Le cose che non mi sono piaciute in The Tree of Life di Malick: i dinosauri, certo, figuriamoci se puo' piacere una simile idiozia, per quanto, va detto, presentati in modo inquietante, come visioni di un altrove mai esistito; il fatto che, purtroppo per lui e per noi, Malick con La sottile linea rossa abbia inventato un modo di raccontare e filmare e che poi non sia stato in grado di cambiarlo mentre altri meno bravi di lui, specie se giovani o indie, lo copiavano e trasformavano quel modo di filmare in maniera: per cui ora lo stile do Malick e' involontariamente la maniera di se stesso, ripetuto altre due sole volte (qui e nel precedente The New World) ma visto un'infinita' di altre. E poi, infine, tutta la parte con il paradiso dei vivi e dei morti, davvero agghiacciante e pure un po' ambigua, girata come una pubblicita' di macchine di lusso, tra le Death Valley e l'Antelope Canyon, sempre malgrado Malick, per carita', ma qui mi viene da dire che un grande regista dovrebbe sapere quando un canone visivo viene svilito dalla sua commerciabilita'.
Totale: The Tree of Life e' un film sbagliato, difficile da difendere, per quanto a tratti straordinario. C'e' tutta il senso dell'americanita', la natura contro la grazia, il potere contro lo spirito, i pugni, Dio e la chiesa. C'e' tutto Malick, ma forse questa volta non e' un bene, perche' sorge la paura che sotto la superficie non ci sia troppo. O meglio, ci sarebbe tanto, tantissimo se la componente visionaria del film fosse ridotta a zero.
Bisognerebbe essere tanto amici di Malick per convincerlo a tagliare il film di almeno quaranta minuti, lasciare solo le parte "realistiche" e trasformarlo nel suo ennesimo capolavoro. Perche' tutto quello che in The Tree of Life c'e' in piu' finisce per mangiarsi il film o per renderlo a noi spettatori un po' indigesto.
PS: la sola cosa che mi ha esaltato della parte metafisico-spirituale e' che a un certo punto si vede Sean Penn fare la stessa cosa che sto facendo io nella foto che ho messo qui sopra. Il piu' grande momento di gloria mediatica della mia vita.