Fra austerita' e rigore: prioritario definire una "strada" differente

Creato il 12 marzo 2014 da Alessandro @AleTrasforini
Quale è il rischio più grande di una società dove finisca per perpetuarsi senza sosta e/o radicarsi definitivamente una crisi che imponga tempi dell'economia largamente differente da tempi delle vite dei singoli esseri umani e componenti di una società? A questa domanda è possibile rispondere provando ad analizzare quali conseguenze possano originarsi in futuro dal prolungarsi di una crisi che, al netto delle motivazioni strutturali, sembra avere una serie di profonde ragioni anche strumental(izzabil)i e fossilizzate. Quali dovrebbero essere i compiti di una politica degna di essere chiamata tale e di una tecnica capace di tradurre le volontà ed i bisogni in provvedimenti efficaci e vincolanti per l'inaugurazione di una svolta? A questa e moltissime altre domande cerca di rispondere il libro "La trappola dell'austerity - Perchè l'ideologia del rigore blocca la ripresa" scritto da Federico Rampini ed edito da iLibra - Editori Laterza e LaRepubblica. Le conseguenze di un'economia ancora bloccata sono tutte definibili in una frase dal contesto cupo presente nella medesima opera in questione:
"[...] L'errore tragico dell'austerity, se dovesse rimanere senza correttivi e ripensamenti profondi, sarà un fattore determinante nel 'bruciare' un'intera generazione di giovani europei, le loro aspirazioni, le loro potenzialità.  E' una responsabilità enorme, di cui bisognerà chieder conto a chi queste scelte ha fatto, o non ha saputo contrastare."
Il contesto europeo rischia di trasformarsi, a conti fatti, in un incendio senza ritorno di competenze e generazioni perdute. Quanti erano stati identificati dalla cantante Tracy Chapman sotto l'etichetta di "poor people" in una canzone senza tempo, rischiano oggi più che mai di arrivare a "bussare" violentemente alle porte di un mondo che sembra davvero rischiare di cancellare esistenze ed annullare prospettive esistenziali. Il rischio è troppo grande per non poter neppure essere valutato o quantomeno esaminato in tutta la sua prepotenza:
"[...]Dall'America all'Asia, è un susseguirsi di buone notizie. Un mondo intero è in crescita, anche se gli europei fanno fatica ad accorgersene. Un mondo che ha voltato pagina rispetto alla crisi, anche perchè ha adottato terapie economiche diametralmente opposte a quelle dell'eurozona.  Situazione diverse tra loro [...] unite da un tratto comune: ripresa manifatturiera, esportazioni che tirano, occupazione in aumento. E dietro questi segnali positivi c'è un armamentario di strumenti che va dagli investimenti pubblici alle politiche monetarie delle banche centrali.  Casi da manuale, all'opposto di quel che sta facendo il Vecchio Continente, unico buco nero nella ripresa globale. [...]Tutti gli ingredienti che hanno aiutato la ripresa americana, cinese, giapponese e sudcoreana sono assenti nelle politiche dell'eurozona. Gli investimenti pubblici sono bloccati dall'interpretazione rigida dei parametri di Maastricht [...]. La politica monetaria della Bce ha prodotto finora una sopravvalutazione del cambio, deleteria per  gli esportatori. [...] Gli aiuti della Bce alle banche, forniti direttamente attraverso crediti di favore, restano nelle mani degli istituti di credito e non defluiscono verso l'economia reale. [...] La parabola del pensiero unico neoliberista sta volgendo al termine, e la sua fine consuma anche l'ideologia dell'austerity. Eppure l'austerity ha cercato di accreditarsi [...] come l'antidoto agli eccessi del liberismo. Meglio ancora: una forma di catarsi, di espiazione.  E' un aspetto importante, che spiega la pervicacia della Germania nell'applicare e imporre al resto d'Europa ricette disastrose che hanno prolungato la recessione.  Spiega anche perchè interi pezzi dell'establishment europeo siano stati soggiogati dall'austerity fino ad accettarla come verità suprema. [...] Lo sviluppo riparte solo se il potere d'acquisto viene diffuso nei ceti più numerosi, classi lavoratrici e ceto medio, la cui sofferenza è la prova del fallimento storico delle politiche gemelle.  Austerity e neoliberismo affondano abbracciati insieme.[...]"
Qualora affondassero abbracciati, purtroppo, rischierebbero di tirarsi dietro anche generazioni intere e popolazioni sterminate. Alla luce di tutte queste considerazioni, è lecito domandarsi da quali spunti sia opportuno partire per provare a tracciare una qualsivoglia forma di visione differente. Dovendo (ri)costruire un universo socio-economico nei fatti smantellato e devastato, è più che mai necessario ed urgente provare ad imparare qualcosa di concreto attingendo dai molti sbagli commessi in passato: le misure anti-recessive devono essere progettate e pensate prendendo spunto realmente costruttivo dai drammi laceranti fino ad oggi commessi. E' impossibile attendere o posticipare ulteriormente prese di coscienza e svolte radicali, in questi momenti di estrema urgenza.
"[...] Oggi la profondità della crisi imporrebbe un'azione [...]. Abbiamo bisogno di riscrivere non solo le regole della finanza, ma anche quelle degli scambi globali, e di rifondare un patto sociale gravemente indebolito da decenni di allargamento delle disuguaglianze. [...]"
La necessità di ridefinire un nuovo sistema di regole presuppone la possibilità estrema di partire dall'obbligo di imporre ristrette regolamentazioni attorno a (pur)troppo evidenti squilibri ad oggi non più ignorabili. Riscrivere un mondo dovrebbe equivalere, nei fatti, a stabilire in primo luogo nuovi "binari" entro cui far viaggiare il "treno" socio-economico degli eventi:
"[...] E' l'11 aprile 201 quando il Fondo Monetario Internazionale pubblica il suo rapporto che descrive un 'mondo a tre velocità'. Quella europea è l'ultima. [...] Da qui comincia il viaggio nelle divergenti terapie per la ripresa economica.  Perchè lo spread italiano è anche la conseguenza di eventi accaduti dalla parte opposta del pianeta [...]"
La morsa dell'austerity ridefinisce anche un universo di complicazioni a cui è stata costretta l'Italia intera, da troppo tempo a questa parte, senza apparenti soluzioni concrete od  almeno concretamente valutabili. Succede così di leggere frammenti di un'intervista fatta a Joseph Stiglitz, nella quale l'opinione nei confronti del nostro Paese risulta essere fin troppo chiara e tendente al negativo:
"[...] L'Italia è vittima di un fallimento dell'austerity europea, state pagando un prezzo più elevato della Grande Depressione, le vostre iprese sono penalizzate a tutto vantaggio di quelle tedesche. [...] L'eurozona deve cambiare le sue politiche di austerity.  Perchè l'euro funzioni occorrono una vera unione bancaria con regole comuni, un'assicurazione unica peri depositi dei risparmiatori, una vigilanza europea; poi ci vuole la vera unione fiscale, l'emissione di eurobond. Il sistema attuale è instabile, incompiuto. [...] [L'austerity] è come la medicina medievale che pretendeva di curare i malati a furia di salassi, togliendogli sempre più sangue. questa gente seleziona solo le informazioni che conferma le loro idee preconcette. L'austerity non funziona neppure per l'obiettivo che si prefigge, di ridurre il debito pubblico. Se non abbiamo la capacità di trarre le lezioni da questa crisi [...] temo che saremo condannati ad un'ulteriore ricaduta. [...]"
La necessità di trarre lezioni adeguate da questa crisi non dovrebbe prescindere dall'obiettivo di ragionare sulla fattibilità dell'applicazione di nuove teorie economiche:
"[...] dall'America una nuova teoria s'impone all'attenzione.  Si chiama Modern Monetary Theory [...]. Ha la certezza di poter trainare l'Occidente fori da questa crisi. A patto che i Governi si liberino di ideologie vetuste, inadeguate e distruttive. [...] E' un attacco frontale all'ortodossia vigente. Sfida l'ideologia imperante in Europa, che i 'rivoluzionari' della Mmt considerano alla stregua di un vero oscurantismo. Per loro l'austerity imposta dalla Germania non è soltanto sbagliata nei tempi [...] ma è concettualmente assurda. Un semplice esercizio mette a nudo quanto ci sia di 'religioso' nella cosiddetta saggezza convenzionale degli economisti.  Qualcuno ha provato a interrogare i tecnocrati [...] per capire da quali Tavole della Legge abbiano tratto alcuni numeri 'magici'. Perchè il deficit pubblico nel Trattato di Maastricht non doveva superare il 3% del Pil? Perchè nel nuovo patto fiscale dell'eurozona lo stesso [...] è stato ridotto allo 0,5% del Pil?Chi ha stabilito che il debito pubblico totale diventa insostenibile  sopra  una soglia del 60% oppure [...] del 90% del Pil?Quali prove empiriche stanno dietro l'imposizione di questa cabala di cifre? Le risposte dei tecnocrati sono evasive, o confuse.  La Teoria Monetaria  Moderna fa a pezzi questa bardatura di vincoli calati dall'alto, la considera ciarpame ideologico. [...]"
Alla luce di queste considerazioni, pertanto, non è blasfemia affermare che i cardini pratici dell'austerità possano essere largamente modificabili, discutibili o rivedibili. Gli esiti di questa mancata scelta sono (purtroppo) sotto gli occhi e le sensibilità di tutti. Quale ulteriore lezione è possibile imparare, in termini pratici e definitivi?
"[...] Certo che una famiglia non deve fare debiti che non potrà restituire.  Ma questa regola non vale affatto per una nazione, che ha due prerogative esclusive: può stampar moneta [...] e riscuotere imposte. John Maynard Keynes insegnò che da una depressione si esce solo se la domanda pubblica si sostituisce alla [...] domanda privata. E quella lezione resta valida tuttora. [...]"
I contro-esempi di politiche e pensiero economico coltivabili in un momento di tremenda crisi come questo continuano ad essere chiari, espliciti e chiaramente definibili: dal lavoro "operaio" del 28enne Herndon, capace di smontare teorie economiche apparentemente invalicabili grazie ad un errore rintracciato su foglio Excel, al quantitative easing attuato dal passato banchiere centrale della Fed, Ben Bernanke. La possibilità di descrivere una nuova rotta passa, inevitabilmente ed oggettivamente, dalla necessità estrema di ridiscutere o ridefinire quelli che da inossidabili punti di vista rischiano di trasformarsi in sordi e lontani stereotipi dall'indubbia negatività: è possibile tracciare nuovi margini di discussione, individuando rinnovati punti di forza su fronti fino ad oggi non adeguatamente battuti? E' urgente rispondere a questa e molt(issim)e altre domande, facendo leva su capisaldi fondamentali da dover ribaltare completamente: dal rating ingiustamente imperante alle nazioni ancora definite come emergenti ma già economicamente superiori, da un nuovo "patto" socio-economico da restaurare ad una nuova mappatura del mondo nella quale poter ridefinire obiettivi e priorità da inseguire.
"[...] Il mondo è pieno di nazioni che hanno saputo 'svoltare', hanno reagito a decenni o perfino secoli di un declino che sembrava irreversibile [...] abbiamo formidabili esempi di popoli e classi dirigenti che hanno sconfitto la forza d'inerzia, hanno saputo imprimere un corso diverso alla propria storia.  A noi l'opzione, a noi decidere quale modello considerare il nostro. E' molto più di una scelta. [...]"
Servirà fuggire dalla "foresta pietrificata" attualmente imperante, promuovendo azioni finalizzate alla definizione di un consistente ripensamento in ottica continentale (prima e mondiale poi) delle teorie economico-finanziarie da promulgare nuovamente. Serve informarsi, concentrandosi su fatti concreti e molto meno su parole vuote e desolatamente prive di numeri e dati reali. Si impongono all'attenzione collettiva provvedimenti urgenti ed urgentemente necessari da realizzare. La società in sfacelo non può più (permettersi di) attendere.

Fonte citazioni: "La trappola dell'austerity - Perchè l'ideologia del rigore blocca la ripresa", F.Rampini, iLibra 


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