Conclude Tadini:
“…È fin troppo facile leggere un “collage” di Schwitters dando prova della propria beneducata capacità di distinguere preziosi accordi pittorici. Ma una lettura del genere è decisamente parziale, è un po’ come l’estrema vendetta di un’estetica tradizionale verso ciò che l’ha offesa. Schwitters non ha voluto dimostrare di poter ottenere certi effetti pittorici con vecchi rifiuti invece che con il colore. Se il senso del suo lavoro fosse questo, egli si sarebbe limitato a dar prova di una considerevole attività virtuosistica. Schwitters ha voluto rappresentare, con una specie di rabbia monomaniaca, le infinite possibilità espressive di ogni frammento di materia integrato in un complesso di relazioni. Ha voluto mostrare come proprio nelle “zone morte” della frenetica circolazione dei consumi possa vivere ed agire un’infinita molteplicità di elementi espressivi, di valori che possono essere reintegrati in un significato. Ciò che una civiltà si è lasciata dietro, ciò che ha calpestato procedendo ciecamente nella sua strada tra benessere, crisi e massacri, Schwitters lo ha raccolto, lo ha ristrutturato in un’immagine e glielo ha riproposto come un simbolo di coscienza e di liberazione.” E. Tadini
Francesco Tadini si augura che possiate trascorrere serenamente le ormai prossime festività e invita a dare uno sguardo al sito /archivio http://francescotadini.net (curato insieme a Melina Scalise, anche presidente dell’associazione culturale Spazio Tadini di Milano, il cui blog è http://spaziotadini.wordpress.com/).