Francofonia di Aleksandr Sokurov: la recensione

Creato il 14 settembre 2015 da Onesto_e_spietato @OnestoeSpietato

La Storia e l’Arte. La Storia raccontata, accaduta, immaginata. L’Arte osservata, eterna, che prende vita.

Francofonia di Aleksandr Sokurov era senza dubbio il film più atteso alla 72esima Mostra del Cinema di Venezia. E il regista russo, pur con un opera diversa da quella che ci si aspettava (ci si immaginava qualcosa di simile al celeberrimo Arca russa), non lascia indifferenti, proponendoci una tipologia di cinema più unica che rara, un esperimento che si fa opera d’arte totale.

Franco-fonia. Un canto alla Francia, una sinfonia dedicata al Louvre, museo che racchiude in sé, tramite l’Arte, tutta la Storia dell’uomo, dalle epoche più antiche a quelle più contemporanee. Tramite un montaggio che alterna il tempo presente a quadri e materiai di repertorio, Sokurov ci conduce in un viaggio che (ri)suona come un’elegia del cinema e delle arti tutte. Francofonia urla con forza quanto Sokurov non sia solo un “comune” regista, ma intellettuale, pensatore, quindi autore nel senso più nobile e alto del termine.

In Francofonia Sokurov gioca coi formati, in bilico tra documenti autentici e documenti ricostruiti, tra finzione e documentario, in un’opera che è Cinema nel senso più puro e profondo del termine. Francofonia è un film complesso, permeato da una poesia non per tutti, che non arriva al popolo grasso ma solo al popolo minuto, esempio di cinema oligarchico che riempie la mente prima che gli occhi. Un film diverso dal precedente Faust, sintomo di un regista che a 64 anni ha ancora voglia di creare, sperimentare, stupire. Il cinema è creazione e Sokurov crea come pochi sanno fare.

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