fra caffè e ricordi

Creato il 10 ottobre 2012 da Sara
Vienna è città stupenda e monumentale, capitale nei secoli di un grande impero, ma per me ritornare a Vienna visitata più volte all'epoca con i miei genitori non significa semplicemente rivedere una città. Qui sonnecchiano lembi delle mie sparpagliate radici, tracce della mia storia. In gioventù mio padre ci ha vissuto per 25 anni, prima come studente della facoltà di economia e commercio, poi come responsabile di un negozio di Herrenmode che vendeva rigorosamente solo cappelli Borsalino.

caffè Sacher


Anche il suo primo, sfortunato e breve matrimonio è stato con una viennese che ho avuto occasione di conoscere molti anni dopo in una cena a New York dove la signora si era trasferita "per forza e per fortuna" durante la guerra. La mia tribù è notoriamente mobile e avvezza agli spostamenti.

caffè Demel


 Vienna ha rappresentato gli anni più belli della gioventù di mio padre e di quei ricordi mi sono a lungo nutrita: abitava in Margaretenstrasse, a mezzogiorno aveva il suo tavolo fisso al caffé, sempre lo stesso, in particolare so che amava ordinare due uova fritte al tegamino sopra un letto di puré di spinaci e naturalmente strudel finale tiepido come dessert.

caffè Central

 E' cosa notoria che il caffè viennese è un ambiente speciale, non un bar qualunque, non  un caffè come gli altri, è praticamente una succursale di casa, una casa senza muri nè stanze, una porta aperta sul mondo. Al caffè viennese ci si passavano e, forse ancora, ore intere, leggendo il giornale, osservando la gente, scambiandosi opinioni di politica, d'attualità e di vita, lavorando, ricevendo gli amici e magari l'amante di turno, quanti scrittori hanno composto i loro capolavori proprio ai tavoli di questi luoghi. Forse non sono più quei tempi, ma l'imprinting mi deve essere rimasto perchè sono anch'io un'abituale frequentatrice di caffè.

caffè Weimar

Attaccato alla biblioteca del parco Sempione ce n'era uno stupendo tutto vetri e in mezzo al verde e invece di studiare, chiacchiere a mai finire, amicizie nate lì e vive ancora oggi e partite di briscola chiamata,  forse è questa la ragione se mi sono laureata in ritardo andando fuori corso. Un brutto giorno quel caffé fra gli alberi l'hanno chiuso, un ampliamento della biblioteca perché la cultura doveva avere il sopravvento, ignorando con miopia che anche i luoghi di incontro e di aggregazione svolgono una loro importante funzione sociale.

caffè Sperl

 Ignari uno dell'altra erano entrambi nella stessa città, anche mamma viveva a Vienna la sua gioventù dorata,  la sua casa era in Lerchenfelderstrasse, frequentava la prestigiosa facoltà di medicina, senza numerus clausus per gli ebrei, una delle poche in Europa. Era fra il pubblico ad una rappresentazione alla Volksoper con la madre la sera che le truppe tedesche sono entrate marciando trionfali in città, quante volte me lo ha raccontato.  Si erano poi conosciuti da  rifugiati in Palestina, ma mamma era polacca e non parlava il bulgaro, papà era bulgaro e non conosceva il polacco, la comunicazione fra loro avveniva  sempre in tedesco, lingua che da piccola mi appariva segreta e misteriosa, una situazione identica a quella che descrive autobiograficamente Elias Canetti nel suo memorabile libro "La lingua salvata" edito credo da Adelphi.
 
Il cimitero centrale di Vienna è in periferia, in fondo a Simmeringer Hauptstrasse, a casa di Dio, è proprio il caso di dirlo, per andarci è un vero viaggio, prima la metropolitana poi il tram numero 73a. E' diventato uno dei cimiteri più grandi d'Europa, con due milioni e mezzo di tombe, più della popolazione viennese. Pare che sia molto bello, con tombe e mausolei imponenti, qui riposano grandi personalità, tra le quali numerosi celebri compositori, da Beethoven a Schubert, da Brahms a Schoenberg e tutta la famiglia Strauss. Non ci sono mai andata e anche questa volta non sono scesa dal tram all'ingresso principale, ma due fermate più in là, alla parte israelitica, l'unica non curata dove c'è invece un intrico di pietre tombali rotte sulle quali crescono le erbacce, a testimonianza dell'assenza di parenti rimasti in vita per curarli o dispersi in altri parti del mondo. Jakob Platzker, gruppo 22, fila 28, numero 26, vengo a trovare il mio nonno materno che non ho mai conosciuto, dicendomi che se non vengo io, chi altro lo può ormai fare? Aveva lasciato Vienna per ignota destinazione  prelevato a casa una sera dalla Gestapo e a Vienna  è ritornato a fine guerra in una cassettina di ceneri spedita dalla Croce Rossa Internazionale dopo un soggiorno a Buchenwald. Aveva 55 anni. Era una festività ebraica, il cimitero era chiuso, ho potuto solo sostare davanti al cancello, ma sono sicura che il nonno ha capito ed è contento lo stesso.
Le chiese barocche di Vienna sono bellissime, scelgo di mostrarle riflesse sulle vetrate degli edifici moderni, segno che la storia va avanti, non si dimentica, ma si deve girar pagina.

    

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