Le nostre vite sembrano non fare eccezione alla regola, si sommano le une con le altre secondo percorsi che chiamiamo destini e talvolta anch'esse colano a picco, esplodono silenti, o corrono parallele senza mai fondersi tra loro. In un mondo fatto di rumori assordanti il silenzio cosa suscita? C'è chi lo teme o chi se lo cerca, ma in entrambi i casi quello spazio non è vuoto di suoni: ha rumori di voci, le nostre o contiene musica per non sentirle, oppure contiene la nostra voce interiore. Ci attira e ci spaventa al tempo stesso. Potrebbe ricordarci la vita neonatale ma più verosimilmente il silenzio è una metafora della morte nel mondo occidentale, mentre in Oriente, lo si concepisce come positivo, uno spazio per ritrovare il proprio centro, ma sia che si faccia una meditazione ascetica o una preghiera, o un sogno, il silenzio come vuoto, ha una sola connotazione. L'ignoto dal quale veniamo e quello al quale siamo destinati. Una porta d'entrata o d'uscita non si sa. Ricordi. Certe volte, però, quando ero sfinito dalla confusione o da un dolore, sprofondavo volentieri in ... quell'ignoto nero e incosciente e mi sembrava appena prima di cadere di non avere più peso sufficiente per precipitarvi. Come la goccia, sembro reggere ancora, seppur gravato sulla mia superficie ma, in realtà è proprio quello il momento in cui, come lei, cado. L'osservare quelle gocce di pioggia sul vetro, aveva quasi un effetto ipnotico inducendomi una calma strana, una sorta di distacco dal malessere, che oggi non trovo più tanto facilmente. Mi insegnò comunque a non fare previsioni, ad accettare l'impensato. Anche per questo, la pioggia non è un fenomeno che considero ostile, ma anzi è diventata nel tempo un piacevole rammentatore. Mi ricorda che siamo capaci anche di “contenerci gli uni gli altri” per un tempo e il suo rumore, che varia a seconda dell'intensità, mi è diventato piacevole da ascoltare quanto il respiro di una persona cara. In fondo anche la pioggia produce un suono e quindi, rompendo il silenzio del buio, me lo rende meno cupo. Sento le foglie secche piegarsi senza rompersi, e la morbida cedevolezza del terreno sotto i miei passi incerti, mi dice che la terra è sazia del suo principale nutrimento. Che idea bislacca aveva avuto a portarmi in un bosco di castagni, ma come dirglielo senza offenderlo? Così lo seguo quell'uomo dagli occhi neri e fiammeggianti, tanto più grande di me, quando mi dice: vieni ti mostro qualcosa. Mi chiede di chiudere gli occhi e il cuore mi scoppia nel petto quando lo sento: un odore ma è un profumo in verità, non apro gli occhi perché temo che mi vedrebbe arrossire persino sotto la pioggia ma continuo ad inspirare col naso come lui mi dice di fare fino a quando la sua bellissima voce profonda dice: muschio. Il suo braccio è teso, vicino alle mie guance rosse non c'è il suo viso ma la mano che tiene un frammento verde. Quando apro gli occhi, mi vergogno ancor di più e lui se ne accorge ma non dice nulla, ritira il braccio e comincia a spiegarmi che ogni legno d'albero ha un muschio di profumo diverso. La pioggia non si ferma ma a me non importa né mi sembra più bislacca questa idea di bagnarci tra i castagni, se a spiegarmi l'autunno è ancora lui. Chiudo di nuovo gli occhi e questa volta per sentire il rivolo di un ruscello scorrere, e ho voglia di dirlo che sembra il rumore di piccoli cristalli tintinnanti che si scontrano ma non lo faccio perché le parole sarebbero rumore in quella sinfonia già perfetta. Se penso che fino a quel momento una giornata del genere mi avrebbe reso triste, mi sento sciocco e questo si glielo dico, come gli direi anche che nessuno mi aveva mai fatto un regalo più bello. Siamo risaliti in macchina bagnati e dopo il rumore delle portiere che ci chiudono all'asciutto, mi giro a guardarlo per vedere se la fiamma nera dei suoi occhi si è spenta con la pioggia, lui ride fragorosamente con il suo tono beffardo e la vedo intatta, poi accende il motore e mi riporta in città. Siamo amici, senza una logica motivazione, siamo come gocce d'acqua piovana che non coleranno l'una nell'altra ma lo stesso precipitiamo.
Le nostre vite sembrano non fare eccezione alla regola, si sommano le une con le altre secondo percorsi che chiamiamo destini e talvolta anch'esse colano a picco, esplodono silenti, o corrono parallele senza mai fondersi tra loro. In un mondo fatto di rumori assordanti il silenzio cosa suscita? C'è chi lo teme o chi se lo cerca, ma in entrambi i casi quello spazio non è vuoto di suoni: ha rumori di voci, le nostre o contiene musica per non sentirle, oppure contiene la nostra voce interiore. Ci attira e ci spaventa al tempo stesso. Potrebbe ricordarci la vita neonatale ma più verosimilmente il silenzio è una metafora della morte nel mondo occidentale, mentre in Oriente, lo si concepisce come positivo, uno spazio per ritrovare il proprio centro, ma sia che si faccia una meditazione ascetica o una preghiera, o un sogno, il silenzio come vuoto, ha una sola connotazione. L'ignoto dal quale veniamo e quello al quale siamo destinati. Una porta d'entrata o d'uscita non si sa. Ricordi. Certe volte, però, quando ero sfinito dalla confusione o da un dolore, sprofondavo volentieri in ... quell'ignoto nero e incosciente e mi sembrava appena prima di cadere di non avere più peso sufficiente per precipitarvi. Come la goccia, sembro reggere ancora, seppur gravato sulla mia superficie ma, in realtà è proprio quello il momento in cui, come lei, cado. L'osservare quelle gocce di pioggia sul vetro, aveva quasi un effetto ipnotico inducendomi una calma strana, una sorta di distacco dal malessere, che oggi non trovo più tanto facilmente. Mi insegnò comunque a non fare previsioni, ad accettare l'impensato. Anche per questo, la pioggia non è un fenomeno che considero ostile, ma anzi è diventata nel tempo un piacevole rammentatore. Mi ricorda che siamo capaci anche di “contenerci gli uni gli altri” per un tempo e il suo rumore, che varia a seconda dell'intensità, mi è diventato piacevole da ascoltare quanto il respiro di una persona cara. In fondo anche la pioggia produce un suono e quindi, rompendo il silenzio del buio, me lo rende meno cupo. Sento le foglie secche piegarsi senza rompersi, e la morbida cedevolezza del terreno sotto i miei passi incerti, mi dice che la terra è sazia del suo principale nutrimento. Che idea bislacca aveva avuto a portarmi in un bosco di castagni, ma come dirglielo senza offenderlo? Così lo seguo quell'uomo dagli occhi neri e fiammeggianti, tanto più grande di me, quando mi dice: vieni ti mostro qualcosa. Mi chiede di chiudere gli occhi e il cuore mi scoppia nel petto quando lo sento: un odore ma è un profumo in verità, non apro gli occhi perché temo che mi vedrebbe arrossire persino sotto la pioggia ma continuo ad inspirare col naso come lui mi dice di fare fino a quando la sua bellissima voce profonda dice: muschio. Il suo braccio è teso, vicino alle mie guance rosse non c'è il suo viso ma la mano che tiene un frammento verde. Quando apro gli occhi, mi vergogno ancor di più e lui se ne accorge ma non dice nulla, ritira il braccio e comincia a spiegarmi che ogni legno d'albero ha un muschio di profumo diverso. La pioggia non si ferma ma a me non importa né mi sembra più bislacca questa idea di bagnarci tra i castagni, se a spiegarmi l'autunno è ancora lui. Chiudo di nuovo gli occhi e questa volta per sentire il rivolo di un ruscello scorrere, e ho voglia di dirlo che sembra il rumore di piccoli cristalli tintinnanti che si scontrano ma non lo faccio perché le parole sarebbero rumore in quella sinfonia già perfetta. Se penso che fino a quel momento una giornata del genere mi avrebbe reso triste, mi sento sciocco e questo si glielo dico, come gli direi anche che nessuno mi aveva mai fatto un regalo più bello. Siamo risaliti in macchina bagnati e dopo il rumore delle portiere che ci chiudono all'asciutto, mi giro a guardarlo per vedere se la fiamma nera dei suoi occhi si è spenta con la pioggia, lui ride fragorosamente con il suo tono beffardo e la vedo intatta, poi accende il motore e mi riporta in città. Siamo amici, senza una logica motivazione, siamo come gocce d'acqua piovana che non coleranno l'una nell'altra ma lo stesso precipitiamo.