Fotoreporter addio! (digressione 39)

Creato il 20 aprile 2012 da Patuasia

Sono esterefatta: vedo questa fotografia sul web e il sonoro di fondo pubblicizza un’auto e poi un profumo…, anche sulle riviste succedono questi “assemblaggi”, ma in modo meno violento. Le immagini sono vicine o appaiate, in questo caso invece, sulla bambina che urla in mezzo ai corpi morti di altri bambini scorre la voce flautata di chi ti consiglia un acquisto che ti renderà unico. La giornalista commenta l’icona vincitrice del Pulitzer del fotografo afgano, Massoud Hossaini, e aggiunge la motivazione della giuria per l’assegnazione del prestigioso premio:”Una foto semplice e affascinante che rimane nel cuore”. Come si può definire semplice e affascinante una fotografia simile? Si può, se la storia crudele diventa un’occasione estetica, se la storia crudele è vissuta come un set. Se le fotografie di reportage hanno perso la loro funzione di informazione e denuncia. Più di dieci anni fa scrissi un articolo su questo e oggi non solo il tempo conferma la mia teoria, ma la esaspera, così tanto da decretare la morte del fotografo reporter. Chi testimonia la Storia oggi sono le brutte immagini riprese dal cellulare, quelle che mai saranno giudicate belle o semplici o affascinanti da una giuria di esteti, ma capaci ancora di comunicare con quella forza che si avvicina maggiormente alla realtà. Una volta avevamo Capa, Nachtwey, McCullin, McCurry, Salgado, Bishof, Bourke-White, Koudelka, Meiselas, Pellegrini, Peress…, per citarne solo alcuni, oggi abbiamo migliaia di anonimi che registrano gli avvenimenti e li trasmettono in tempo reale senza curarsi troppo dell’inquadratura, ma proprio per questo mantengono intatta la volontà unica della comunicazione, questa sì semplice e affascinante.