Lo scorso ottobre è uscita la traduzione italiana di Frammenti di Haifa (ed. Fila 37, 2015), di Khulud Khamis, attivista e scrittrice slovacco-palestinese di nazionalità israeliana che vive a Haifa.
La protagonista del libro – apprendo dal sito Internet della casa editrice – si chiama Maisoon, ed è una giovane donna palestinese, atea ma nata in una famiglia cattolica, che ha una relazione con un giovane palestinese musulmano e un’amicizia intima con un’altra giovane palestinese dei territori occupati. Sullo sfondo c’è la città di Haifa e la piccola, personale rivoluzione di Maisoon.
Ad essere onesta io non mi ero accorta dell’uscita del libro (e quindi no, non l’ho letto, naturalmente). Me l’ha segnalato Cecilia, che ne aveva sentito parlare lo scorso 8 gennaio su Fahrenheit a Radio Tre da Loredana Lipperini, che per l’occasione aveva invitato a discuterne con lei Paola Caridi, giornalista e storica che si occupa di cultura e politica del Medio Oriente.
E qui potete ascoltarvi il podcast della puntata. Mentre qui potete leggere un’intervista con l’autrice del libro Khulud Khamis in cui spiega anche perché scrive in inglese (quindi sì, il libro è stato scritto in inglese).
Come racconta Paola Caridi, Haifa viene chiamata “la sposa del mare” dai palestinesi, è una città simbolo, dall’eredità pesante ma anche dalla fortissima identità palestinese.
Ha un’eredità pesante perché il 21 aprile del 1948, quindi pochissimo prima della fondazione di Israele, fu “fatta evacuare” e i suoi abitanti, i palestinesi, furono costretti alla fuga dall’arrivo delle milizie armate sioniste.
E c’è un racconto, che purtroppo non è stato citato nella puntata di Fahrenheit, che ha contribuito a rendere immortale il dolore di Haifa nella memoria dei palestinesi e del mondo intero.
Da Ritorno a Haifa è stato tratto un film: l’avevo recensito qui per Osservatorioiraq.
Se vogliamo leggere Frammenti di Haifa quindi, è necessario quantomeno prima leggere Ritorno a Haifa. E magari sfogliare anche chi più di altri ha impresso sulla carta quanto sia difficile portarsi appresso l’identità da palestinesi di cittadinanza israeliana: Il Pessottimista, di Emil Habibi (trad. di I. Camera D’Afflitto e L. Ladikoff, Bompiani 2002).
Sempre che si trovi ancora. No, perché qui si stampano tante cose nuove, però i cosiddetti classici a volte sono introvabili e in altri casi invece andrebbero ritradotti da capo e ristampati.