Tratto da La dea immediata, un libro inedito di Viviana Scarinci. Consulenza linguistica Angelo Michele Piemontese
Forugh Forroxzād è conosciuta essenzialmente come una tra le più significative voci femminili della poesia persiana moderna. La più tradotta senz’altro. I suoi versi intimisti ed insieme realistici, si possono considerare perfettamente intrinseci al sentimento di una dignità femminile di assoluta avanguardia. La sua unicità risiede nel fatto che attraverso l’evocazione poetica della reale condizione della donna, corroborò tra i suoi contemporanei il libero sentire di una femminilità non convenzionale. Al di là, come vedremo, della solidità della sua poetica, l’importanza di Forugh Forroxzād risiede nel aver saputo riprodurre in poesia un effetto fenomenale coniugandosi semplicemente al coraggio di articolare l’oppressione femminile con lucidità. Esibendo il volto tangibile della sua vita intima nella società, attraverso la forte controreazione che la tradizione le oppose, marcò per mezzo di interventi puntuali, i guasti relativi alle contraddizioni che animavano tanto la sua cultura d’appartenenza che la vita politica del suo paese. Grazie alla poesia intesa come strumento totale del dire, la poetessa è anche annoverata tra le esponenti di spicco del nuovo corso che la letteratura erotica femminile prese dalla metà del ventesimo secolo presso la cultura islamica. Da quel punto in poi la produzione letteraria femminile entrò in una nuova fase che aveva escluso fino ad allora le emozioni private che concernevano la sessualità come soggetto letterario. Forugh fu tra quelle scrittrici che attraverso la sua poesia la esplicitò con maggior pregnanza. Esplorazione di genere immediatamente dopo preclusa, a seguito della rivoluzione del 1978-1979 che portò alla cancellazione di qualsiasi riferimento alla sessualità anche in ambito letterario. Mentre gli scrittori fuoriusciti, e gli interni più o meno clandestinamente, continuarono in quel senso e in altri percorsi non asserviti politicamente, il regime regolava e centralizzava anche la produzione letteraria in accordo coi codici morali fondamentalisti. Forugh Forroxzād in questo senso è ancora al centro di un’istanza sociale estremamente moderna: da una parte l’integrità della persona come individuo esponente la propria singolarità, dall’altra il potere non democratico che impone un codice morale e etico condiviso che la collettività è formalmente tenuta a accettare.
Forroxzād, Forugh-Zamān, conosciuta dai più semplicemente come Forugh, fu la terza di sette figli nati da Mohammad Forroxzād e Turān Vaziri-tabār. Nacque il 5 gennaio del 1934. Frequentò le scuole elementari del suo quartiere e dopo il diploma alla scuola media Khosrou Kāvar, iniziò studi di pittura e cucito. Ma non li terminò perché, contro la volontà della sua famiglia, a sedici anni si innamorò del cugino Parviz Shapur, di cinque anni più grande, che presto sposò. Immediatamente dopo il matrimonio la coppia si trasferisce ad Ahvāz, città d’Iran sud-occidentale, dove ilmarito fu impiegato presso il Ministero della Finanze. L’unico loro figlio, Kāmyār, nacque l’anno dopo. La prima raccolta di poesie di Forugh Forroxzād appare contemporaneamente alla nascita del figlio. Nel 1955, dopo tre anni di matrimonio Forugh decide di lasciare il marito, affrontando tutti i problemi di natura psicologica, finanziaria e sociale che fecero seguito a questa decisione. In un paese in cui, come testimonia il primo censimento di questo genere risalente al 1956, solo il quattro per cento di tutte le donne persiane erano divorziate (e tutte queste residenti nella capitale Teheran) si può soltanto immaginare a cosa Forugh andò incontro prendendo irrevocabilmente una simile decisione. A seguito di ciò il marito per legge ottenne la custodia del bambino. Alla madre fu concesso soltanto il diritto a qualche visita sporadica. La pena procuratale da questa separazione forzata non la abbandonò mai. Nel settembre 1955 Forugh cadde in preda a un grave esaurimento nervoso e fu ricoverata in un ospedale psichiatrico in cui rimase un mese. Dopo di che, con rinnovata energia e grazie al suo talento poliedrico, scoprì un interesse artistico che seppe farla rinascere a una nuova visione di se stessa e della vita: il cinema. Nel 1956 compì un viaggio in Europa che la portò ad attraversare Germania e Italia. Il viaggio che durò nove mesi le permise una tregua significativa. Infatti ciò che la indusse a partire, fu il desiderio di allontanarsi dal suo ambiente, forse con la speranza di allontanarsi da quel senso di oppressione e confinamento culturale che sarà uno dei temi che maggiormente svilupperà nella sua poetica successiva. Ma anche per sfuggire alle voci insistenti che già la sua condotta e la sua poesia disinibita non tardavano a fomentare nell’ambito ristretto di quelle mentalità. Questo viaggio fu seguito da diversi altri, sia all’interno della Persia che fuori dai suoi confini. Forugh così facendo assecondava materialmente una delle sue prime vocazioni interiori, quella relativa allo sconfinamento come formula conoscitiva che lascia all’istinto il compito di disegnare una mappa della donna che sarebbe stata poi. Questi viaggi da una città a all’altra, da una nazione all’altra, da un significato all’altro, caratterizzarono profondamente la vita e l’arte di Forugh e in un certo senso ne compirono sul finale la sua decadenza. In un primo tempo questa possibilità le si dimostrò come una mobilità abbagliante. Ciò le consentiva infatti di trasporre anche poeticamente lo sconfinamento dalla normalità familiare come fosse un vero e proprio scenario che vedeva lei trasportarsi dall’impianto di una decisa fisicità (era, come si vede dalle foto, una donna bellissima e intensamente sensuale) nella metafisica più pura, come dimostra l’alta spiritualità raggiunta negli ultimi scritti. D’altro canto, l’assenza di una sponda materiale che sostenesse questo viaggio nell’interezza del suo essere, le comunicò una sensazione fatale di abbandono, di erranza perpetua, di esilio. Nel 1960, oppressa dal dubbio, dalla separazione dal figlio, da altri problemi finanziari e familiari, tentò il suicidio. Per la seconda volta fu ricoverata. Ma ancora una volta al ricovero seguì un periodo intensamente creativo. Nel 1962 cominciò a lavorare come assistente agli Studi Golestān. La sua successiva relazione con Ebrāhim Golestān, scrittore, regista, uomo sposato, nonché proprietario degli studi dove era impiegata, provocò un’ulteriore ondata di pubblica disapprovazione e scandalo nei circoli letterari persiani. Nel 1962 girò il suo unico medio metraggio Khāné siāh ast “Nera è la casa”, incentrato sulla vita di una colonia di lebbrosi. Visse dodici giorni presso quella colonia, lì adottò anche un bambino Hasan Mansūrī strappandolo alla malattia cui lo destinava quella permanenza. Com’è immaginabile il documentario fu criticato in patria e acclamato all’estero. A trentadue anni Forugh aveva pubblicato un’impressionate numero di lavori, aveva ottenuto fama e premi ma al di sopra di tutto aveva cercato e perso se stessa per sempre. Il 14 febbraio 1967, morì a seguito di un incidente stradale in Qolhak, quartiere settentrionale di Teheran. Come ella aveva previsto, fu sepolta sotto la neve.
Su Forugh in questo blog L’onomante
I testi relativi alla biografia e alla bibliografia sono tratti dall’Encyclopadia Iranica, vol. IX, Bibliotheca Persica. Press, New York, 1999 [ pp. 324-327 , ] sotto la voce Forūg Forroḵzād compilata da Farzaneh Milani. Per gli stessi paragrafi, allo stesso modo è stata utilizzata Woman & Islamic Culture, vol. 1, 2, 3, 5, Leiden-Boston, 2003.