato sembra impossibile pronunciarsi in malo modo (cfr. http://www.governo.it/Governo/Biografie/ministri/fornero_elsa.html), serie riflessioni sui toni da usare e perpetuare in un Paese già terribilmente provato come quello italiano. Ogni italiano ha ed avrà, nei prossimi anni, sempre maggiori problemi ad andare avanti se la "statal-retromarcia" non sarà fermata ed invertita per tempo. Quando un contesto economico, sociale, ambientale, politico, [...] sembra andare indietro ad incredibili velocità, "retrocedono" e "recedono" (inevitabilmente) anche tutte le "attitudes" a cui il Ministro faceva riferimento. Identificare il lavoro come vicenda figlia di semplici questioni miste fra diritti e doveri significa, fino a recessione e speculazione cessate, compiere un'azione assolutamente limitata: lavorare è fortuna, lavorare in un contesto civile che permetta di vivere è addirittura panacea per i tempi che corrono. Lavorare è Futuro, sgombrando il campo da qualsiasi differente traduzione possibile. Lavorare dovrebbe coincidere anche con quanto contenuto nella seconda parte dell'Articolo 4 a cui, in sen(s)o a questa polemica, si è fatto assoluto e giusto riferimento: "[...]Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società." Di fronte a questo tema non dovrebbe esserci testo universitario, banca, speculazione finanziaria, interpretazione o lacrima capace di resistere: il lavoro deve essere integrazione (e MAI sostituzione) della Vita. Vita che, salvo imprevisti e fedi differenti, ha una sola possibilità per essere vissuta nel pieno possesso delle nostre facoltà. Sentire o leggere frammenti come questi da un Ministro "tecnico" invocato dalla (commissariata) politica non per "distribuire caramelle" o "paccate di miliardi" fa, al di là di ogni interpretazione e polemica possibile, riflettere profondamente. Su questo fronte, ancora di più che per gli italiani, verrebbe da scrivere che "Fornero's attitudes have to change." Cambiare...as soon as possibile, oppure immediately (che scriver si voglia, nds). Rigorosamente senza n-esime possibilità di interpretazione, ovviamente.
Fornero's attitudes have to change...as soon as possible!
Creato il 28 giugno 2012 da Alessandro @AleTrasforini"People's attitudes have to change. Work isn't a right; it has to be earned, including through sacrifice." Sembra essere questo l'incriminato frammento attribuito al Ministro Elsa Fornero, trascritta nel corso di un'intervista al Wall Street Journal nella giornata di ieri. Da italiana abitudine, l'attenzione di molti sembra essersi soffermata esclusivamente sul contenuto esposto nella parte "[...]Work isn't a right.[...]" Contrariamente a quanto riportato invece da Articoli contenuti in quella Costituzione che, fino a prova contraria, un Ministro della Repubblica avrebbe quantomeno il dovere di consultare prima di fare richiamo e riferimento a tematiche "scottanti" come quelle lambite nell'interviste in questione. Il rapporto fra lavoro ed essere umano è intersecato e fondato su due punti che, salvo eccezioni, si trasformano in pilastri che rischiano di franarci addosso se non adeguatamente sorretti: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. [...]" (Art.1, Costituzione) "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società." (Art.4, Costituzione) E' anche dietro a questi due articoli che si nasconde il dato di fatto più grande e mirabile attorno a cui (ri)costruire, soprattutto in tempi di crisi, un tessuto sociale degno di tale nome. Superando la questione del "work isn't a right", all'interno e sul quale sono uscite numerose interpretazioni ed anche troppe polemiche (giustamente) amplificate dal tremendo e sempre più mordente momento di crisi, è opportuno richiamare alla mente anche (soprattutto, nds) i paradossi racchiusi all'interno della frase precedente che, salvo ennesime rettifiche, sembra presentare minori ambiguità traduttive ed interpretative: "People's attitudes have to change.[...]" Il sostantivo attitude, se declinato al singolare, è traducibile attraverso sinonimi coerenti al contesto quali attitudine, intenzione, modo di comportarsi, modo di pensare, opinione, punto di vista, posizione ed altrettante terminologie dal campo semantico molto più largo e meno stringente. In altre parole, tale riportata citazione significa "I modi di pensare (di comportarsi, opinioni, punti di vista) delle persone devono cambiare.[...]" Una frase come questa presenta aspetti che, salvo differenti interpretazioni, presentano tratti lacunosi conseguenti ad una devastante miopia sul reale assetto maturato del sistema-Italia. Condizionata forse da una vista ancora occlusa dai residui delle lacrime versate per la riforma delle pensioni, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali con delega alle Pari Opportunità ha mancato di focalizzare il "tiro" su alcuni aspetti fondanti dell'Italia, soprattutto in tempi di crisi come quelli "in corso d'opera". Contrariamente a quanto da lei forse appreso sui libri e nei sepolcri imbiancati di certe Aule d'Università, le opinioni ed i punti vista di moltissimi italiani sono già cambiati, profondamente e radicalmente. Sono radicalmente mutate le capacità di immaginare un medio-lungo termine di vita, a fronte di percentuali di disoccupazione giovanile galoppanti che hanno ormai superato il 33%. Sono radicalmente cambiate le consapevolezze di famiglie che, "affette" da disoccupazioni e/o riduzioni lavorative, hanno visto stipendi e potere d'acquisto calare fino all'inimmaginabile. Sono radicalmente invertite le consapevolezze di molti laureati (e non raccomandati) che, nonostante anni di studio e sacrifici, si vedono pressochè condannati a mettere le radici in posti dove sono (quasi) costretti a dimenticare le loro conoscenze ed il loro (legittimo) desiderio di vedersi valorizzati per doversi, appunto, piegare a tutto quel "mondo che li cambia". Mondo che cambia, costringendoli ad (iper)produrre. Sembrano essere enormemente aumentate quelle attitudini al sacrificio di tutti quei pendolari che, salvo masochistiche eccezioni, pagano abbonamenti e biglietti per giornalieri viaggi su treni e mezzi pubblici che riescono (purtroppo) a commentarsi da soli. Sono radicalmente cambiati i punti di vista di quegli esseri umani che, divenuti lavoratori full-time, sono costretti ad essere madri/padri e mogli/mariti solamente part-time, in quanto costretti ad accettare condizioni di lavoro che li spingono a soggiornare per molti giorni l'anno lontano da quella che (il resto del)la famiglia continua a chiamare "casa". Sono enormemente cambiate intenzioni e prospettive di moltissimi italiani, soprattutto in questi ultimi anni; l'avere un lavoro (in)stabile è diventato, prima che un diritto sancito da radici costituzionali, soprattutto una fortuna. La delega alle Politiche Sociali dovrebbe imporre al Ministro Fornero, sul cui curriculum lavorativo maturato sembra impossibile pronunciarsi in malo modo (cfr. http://www.governo.it/Governo/Biografie/ministri/fornero_elsa.html), serie riflessioni sui toni da usare e perpetuare in un Paese già terribilmente provato come quello italiano. Ogni italiano ha ed avrà, nei prossimi anni, sempre maggiori problemi ad andare avanti se la "statal-retromarcia" non sarà fermata ed invertita per tempo. Quando un contesto economico, sociale, ambientale, politico, [...] sembra andare indietro ad incredibili velocità, "retrocedono" e "recedono" (inevitabilmente) anche tutte le "attitudes" a cui il Ministro faceva riferimento. Identificare il lavoro come vicenda figlia di semplici questioni miste fra diritti e doveri significa, fino a recessione e speculazione cessate, compiere un'azione assolutamente limitata: lavorare è fortuna, lavorare in un contesto civile che permetta di vivere è addirittura panacea per i tempi che corrono. Lavorare è Futuro, sgombrando il campo da qualsiasi differente traduzione possibile. Lavorare dovrebbe coincidere anche con quanto contenuto nella seconda parte dell'Articolo 4 a cui, in sen(s)o a questa polemica, si è fatto assoluto e giusto riferimento: "[...]Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società." Di fronte a questo tema non dovrebbe esserci testo universitario, banca, speculazione finanziaria, interpretazione o lacrima capace di resistere: il lavoro deve essere integrazione (e MAI sostituzione) della Vita. Vita che, salvo imprevisti e fedi differenti, ha una sola possibilità per essere vissuta nel pieno possesso delle nostre facoltà. Sentire o leggere frammenti come questi da un Ministro "tecnico" invocato dalla (commissariata) politica non per "distribuire caramelle" o "paccate di miliardi" fa, al di là di ogni interpretazione e polemica possibile, riflettere profondamente. Su questo fronte, ancora di più che per gli italiani, verrebbe da scrivere che "Fornero's attitudes have to change." Cambiare...as soon as possibile, oppure immediately (che scriver si voglia, nds). Rigorosamente senza n-esime possibilità di interpretazione, ovviamente.
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