Il forno comunale c’è, ma (quasi) non si vede
Pubblicato da Redazione il 25 aprile 2012 in Fidenza |I commenti
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giovanna galli scrive:
25
aprile 2012 alle 10:35
Complimenti per il pezzo che con la solita nostalgia del tempo passato ci
permette di rivivere alcuni momenti della storia fidentina. Mi sono sempre
chiesta cosa rappresentasse questo piccolo arco nel muro del municipio. Più di
tutto mi è piaciuta la finale, quel “Ne sa di cose, chi ascolta la gente” deve
farci pensare.
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Denise scrive:
25
aprile 2012 alle 10:59
La dimensione dell’arco sembra proprio coincidere con quella dell’imboccatura
di un forno a legna. Ma è lì che lo cuocevano il pane? Qualcuno sa
rispondermi?
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La Claretta scrive:
25
aprile 2012 alle 21:40
Caro Pagnotta, lei sa quanto mi stia e mi sia sempre stata a cuore la nostra
Città. In questo amore, lei mi cammina a fianco, parallelamente e la ringrazio
di cuore per questo pregevole e divertente racconto, non privo di materia da
considerare a fondo. Veda, caro Domenico, io penso che la memoria sia molto
importante perchè, se non è solo mera nostalgìa, contiene un forte senso del
presente. Chi non vuole ricordare, non riesce a rapportarsi col mondo attuale in
modo equilibrato.
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Enrica scrive:
26
aprile 2012 alle 14:26
L’articolo è bellissimo in particolare perchè ci invita e sollecita ad
osservare non solo con il senso della vista, ma soprattutto a ricercare ed
approfondire con la curiosità del cuore appassionato di chi ama la propria
città. Se poi si ha la fortuna di incontrare ancora qualche borghigiano vero,
d’altri tempi ( rarità ormai assoluta causa l’inesorabilità del tempo che passa
…..) il saper ascoltare e cogliere, dice bene il Signor Pagnotta, diventano arti
imprescindibili. Ormai degli edifici vetusti ed autentici è rimasta poca cosa,
responsabili in parte i bombardamenti, ma anche certe scempiaggini inconsulte e
la frenesia di radere al suolo di ieri e di oggi. Per cui ciò che resta va, a
mio avviso, conservato, riscoperto, studiato, estimato. Nel frattempo, grazie al
Signor Pagnotta e a Nave Corsara per averci, ancora una volta, ripescati
dall’oblio.
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Costantino V scrive:
26
aprile 2012 alle 17:41
Interessante il concetto di borghigiano vero che deve essere d’altri
tempi.
Quindi per essere borghigiano bisogna aver vissuto a Borgo San Donnino. Quindi solo i nati prima del 1927 (? 29 o altro anno) lo sono ? oppure sono borghigiani anche quelli nati da borghigiani ? ma ambedue i genitori o ne basta uno ? e se i genitori erano del contado (Castione, Rimale, Bastelli, Chiusa, Santa Margherita, e le altre frazioni) sono ascrivibili ai borghigiani ? oppure bisogna saper leggere e capire il dialetto ?
Grazie per la risposta
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CHINA65 scrive:
26
aprile 2012 alle 20:12
Signor pagnotta, mi scusi se la contraddico ma dovrebbe trovar qualcosa di
meglio da fare che ascoltare i vecchi delle osterie (anche se in trasferta)
dediti al vino e ai loro pensieri vetusti. Che cosa ne vuol che ne esca da
vecchie memorie tramandate e da chiacchiere (rac)colte, ne escono pensieri
bislacchi. Peraltro non si offenda ma sarebbe meglio che invece di poltrire
sorseggiando e perdendosi dietro a racconti tramandati illo si dedicasse ad
attività più produttive, è colpa loro se l’Italia va male.
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Domenico Pagnotta scrive:
26
aprile 2012 alle 23:13
Esimio China, era mica vecchio, sa, quel che lei chiama vecchio oberato da
pensieri che lei, con somma ingiustizia, definisce vetusti. Avrà avuto al
massimo 47 anni e forse non del tutto compiuti.
Vede, io da tempo lavoro sulla memoria perché è lì che si annidano le migliori storie. «Il passato è una terra straniera; fanno le cose in modo diverso laggiù», così scrisse Leslie P. Hartley all’inizio del suo romanzo The Go-Between (1953) che da noi si sarebbe intitolato L’età incerta (1955) e Messaggero d’amore nella trasposizione cinematografica di Joseph Losey del 1970.
Il passato per me non è nostalgia, è miniera da sfruttare. Ci sono molte storie anche nel futuro, ma per esplorare quella terra straniera bisogna avere un’immaginazione che io non ho. Perciò bazzico le osterie. Aspettando che siano i bevitori di Merlot a parlare. Sono solo un ladro di ricordi. Per giunta quasi astemio. L’ho scritto, ma lei finge di non saper leggere. Era l’altro che beveva e voleva indurmi in tentazione.
Per il resto, ammetto le mie colpe: a parte qualche noterella sparsa e inutile, di solito e di norma io poltrisco. Stanco di essere sobrio. Faccio male?
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Enrica scrive:
27
aprile 2012 alle 00:42
Gentile Costantino V,
premetto che non era mia intenzione innescare alcun tipo di disquisizione polemica di natura campanilistica. Ma, essendo stata chiamata in causa, mi sento in dovere di esplicitare che per ” borghigiano vero, d’altri tempi ” intendo tutti coloro che, per età anagrafica e residenzialità, hanno avuto modo di conoscere la città vivendola nel bene e nel male e sono stati, di conseguenza, partecipi delle crepe ( di ogni tipo), dei restauri, delle demolizioni, delle ricostruzioni, ecc.
Va da sè, pertanto, che chi non ha vissuto a pieno la città e la relativa storia, credo non sappia della “volta del vecchio forno ” di cui ci ha raccontato il signor Pagnotta e, probabilmente, non ha neppure mai notato la particolare disposizione dei mattoncini nella fiancata del palazzo municipale ( vedi foto sopra ). Un saluto