Francesco Fiore canta l’anima di Portici

Creato il 02 novembre 2014 da Vesuviolive

Francesco Fiore, abile ragioniere, iniziò la sua carriera come ente del mercato ortofrutticolo di Napoli, decise poi di gestire un bar nella vasta zona partenopea carica di ardore culturale (tipico della Napoli di fine Ottocento), che presto diventò sede di vari circoli intellettuali napoletani. Ed è proprio in questo ambiente così entusiasmante che Francesco Fiore coltiva sempre di più la sua passione per la poesia, per la musica e per la canzone napoletana. Lui, padre di ben dodici figli, era da tutti conosciuto come un uomo nobile e galante, passionale e soprattutto molto affettuoso nei confronti della moglie e dei suoi figlioli, due dei quali proseguirono la carriera artistica tracciata dal padre. A partire dal 1911, iniziò a pubblicare le sue prime canzoni (“Tutta pe’ mme”, “Te lasso“, “E’ buscie”), tra le quali la più famosa è indubbiamente “Bellavista”. Queste canzoni furono raccolte in un volumetto il cui nome coincide proprio con quello della sua amata patria “Napule”. Una testimonianza molto importante è quella della nipote d’arte Rosaria Mennillo  (oggi poetessa e regista) che riporta così le parole di Tommaso Gaeta in merito alla personalità del poeta:

Dalla pia offerta del Suo amore al sacrario della famiglia e al ricordo dell’amicizia, egli passa alla pittura, ora violenta ora tenera, di ambienti, di stati d’animo, di contrasti, che condensano le virtù, – i difetti, la dolce sensualità e l’indefettibile onore di un popolo, di cui si sente ed è autentico e degno figlio”.

Francesco Fiore con le sue opere ha omaggiato Napoli ma soprattutto la cittadina di Portici elogiandone il suo delizioso porticciolo del Granatello che già nel Settecento attirava tantissimi turisti incantati dallo spettacolare panorama. Fiero della sua famiglia, il poeta ammette tuttavia che spesso risulta molto difficile gestire le preoccupazioni derivanti dai figli, e resterà famosa nella storia la sua celebre frase « …’e figlie so piezze ‘e core », tratta dal suo testo “E’ cammurriste”.

Nella sua canzone “Bellavista”musicata dal maestro Giovanni Donnarumma, il poeta e cantautore celebra le meravigliose fattezze della casa edificata sulla frazione collinare di Bellavista.

Bellavista

«Veniteme a truvà, sto a Bellavista…/ tengo na bella casa bene esposta: / doje logge, tre balcune, tre feneste, / na tavula ‘e mangià pe’ vinte poste… / Veniteme a truvà sto a Bellavista». Portici ancora oggi vuole ricordare la fama di questo personaggio grazie ad una targa in suo onore posta su un palazzo in via Cardano 2, dove molto probabilmente proprio in quel luogo compose le sue poesie. La targa lo ricorda così << Il poeta che cantò l’anima e la bellezza di Napoli, visse qui parte della sua vita traendovi ispirazione per le sue immortali canzoni. Bellavista lo ricorda con devozione>>.


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