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Fotografare la guerra: 150 anni di conflitti in mostra a Tate Modern

Creato il 01 febbraio 2015 da Nebbiadilondra @nebbiadilondra

Siamo tutti tristemete consapevoli dell’impatto che la guerra ha su una civiltà; è pertanto legittimo chiedersi se organizzare un’intera mostra su questo tema sia strettamente necessario. Ancora di più, lo è chiedersi se scegliere una domenica di sole (freddo, freddissimo, ma sole) come  questa per andare a vedere una mostra  da cui dubito di uscire allietata non sia una scelta discutibile. 

Fotografare la guerra: 150 anni di conflitti in mostra a Tate Modern

Shell-shocked US Marine, Vietnam, Hue, 1968. Don McCullin. Courtesy of Hamiltons Gallery, London


Eppure l’ora e mezza che ho passato in nelle sale di Conflict, Time, Photography a Tate Modern è volata. Sono arrivata alla fine del percorso con il fiato sospeso, senza quasiaccorgermene. Si tratta di foto scattate nei momenti immediatamente successivi ad un evento come la foto del soldato americano in stato di shock fatta da Don McCullin durante la Guerra in Vietnam o a pochi giorni di distanza, come ; ma anche mesi o anni dopo, come quella dell’elmetto in acciaio con un frammento di osso del cranio fuso all’interno dall’esplosione della bomba atomica scattata da Shomei Tomatsu nel 1963, a vent’anni dagli eventi di Hiroshima e Nagasaki.  

Fotografare la guerra: 150 anni di conflitti in mostra a Tate Modern

Bullet-scarred apartment building and shops in the Karte Char district of Kabul. Simon Norfolk. Courtesy of the Tate


Pare impossibile ricordare un tempo in cui l’ Afghanistannon sia stato in guerra. Ero alla scuola elementare quando quella terra fu invasa dalla Russia e da allora non ha mai avuto tregua. Eppure queste foto raccontano di un realtà diversa, fatta di cinema all’aperto, di piscine e negozi. Trent’anni e passa di guerra e significa che anche le rovine sono quasi pezzi di storia esse stesse, con strati diversi di distruzione che li rende simili ai cerchi di un tronco di un albero…

Fotografare la guerra: 150 anni di conflitti in mostra a Tate Modern

Steel Helmet with Skull Bone Fused by Atomic Bomb, Nagasaki, 1963 by Shomei Tomatsu. Courtesy of Taka Ishii Gallery, Tokyo


Le rovine delle città di Charlestown e Atlanta rase al suolo durante la Guerra Civile Americana (1861-1865), quella tra Stati Uniti d'America al Nord e gli Stati Confederati d'America al Sud o quelle della Cattedrale gotica di Reims dopo la Prima Guerra Mondiale, non sono diverse da quelle lasciate anni dopo a Kabul o Sebrenica. Sono solo catturate con mezzi più sofisticati. 

Fotografare la guerra: 150 anni di conflitti in mostra a Tate Modern

Reims after the War, Plate XXXVIII, 1927. Photograph: Pierre Anthony-Thouret. Private collection, London


Le foto in bianco e nero dei piloti kamikaze giapponesi - giovani, giovanissimi e morti a centinaia pensando di fare la cosa giusta (e morire era comunque preferibile al disonore portato dal rifiutare di farlo...) sono inquietanti, così come lo sono quelle dei luoghi in cui, durante la Prima Guerra Mondiale, i soldati inglesi, francesi e belga che disertavano (alcuni poco più che adolescenti) erano fucilati all’alba dai loro commilitoni. Capitava anche in Italia.
Il potere evocativo della fotografia è immenso, ti costringe a guardare alle cose dal punto di vista del fotografo. E a volte le cose fotografate non sono belle. Ma questa mostra lo è, per quanto sembri assurdo mettere nella stessa frase il termine “guerra” e l’aggettivo “bella.” Ma non nego che sono stata felice di tornare fuori, all'aperto nel sole freddo di Febbraio.
Conflict, Time, Photographyfino al 15 Marzo 2015
http://www.tate.org.uk/

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