François Cheng - Elegia di Lerici, un altro pezzo della lunga poesia
Creato il 31 gennaio 2012 da RitacoltelleseFrançois Cheng
"Élégie de Lerici"
à Shelley Ô toi qui ressens, dis-nous ce que tu connais.Dis-nous jusqu'à quel degré de l'atroceL'homme est à même de creuser. Jusqu'auSans-fond? L'oubli n'étant plus de mise,La mort même n'y mettrait point fin?Toi qui as vécu de quête en quête, et périPar les vagues en furie, ces hautes vaguesQui ne sont que de ce globe sans pareil,Dis-nous ce que tu as appris sur son destin.
Lieu clos de damnation au sein d'un cosmos
Infini? Lieu d'expérimentation sans fin
Pou la génie du mal? Terre nôtre, astre noir!
Ce qui pouvet, il y a deux siècles, habiter
Ton immaginaire? Arène aux lions où la chair vive,
Portée par les vivats, se laissait déchiqueter
En lambeaux; salle de torture et bûcher public
Où la chair vive, à bout de cris, se consumait
Sous le fer rouge ou la flamme; champ de bataille
Où, s'offrant aux armes blanches, la même chair
Se faisait taillader jusqu'aux os, puis livrer
Aux corbeaux. L'humanité, en constant progrès,
Progresse certes, trop souvent dans l'horreur!
Ce dont nous pouvons témoigner après toi:
Aux femmes enceintes éventrées voyant leurs bébés
Projetés en l'air, aux hommes contraints de creuser
Leur fosse pour y être enterrés vifs, se joignent
Les victimes sans nombre des monstres modernes,
Bombes à fractions, à neutrons... toujours plus superbes,
Armes Chimiques, bactériologiques... toujours plus subtiles,
Wagons à bestiaux propres à broyer toute face humaine,
Usines à mort pour réduire en cendres âmes et corps.Poussières d'entre les poussières, vanité
Des vanités? L'oubli nous est-il encore permis?La mort peut-elle encore nous servir d'issue?Nous sommes fils des damnés, nous sommes Fils des martyrs! Leur soif, leur faimSont les nôtres. Leurs sanglots ravalésSont les nôtres. Nous leur devons de respirerLe printemps, d'expirer l'éternel étè,Nous leur devons de vivre la vie d'ici, d'yChercher encore les possibles jades enfouis.
Per chi non conosce il francese tento qui una traduzione per la comprensione del testo:
Elegia di Lerici
a Shelley O tu che senti, dicci quel che tu conosci.
Dicci fino a quale grado dell'atroce
L'uomo è in grado di scavare. Fino
al fondo estremo? Non essendo più l'oblio la veste,
Vi metterà fine la morte stessa?
Tu che hai vissuto cercando, e sei perito
Per le onde infuriate, queste alte onde
Che sono solo di questo globo senza pari,
Dicci cosa hai appreso del suo destino.
Luogo chiuso di dannazione o seno di un cosmo
Infinito? Luogo di sperimentazione senza fine
Per il genio del male? Terra nostra, astro nero!
Poteva ciò due secoli fa abitare
Il tuo immaginario? Arena dei leoni dove la carne viva
Portata dagli evviva, si lasciava dilaniare
in brandelli; sala di tortura e rogo pubblico
Dove la carne viva, all'estremo si consumava
Sotto il rosso ferro o la fiamma; campo di battaglia
Dove, offrendosi alle bianche armi, la stessa carne
Si faceva sfregiare fino alle ossa, poi consegnare
Ai corvi. L'umanità, in progresso costante,
Progredisce certamente, troppo spesso nell'orrore!
Quello di cui noi possiamo testimoniare dopo di te:
Alle donne incinte sventrate che vedono i loro piccoli
proiettati in aria, agli uomini costretti a scavare
Le loro fosse per esservi sotterrati vivi, si aggiungono
Le innumerevoli vittime dei mostri moderni,
Bombe a grappolo, a neutroni...sempre più superbe,
armi chimiche, batteriologiche, sempre più ingegnose
Carri bestiame atti a stritolare ogni faccia umana,
Fabbriche di morte per ridurre in cenere anime e corpi.
Polveri fra le polveri, vanità
Delle vanità? L'oblio è ancora permesso?
Può ancora la morte servirci come uscita?
Siamo figli dei dannati, siamo
Figli dei martiri! La loro sete, la loro brama
Sono le nostre. I loro singhiozzi umiliati
Sono i nostri. Dobbiamo loro il respirare
La primavera, espirare l'eterna estate,
Gli dobbiamo il vivere la vita qui, cercarvi
Ancora le possibili seppellite pietre.
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