Frankenstein Jr, Mel Brooks ululà e Gene Wilder ululì

Creato il 15 settembre 2014 da Nicola933
di Michele Giacci - 15 settembre 2014

Di Michele Giacci. L’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, l’organizzazione che ogni anno assegna i premi Oscar, il 9 settembre ha organizzato una proiezione speciale per festeggiare il 40esimo anniversario del film Frankenstein Junior (Young Frankenstein). All’evento, tenutosi al Samuel Goldwyn Theater di Beverly Hills, California, erano presenti , le attrici Cloris Leachman (la Frau Blücher del film), Teri Garr (l’assistente Inga), il produttore Michael Gruskoff e ovviamente il regista e sceneggiatore Mel Brooks che, per l’occasione, ha impresso l’impronta delle proprie mani nel cemento entrando a far parte del Walk of fame. Rito eseguito a suo modo: il regista infatti ha aggiunto alla sua mano sinistra un sesto dito, per un’impronta più unica che rara.

”Da quel fatale giorno in cui fetidi pezzi di melma fuoriuscirono dalle acque ed urlarono alle fredde stelle: “io sono l’uomo” il nostro grande terrore è stato sempre la conoscenza della nostra mortalità, ma stanotte lanceremo il guanto della scienza contro lo spaventoso volto della morte stessa, stanotte noi ascenderemo nell’alto dei cieli, sfideremo il terremoto, comanderemo il tuono, e penetreremo fino nel grembo dell’impervia natura che ci circonda.”

I film di Brooks non sono solo divertenti, sono aggressivi e sovversivi, ci fanno ridere anche quando dovremmo offenderci. Frankenstein Jr., invece, non solo è divertente e sovversivo, ma mostra una crescita artistica e un sicuro autocontrollo del materiale da parte di un regista che un tempo sembrava disposto a fare letteralmente qualsiasi cosa per una risata e molto spesso senza riuscirci.

Frankenstein Jr è più di una semplice parodia, anzi, molto probabilmente non lo è per niente. E’ vero che trae ispirazione dal racconto di Mary Shelley ma quella di Brooks è un’opera così piena di stile da sembrare l’ennesima trasposizione del romanzo. Eppure, non ci sarebbe bisogno né di una lezione di letteratura inglese né di guardare gli altri film per godersi il capolavoro di Brooks, ma è comunque consigliabile. L’attento confronto aiuta ad apprezzare l’omaggio visivo accurato di Brooks e il fervore con il quale lo straordinario Gene Wilder rende al meglio la follia del Dottor Frankenstein (Frankenstin)

Brooks fa un uso controllato e attento della fotografia in bianco e nero che cattura le atmosfere dei film precedenti. Egli utilizza dispositivi visivi vecchio stile ed effetti speciali volutamente banali (l’uso di un fondale durante il viaggio in treno), alza il volume della musica e dei bassi impartendo lezioni di thriller e ha anche affittato il laboratorio originale di Frankenstein (1931), con gli strumenti di energia elettrica, effetti speciali ad alta tensione, e piattaforme elevatrici per intercettare i fulmini.

Il film è una parodia di uno stile e non solo del materiale. E ciò sembra proprio che lo renda ancora più divertente. E poi, paradossalmente, funziona su un paio di livelli: in primo luogo come commedia, e poi come una storia stranamente toccante a sé stante. Si ride sbandando da giochi di parole a comicità fisica, eppure, nonostante tutto in qualche modo, non distrugge l’illusione creata di trovarsi di fronte il solito vecchio film sul solito vecchio mostro.

Wilder è il giovane Frankenstein, sobrio, serio, arrogante giovane medico del mondo classico che finirà col diventare uno scienziato pazzo. I suoi capelli sembrano cambiare forma ad ogni esplosione di follia. Peter Boyle è un formidabile Mostro, riesce persino ad emozionare sotto il pesante trucco, il collo serrato e gli stivali con le zeppe. La loro “Puttin ‘on the Ritz” è probabilmente il miglior duetto hollywoodiano dai tempi di Ginger Rogers e Fred Aistere.

Ma gli assistenti non sono da meno. Marty Feldman è Igor (cioè Ai-gor), il maggiordomo di famiglia stralunato con una gobba in continua migrazione da un lato della schiena verso l’altro, diventato vera e propria icona del film, e Teri Garr è la sensuale Inga. Cloris Leachman è geniale nel ruolo della feroce governante Frau Bluecher (nitrito di cavalli), memorabile nella scena in cui rivela il suo rapporto con nonno Frankenstein.

Madeleine Kahn brilla nel ruolo della frigida fidanzata di Wilder, che si scioglie come una leonessa dopo il rapimento da parte del Mostro, e finendo col somigliare ad Elsa Lanchester in La moglie di Frankenstein (1935) dopo una calda notte in compagnia di un grosso Schwanzstück. In una parodia di una scena toccante del film originale di Frankenstein, Gene Hackman interpreta Abelardo, l’eremita cieco che invita il Mostro a condividere la sua umile cena e dimostra le sue maldestre abilità da cameriere. La commedia fisica è impagabile e verrà saccheggiata da qualsiasi film.

Aggiungici cittadini spaventati e inferociti con forconi, un ispettore che sembra sospetto come il dottor Stranamore, e il quadro si completa con uno dei più divertenti cast nella storia della commedia americana che a distanza di 40 anni conserva ancora lo smalto di un tempo.


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