Sandra Clerc ha studiato all’Università di Friburgo e si è laureata nel 2007 in Letteratura italiana, Filologia romanza e Letteratura latina. Nella stessa università ha conseguito un dottorato di ricerca con una tesi sull’epistolario latino e volgare dell’umanista Francesco Ciceri (Lugano, 1527 – Milano, 1596), pubblicata in due volumi nella Collana dei “Testi per la storia della cultura della Svizzera italiana” nel dicembre del 2013. Ha svolto ricerche nella Biblioteca Trivulziana e nella Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, e alla Herzog August Bibliothek di Wolfenbüttel, in Germania. Dal 2007 lavora e insegna all’Università di Friburgo. È stata insegnante di lingua italiana per l’Université Populaire di Friburgo e partecipa regolarmente come traduttrice e redattrice alla rivista “Viceversa” e al sito internet letteraturasvizzera.ch. È membro del comitato di redazione della rivista “Hvmanistica” e collabora al progetto “Les Idées du Théâtre” dell’Université de Paris – Sorbonne. Attualmente si occupa di letteratura teatrale del XVI secolo, con particolare attenzione ai prologhi delle commedie e ai testi tragici dei decenni centrali del Cinquecento.
“Si può vedere l’elogio che ci ha dato del Ciceri l’Argelati, a cui io aggiugnerò che si hanno alle stampe alcune lettere del Majoragio al Ciceri dalle quali raccogliesi l’anno in cui questi da Lugano, ove finallora avea tenuta scuola, passò a Milano, per ajutare in questo impiego il detto Majoragio, cioè il 1548, e molte altre di Giovanni Oporino stampatore di Basilea al medesimo Ciceri; che tra le lettere scritte a Pietro Vettori, una ne ha egli pure scritta al I di settembre del 1578, in cui dice ch’erano ormai 20 anni che per ordine del senato era pubblico professore, e che il Vettori risposegli con altra lettera piena di sentimenti di stima pel sapere del Ciceri. De’ Supplementi del Ciceri parla il suddetto ab. Zaccaria, il quale per ultimo descrive ancora il codice dell’antiche iscrizioni di Como, raccolte da Benedetto Giovio, di cui direm tra gli storici, nel qual capo altri ancora nomineremo che in somiglianti fatiche utilmente occuparonsi. E ciò basti per saggio dell’instancabile ardore con cui gl’Italiani di questo secolo si volsero a ricercare, a raccogliere, a pubblicare le antichità, riparando per tal maniera il disprezzo in cui esse si eran per tanto tempo lasciate giacere”.Così Girolamo Tiraboschi parla di Francesco Ciceri nel suo trattato di letteratura italiana. Una vera rivelazione su di una figura del Rinascimento di cui già si intuisce l’importanza dalle poche righe descrittive del Tiraboschi. Cogliamo l’occasione per parlarne con Sandra Clerc, docente all’Università di Friburgo, recente autrice di una pregevole edizione dell’epistolario di questo illustre ticinese dal titolo: Francesco Ciceri, Epistole e Lettere (1544-1594). Il libro rappresenta una meravigliosa finestra spalancata sul vivace movimento culturale dell’epoca e sui suoi fermenti ideologico-creativi che coinvolsero non soltanto la Lombardia o la Svizzera bensì l’Europa intera tracciando un vero e proprio spaccato del Rinascimento umanistico. Una vera e propria testimonianza letteraria di una rivoluzione culturale volta a rivalutare, analizzare e reinterpretare praticamente gli insegnamenti dei classici.-Dottoressa Clerc, in che senso il Ciceri fu significativo per il suo tempo e quanto i suoi scritti possono definirsi oggigiorno attuali ma soprattutto,… chi fu Francesco Ciceri ?Francesco Ciceri fu un uomo di lettere nato a Lugano nel 1527 e attivo in patria e a Milano come maestro di lingue classiche. Come ricordano l’Argelati e poi Tiraboschi, il suo trasferimento nel capoluogo lombardo avvenne proprio nel 1548, quando il giovane luganese fu chiamato da Marcantonio Maioragio come aiuto nella scuola da lui diretta. Personaggio fondamentale per la biografia del Ciceri, Maioragio è ugualmente una delle figure più importanti dell’Umanismo milanese della metà del 1500. Promotore di accademie letterarie, inserì da subito il suo pupillo nell’élite culturale e politica della città. Ciceri morì a Milano nel 1596. L’importanza di Francesco Ciceri per la cultura letteraria e filologica risiede in primo luogo nella sua strabiliante biblioteca. Nell’arco della sua vita, egli raccolse infatti più di 200 manoscritti di grande pregio e innumerevoli edizioni a stampa, tra i quali si annoverano testi ancora oggi essenziali per la trasmissione di alcune opere antiche, come le lettere di Cicerone. La catalogazione di questi volumi, conservati alla Biblioteca Ambrosiana di Milano già dalla sua fondazione nei primi anni del Seicento, è tuttora in corso.Ciceri stesso fu autore di alcune opere di carattere erudito e interesse epigrafico, nonché di commenti a opere classiche utilizzati nei suoi corsi e di alcuni panegirici – discorsi in onore di personaggi importanti dell’epoca. Nessuno di questi scritti, tuttavia, fu dato alle stampe e ancora oggi si attende che vengano studiati.Un successo maggiore incontrarono nei secoli scorsi le lettere in lingua latina composte da Ciceri, indirizzate a destinatari svizzeri, italiani e di altri paesi, che furono in parte date alle stampe. L’edizione delle epistole e lettere da me curata costituisce la prima pubblicazione integrale della corrispondenza di Ciceri in latino e in lingua volgare – termine che indica l’italiano di quel periodo. Il suo ricchissimo epistolario, che comprende più di mille lettere, è particolarmente interessante poiché permette di rendersi conto della vivacità della vita culturale lombarda del secondo Cinquecento e dell’apporto che le allora Terre ticinesi, da poco passate sotto il controllo dei Cantoni svizzeri d’Oltralpe, ha potuto offrire al rinnovo del pensiero umanistico. Ma non soltanto di erudizione trattano le lettere: esse svelano inoltre un vivido spaccato di vita quotidiana in un’epoca di grandi cambiamenti sociali, culturali e anche linguistici. In questo senso, l’epistolario ci permette di viaggiare nel tempo e renderci conto, malgrado siano trascorsi quasi 500 anni, della costanza della condizione umana.
-Concorda con l’affermazione : “se riusciamo a illuminare frammenti validi del nostro passato culturale, e a riproporli per conoscenza e riflessione, diamo al presente segnali validi per una migliore presa di coscienza di quello che si è, di quello che si è stati e di quello che si potrà essere”? È una affermazione molto profonda e di ampio respiro culturale e intellettivo che, d’altro lato, sembrerebbe essere una sorta di “aut aut”. Parrebbe essere sia un monito accorato sia una speranza per l’umanità intera. Mi sbaglio forse?L’affermazione rappresenta la ‘carta d’identità’ della collana “Testi per la storia della cultura della Svizzera italiana” nella quale appare l’edizione da me curata. Giunta ormai al decimo volume, la collana, inaugurata nel 2005, nasce da un’iniziativa di Ottavio Besomi e Carlo Monti al fine di valorizzare il patrimonio culturale e letterario di scrittori della Svizzera italiana.[1]I curatori della collana invitano a ricercare e, laddove necessario, a ritessere un legame fra il nostro passato e il presente in cui trovare slanci di progettualità per il futuro. In questo senso, ritengo che monito e speranza non vadano considerati come un ‘aut aut’, come una scelta esclusiva, ma come un binomio indissolubile. Una speranza che non sia sostenuta da una riflessione coscenziosa e da un’attenzione prudente rischia di indurre in un girovagare inconcludente; una cautela che non sia al servizio di un ideale di miglioramento porta invece alla stagnazione del pensiero
-Tentiamo di fare un parallelismo tra gli scritti del Ciceri, il suo tempo e la società attuale?Come accennato in precedenza, Ciceri vive in un’epoca di grandi cambiamenti che, in un certo senso, inaugura quell’“accelerazione del quotidiano” che caratterizza la modernità. Nell’arco della sua vita, la Penisola italiana sarà teatro di rivoluzioni politiche, guerre e dibattiti religiosi, ma anche di profonde evoluzioni sul piano della lingua. Ciceri farà prova di grande capacità di adattamento e di abilità nel destreggiarsi in nuove situazioni. La facilità con cui tesse e mantiene contatti ad alto livello sia sul piano locale che internazionale rappresenta senza dubbio alcuno un atout fondamentale che gli permetterà di rimanere al passo con i mutamenti sociali. Certo, un paragone diretto con il nostro tempo dominato dalla comunicazione di massa e dalla globalizzazione, non potrebbe essere che una forzatura. E tuttavia, fatte le dovute proporzioni, non si può non riconoscere in Ciceri un precursore dell’uomo moderno e, perché no, un esempio di persona capace di trasformarsi restando fedele a sé stesso.
-Si è detto del Ciceri riguardo l’attività dell’insegnamento. Nell’Attestato I ai suoi allievi, nel quale suggerisce di imparare a memoria i precetti del Melantone sulle quantità sillabiche, dice testualmente: Discipulis suis s.p.dEx omnibus grammaticis nemo est qui syllabarum quantitatem brevius atque dilucidius scriptis tradiderit quam Philippus Malanchton, vir quidem insigniter eruditus. Eius igitur ea de re canones cupio discatis memoriaeque mandetis: ea enim, quae brevitate praedita sunt et obscuritate carent, facilius percipiuntur et fidelius continentur. Valete.
Qui a mio avviso risiede anche la grandezza del Ciceri. Non solo il recupero dei classici e la salvaguardia dei testi antichi, bensì la preoccupazione, continua, quasi assidua, affinchè essi vengano ben insegnati e interpretati, secondo le regole lessicali più consone. Cosa ci può dire a riguardo?Certamente, Ciceri è maestro premuroso e attento verso i bisogni dei suoi discepoli. Un’ampia parte dell’epistolario testimonia del suo impegno didattico e del sostegno che egli portava ai suoi pupilli anche una volta terminata la loro formazione, affinché potessero raggiungere cariche politiche e amministrative di prestigio.La sua passione per i testi antichi e per la precisione lessicale emerge ugualmente dalle sue ricerche sull’epigrafia monumentale nella città di Milano. In più occasioni Ciceri fu consultato dalle autorità pubbliche o da privati cittadini che confidavano nella sua perizia al momento della composizione di iscrizioni murarie in latino.
-Quale fu il rapporto del Ciceri con i politici dell’epoca, gli altri illustri intellettuali, tra i quali l’Arcimboldi, il Vettori ed il Cardano?Francesco Ciceri fu l’istitutore di tutti coloro che assunsero incarichi di prestigio nella Milano di fine Cinquecento. Grazie al suo impegno didaddico, egli era inoltre un personaggio in vista e un rispettato collega per molti intellettuali, che spesso servì da tramite fra le sfere della cultura e del potere. Proprio questa sua posizione mediatrice fra differenti ambiti della vita pubblica della capitale lombarda e i suoi importanti contatti Oltralpe, in particolare con l’autorevole stampatore basilese Johannes Oporinus, rendono Ciceri una figura complessa, dalle molte sfaccettature e fanno dell’epistolario uno strumento di lavoro ricco e appassionante per gli studiosi interessati al periodo.Con gli intellettuali da lei citati Francesco Ciceri ebbe rapporti cordiali: la loro corrispondenza mostra stima reciproca e proficui scambi intellettuali.
-Dottoressa Clerc, cosa ha significato per Lei pubblicare l’epistolario del Ciceri? Ritiene possa servire a valorizzare la lingua italiana in Svizzera?
La pubblicazione dell’epistolario è stata per me l’occasione di scoprire e far scoprire un personaggio poco conosciuto della nostra storia. Non solo la lingua, ma in generale la cultura della Svizzera italiana dell’epoca rimangono ancora poco approfondite, anche per mancanza di testimonianze e strumenti. L’edizione delle lettere, in questo senso, costituisce un contributo allo sviluppo di questi studi.La lingua utilizzata da Ciceri data ormai di quasi 500 anni e non corrisponde all’italiano parlato oggi. Per questo motivo la lettura dell’epistolario non può essere considerata direttamente uno strumento di promozione linguistica. Tuttavia, la pubblicazione di questi voumi ricorda il contributo della Svizzera italiana nella costruzione del patrimonio culturale svizzero ed europeo. In questa misura, la pubblicazione delle lettere di Ciceri riafferma, se pur modestamente, l’imporanza dell’italianità nel nostro paese.
-Un’ultima domanda…Cosa augura ai lettori de “ I viaggiatori ignoranti”?Ai lettori e alle lettrici del blog auguro di trovare ongi giorno nuovi spunti e interessi per guardare il mondo con occhi sempre nuovi.
-Grazie!Grazie a lei!
[1] http://www4.ti.ch/decs/dcsu/cosa-facciamo/testi-per-la-storia-della-cultura-della-svizzera-italiana/introduzione/Fabio Viganò.