"[...] La pubblicità ha il compito di pareggiare il nostro bisogno di merci con il bisogno delle merci di essere consumate. I suoi inviti sono esplicite richieste a rinunciare agli oggetti che già possediamo, e che magari ancora svolgono un buon servizio, perché altri nel frattempo ne sono sopraggiunti, altri che 'non si può non avere'. [...]" (U.Galimberti, I vizi capitali e i nuovi vizi, att.)
"[...] La pubblicità politica sempre meno si distingue dalla pubblicità delle merci, per cui i sondaggi, lungi dal sondare l'opinione pubblica, sondano di fatto la capacità di persuadere dei mezzi di
comunicazione, con conseguente riduzione della democrazia a esercizio di scelte di consumo.
Che fare? Nulla. Perché l'identità personale a cui fare appello per arginare gli inconvenienti del consumismo non c'è più, essendo stata a sua volta risolta in un insieme di bisogni e desideri programmati dal mercato. [...]" (U.Galimberti, I vizi capitali e i nuovi vizi, att.)
"[...] In una società opulenta come la nostra, dove l'identità di ciascuno è sempre più consegnata agli oggetti che possiede, i quali non solo sono sostituibili, ma 'devono' essere sostituiti, ogni pubblicità è un appello alla distruzione. [...]" (U.Galimberti, I vizi capitali e i nuovi vizi, att.)