Francesco Tadini: dall’Archivio Tadini “Il desiderio del pittore”

Creato il 13 agosto 2011 da Francescotadini @francescotadini

Francesco Tadini - nella logica dell’archivio che sta curando e pubblicando in rete - pubblica il testo del padre, redatto in occasione della mostra che tenne nel 1976 presso lo Studio Marconi.

Emilio Tadini, Il desiderio del pittore, 1976

Il desiderio del pittore
1. “Io punto dritto, a vele spiegate, e dichiaratamente, verso questo punto centrale, che pongo in discussione, e cioè: quale è il desiderio dell’analista?”(Jacques Lacan, Il Seminaria, libro XI). I quadri esposti in questa mostra hanno come titolo “Il desiderio del pittore”.
2. La pittura non è una scienza: il desiderio del pittore sostiene nella pittura un ruolo importante. Il desiderio non è un fatto privato, è la contraddizione del privato – è il privato che si contraddice.
3. “Fu rinfacciato al signor K. che in lui il desiderio era troppo spesso padre del pensiero. Il signor K. rispose: – Non ci fu mai un pensiero il cui padre non fosse un desiderio “. (Bertolt Brecht, Storie da calendario). “Il linguaggio non è l’ancella, è la madre del pensiero”. (Karl Kraus, Detti e contraddetti)
4. Avevo annotato le due citazioni di Brecht e di Kraus per parlare del titolo di questi dipinti. Ma mi sono reso conto che quelle due citazioni, insieme, davano l’occasione per formulare il sommario di una specie di figurazlone mitica. Un sommario che, potrebbe essere questo: è l’amplesso del desiderio e del linguaggio a generare come un figlio – il pensiero. “Vuol dire” che il desiderio e il linguaggio costituiscono un sistema produttivo, e che il prodotto di quel sistema è il pensiero. (Una mitologia materialista esiste).
5. Questo può servire, adesso, proprio per parlare del titolo della mostra, che è «Il desiderio dei pittore». Anche la pittura è il linguaggio che si unisce al desiderio. La pittura prende la forma del desiderio, dà forma al desiderio. Anche il dipinto è generato dall’unione del desiderio e del linguaggio. Il dipinto esiste nei sensi. Sempre, nel suo farsi. Prima, nel suo farsi come dipinto, e, poi, nel, suo farsi di cosa guardata. L’analisi del linguaggio è ricerca del desiderio.
6. (Tra parentesi: nota nel testo. Nel concetto di “arte non retinica” c’è qualcosa – o molto – della pudica propensione vittoriana – tardoromantica – a occultare qualsiasi traccia dell’esistenza e dell’attività dei sensi, del corpo: del desiderio. In tale dimensione, così enfaticamente “spirituale”, è il pensiero che esplora il linguaggio e che ne definisce e ridefinisce la consistenza. Adorno ha scritto – mitologicamente – nell’Estetica: “Il pensiero che uccide suo padre, il desiderio, è perseguitato dalle Erinni della stupidità”. Il pensiero parricida è di moda. Le Erinni di cui parla Adorno si aggirano aggraziate e festegglatissime per i luoghi in cui si celebra l’arte. La loro persecuzione appare addirittura gratificante).
7. Tutti i dipinti mostrano la pittura e il desiderio del pittore. Su tutti i dipinti si vede, prima di ogni altra cosa, la pittura e il desiderio del pittore. (Su tutti idipinti, quali che siano; e dovunque siano – sul muri per strada o su una tela nel museo),
8. Il desiderio spinge ogni volta il pittore a ridurre (a cercare di annullare) nel dipinto la distanza tra il vedere e il visto. Il desiderio si sposta (è uno spostamento). Il desiderio penetra e agisce nella pittura per produrre vista. Per aprire verso l’esterno, nella vista, il corpo. La parola “vista” indica l’organo del vedere e ciò che si offre alla sua percezione.
9. (Tra parentesi: nota nel testo. Quello della vista è l’unico senso che continua a funzionare a produrre – anche nel sonno. Nel sonno il desiderio continua ad agire dentro il linguaggio, profondamente. Nel sonno le immagini è come se fossero sospinte contro gli occhi – dall’interno contro l’esterno. Nel sonno la vista – nei due sensi del termine – si produce esplicitamente come significante del desiderio).
10. Il dipinto è – comunque, una figura silenziosa e immobile. Il dipinto è la separazione, la pausa aperta fra tutto il movimento (del desiderio nel linguaggio, nella pittura) che lo precede e lo segue.
11. Per opera di chi lo guarda, il dipinto torna ad essere rifuso, recuperato nella mobilità del rapporto fra desiderio e linguaggio, fra dsiderio e pittura. È con il corpo che si guarda. Se lo si guarda veramente, non c’è dipinto che non venga, in quell’atto stesso, ributtato in avanti, nella pittura. Per opera di chi guarda, il desiderio penetra di nuovo dentro la pittura. Muovendosi nel dipinto il desiderio si unisce a ciò che esso stesso ha generato. Sostanzialmente, il desiderio “lo stesso” nel pittore e in chi guarda.
12. Guardando si formano figure (Ascottando si parla).
13. In questi dipinti ho ripreso un tema su cui ho incominciato a lavorare sette o otto anni fa e su cui sono ritornato molte volte. Parlo del tema del quadro raffigurato a rovescio sul dipinto. (“Las Meninas” di Velasquez, naturalmente).
Chi vede ciò che è dipinto su quel quadro? È come se quel quadro fosse visto dal dipinto. La distanza – la differenza “tra il vedere e ciò che è visto tende ad annullarsi. Simile allo sguardo che dirigiamo verso il dipinto, un altro sguardo viene dal dipinto verso di noi dirigendosi verso quel quadro di cui noi vediamo solo il rovescio.
14. Ho cercato di incominciare a parlare del desiderio del pittore. La conclusione – o meglio l’ipotesi – dovrebbe consistere nella cancellazione di quel “del”. (È una ipotesi che ho, letteralmente, scritto sui quadri).
Ma naturalmente «Il desiderio pittore» non può essere il titolo dei dipinti di un pittore – di un pittore solo, voglio dire.

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Invitandovi a visitare il sito di Francesco Tadini – http://francescotadini.net/  –   (per seguire la digitalizzazione dell’archivio)  chiediamo a collezionisti, mercanti e galleristi in possesso di quadri o carte di Emilio Tadini di notificarcelo cortesemente, al fine di una loro giusta numerazione e, ove necessario, autentica.

Francesco Tadini vi invita a scoprire (seguendo periodicamente il sito) ciò che si potrebbe chiamare, forse, metodologia Tadini: un lavoro iperquotidiano (mio padre si concedeva poche vacanze, tra l’altro) che univa sorprendentemente scrittura (critica e creativa) e figurazione.

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Grazie a tutti per l’interesse che vorrete mostrare da Francesco Tadini


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