EMILIO TADINI: A LUNGHI PASSI DENTRO LA REALTÀ, IL PERCORSO DELLO SCRITTORE
Anna Modena
Emilio Tadini fa i l suo esordio nel mondo letterario come poeta, appena ventenne, nel 1947; lo ospitano due riviste diversamente fondamentali della prima metà del Novecento: l’ormai storica “Letteratura”, fondata da Bonsanti nel ’37, che in quell’anno si avvia a chiudere, dopo una decennale militanza, la significativa prima serie; e i l nuovo “Politecnico” di Elio Vittorini, la rivista del rinnovamento culturale del dopoguerra, non solo milanese, e della ventata di alti valori. Gli ha aperto le porte di un ambiente in cui si trova immediatamente a suo agio la partecipazione al premio di poesia Renato Serra, al quale il giovane studente dell’Università Cattolica, allievo di Umbro Apollonio, invia il poemetto La passione secondo San Matteo: la vittoria gli vale la conoscenza con Montale, che gli presenta Sergio Solmi e Vittorini. ” Il Politecnico” è una meta ambita e quasi impensata: «una rivista che ammiravo moltissimo – dichiarerà Tadini nella conversazione con Arturo Carlo Quintavalle, riportata nel saggio Emilio Tadini e le scritture1 —: «La cosa che più mi aveva conquistato su ” Il Politecnico” era la grafica di Steiner, grafica costruttivista, più avanzata sul piano della scrittura. Una delle più grosse emozioni figurative che ho provato, ripensandoci, una grafica straordinaria, che mi ha rivelato una forma del moderno molto evidente».
Francesco Tadini, archivio, dalla monografia curata da Matteo Bianchi e intitolata Emilio Tadini, Le figure Le cose
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Con La passione secondo San Matteo e L’oratorio della pace. Storia di un soldato entrerà nell’edizione dei Tre poemetti del maggio del ’60, stampati in una raffinata edizione di 299 esemplari dall’editore Luigi Maestri, allievo di Giulio Preda, titolare di quelle Arti Grafiche Maestri di via Solferino, note ai bibliofili anche per le prime edizioni del Polifilo su carta Ventura: Le Ville del Brenta con prefazione di Piovene; il Viaggio pittorico nei monti della Brianza, con prefazione di Orio Vergani. Anche il giovane Tadini partecipa alle riunioni del Fronte della Gioventù in via del Conservatorio dove incontra i pittori Crippa e Dova e Rossana Rossanda: si sente esponente di una sinistra cristiana, che il Fronte ambiva accogliere e con cui Vittorini terrà particolarmente a dialogare sulle pagine della sua rivista. Il vissuto degli anni di guerra sembra occupare gran parte della sua iniziale attività di scrittore e fa da sfondo al primo romanzo, inedito, scritto probabilmente verso la metà anni Cinquanta o poco dopo.
E’ un romanzo- – questo di Tadini – di impronta fortemente autobiografica, un romanzo di formazione e di crescita, ambientato durante la seconda guerra mondiale a Milano, dove un giovane prende coscienza del sentire della collettività, della folla e del valore della città, che si rivela in tutta la sua silenziosa forza. Francesco (Francesco Tadini, tra l’altro è il nome del figlio primogenito di Emilio), il protagonista, è un liceale in conflitto con un padre severo, talora rigido, col quale parla poco: non riesce a dirgli che si è innamorato e ha una ragazza. Maria. Un riserbo naturale, che l’età sembra acuire, gli impedisce di palesare i suoi sentimenti anche ai compagni più cari; uno dei quali, Renato, sembra avvertire il silenzio come esclusione e diminuzione di amicizia. La prima parte del romanzo, articolata in due capitoli: I ragazzi (l’amore) e Teatro sperimentale (la cultura),5 dice della difficoltà di comunicazione sotto le bombe, ma anche del guardare avanti con una certa incoscienza, pensando al futuro e cercando ingenuamente contatti con altri ‘mondi’: Francesco vuol fare il regista e si avvicina a un gruppo d’avanguardia, dove è accolto con sufficienza. La seconda, che si sviluppa in un arco di tempo cruciale, dal 25 luglio all’8 settembre del ’43, tocca, nelle varie facce della dimensione cittadina di altrettanti capitoli: La città felice. La città deserta o La distruzione della città; La città occupata, una materia ribollente nella vicenda artistica di Tadini, che dentro la guerra ha maturato temi fondamentali, dalla morte della pietà’ delle pagine più nere di La lunga notte A ciclo pittorico dei Profughi. Passano in fretta i tedeschi, mentre i milanesi cercano ancora di riconoscere «nel re e nell’esercito qualcosa di vero», che possa durare; passano, mentre scoppia qualche tumulto nei gruppi rionali. Passano, mentre la gente non sa ancora quello che l’aspetta, con l’agosto, le bombe, gli sfollamenti notturni alla cascina, alla centrale, nei tunnel. Francesco rientra dalla campagna sotto il cielo divampante, col pensiero del padre, solo; aiuta a buttare le ultime cose dalle finestre di case che bruciano; percorre quartieri che non riconosce come suoi, polvere dove prima erano case, una città come abbandonata e vuota da mille anni, con uomini non più abitanti, ma «immemori e soprapensiero custodi di rovine». Nella città occupata l’odio diventa un feroce e amoroso compagno, un aiuto per resistere all’inverno di gelo e umiliazioni che si preparava.
Quando Tadini lavora a questo romanzo non è ancora pittore, ma un giovane intellettuale impegnato e un critico letterario che sa benissimo, come sosterrà poi sempre, che il lavoro di scrittura comporta progetto e rifacimento. E così procede: prepara schemi e abbozzi: dà al suo protagonista una ‘coscienza’ che si sviluppa di pari passo ai mutamenti della città: è «coscienza della folla per la prima volta: un sentire collettivo» nella città felice del 25 luglio, diventa «coscienza diretta dell’orrore» nella città deserta, distrutta dai bombardamenti, ed è infine «coscienza dell’odio, ‘feroce e amoroso compagno» nella città occupata dopo l’8 settembre.
In questo lavoro Tadini non si risparmia. Rivede, corregge, e contemporaneamente ragiona sulla possibilità del linguaggio e della parola. Riprogetta e infittisce di annotazioni e schemi: sui modi, sulle strutture «un lungo raccontare senza principio né fine» dove tutto è in atto, sui personaggi che definisce non in base ai caratteri, ma ai comportamenti. E sta dentro questa Milano sempre con ciglio asciutto, senza mai una sbavatura, tratto che diverrà tipico del suo rapporto con la città, scritta e dipinta. Sa già che per una materia ancora così vicina, occorre buona memoria, e una memoria che sappia elaborare e interpretare. Anna Modena
Francesco Tadini, archivio, da una monografia curata da Matteo Bianchi e intitolata Emilio Tadini, Le figure Le cose
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La seconda parte di questo saggio verrà digitalizzata e pubblicata a giorni su questo sito o sul blog Friplot LINK: http://friplot.wordpress.com/ - Al termine della pubblicazione, Francesco Tadini – sempre tramite Melina Scalise, presidente di Spazio Tadini di Milano, http://spaziotadini.wordpress.com/ - renderà disponibili anche le note al testo)
Francesco Tadini ringrazia gli affezionati lettori del sito / Archivio Tadini anche per le numerose mail di incoraggiamento che sono pervenute.
Francesco Tadini vi invita alla lettura, oggi, anche di un passo della presentazione di Umberto Eco alla mostra di Palazzo Reale a Milano di Emilio Tadini: LINK http://friplot.wordpress.com/2011/12/25/francesco-tadini-un-passo-della-presentazione-di-umberto-eco-alla-mostra-di-palazzo-reale-a-milano-di-emilio-tadini/
Francesco Tadini