Fratelli Carli: tradizione e ricerca

Da Anna Maria Simonini @AMSimo

Il concetto che più facilmente si associa a un’azienda come F.lli Carli è quello della tradizione: a citare Olio Carli salta sempre fuori qualcuno che lo usa o che lo ha visto usare in famiglia. Ci vuole una visita all’azienda, come quella che abbiamo fatto noi qualche tempo fa, per capire che F.lli Carli è sì da un lato perfettamente integrata con la storia anche millenaria dell’olio – e lo testimonia il Museo dell’Olivo, aperto al pubblico ma inserito nel campus dell’azienda, a Imperia – ma è anche fortemente orientata all’innovazione e alla sperimentazione, portata avanti in una parte dei propri oliveti, sempre nella zona dell’oliva taggiasca DOP.
Proprio da questa parte – l’innovazione e la ricerca – conviene partire.

È dal 2004, quindi relativamente da poco rispetto al suo secolo di storia, che F.lli Carli ha costituito una azienda agricola propria in cui coltivare – anche con metodi sperimentali, o comunque innovativi rispetto alla tradizione locale – la taggiasca. Si tratta di circa tremila piante di olivo distribuite su 13 ettari di estensione.
La coltura scelta per le piante di olivo è a vaso policonico: a circa un metro da terra il fusto viene diviso, con un primo intervento di potatura dopo un anno dalla messa a dimora, in tre-quattro rami principali che si allontanano dall’asse centrale inclinati a 45 gradi. In questo modo i rami secondari sono rivolti tutti verso l’esterno e l’olivo si può lavorare sempre da terra. Comodità a parte, questa coltivazione permette di avere una produzione ogni anno invece che ogni due-tre: la produzione annuale è più contenuta di quella pluriennale (35-40 chilogrammi invece di una cinquantina) ma il risultato complessivo è superiore.
Altro settore di miglioramento è l’irrigazione. A quella tradizionale sulle radici è stata affiancata quella sul fogliame: lavorare maggiormente sulla foglia comporta meno costi e una ottimizzazione dell’assorbimento dell’azoto da parte della pianta, assorbimento quasi immediato rispetto al tempo necessario (circa 15 giorni per una diffusione completa) con l’irrigazione tradizionale.
Si sta lavorando anche sulla pezzatura dell’oliva taggiasca, cercando di raddoppiarla. Dato che questo tipo di oliva è uniforme, a fare la differenza è la coltura ed è su questa che si interviene. Tecniche altrettanto naturali vengono esaminate per anticipare la raccolta, cercando di portarla a novembre invece che febbraio. In questo modo si può evitare una perdita di prodotto stimata intorno al 30 percento, perdita legata a cause naturali ambientali. In questa ricerca F.lli Carli collabora in particolare con la sezione di Spoleto del Centro Ricerche in Agricoltura – Istituto Sperimentale per l’Olivicoltura, capitanata dal professor Giorgio Pannelli.

Come per qualsiasi altro produttore di olio, parte della ricerca degli specialisti di F.lli Carli è legata al miglioramento della lotta contro la mosca olearia. La minaccia da evitare non è semplicemente la perdita diretta di parte della produzione ma anche una diminuzione della qualità dell’olio: usare olive intaccate porta a produrre un olio con più acidità e meno stabile per una presenza rilevante di perossidi. Un problema in generale, un peccato nel caso della oliva taggiasca, che di suo produce un olio ricco di antiossidanti.
Il tipo di difesa contro la mosca dell’olivo scelto da F.lli Carli modula l’intervento chimico collegandolo a un monitoraggio costante delle condizioni ambientali e della presenza dell’insetto. Questa è ovviamente un segnale diretto dell’attacco e viene rilevata con trappole a feromoni inquadrate costantemente da telecamere. In questo modo si interviene con sostanze chimiche protettive solo quando effettivamente è utile, mantenendo il più bassa possibile la concentrazione degli interventi fitosanitari e, nella produzione, un residuo zero di dimetoato.
Pollice verso, invece, per la lotta completamente biologica. Le pur costose trappole biologiche hanno portato risultati insufficienti per garantire una produzione di qualità. Il “bio”, insomma, per quanto simbolo di naturalità, non è sempre sinonimo di un buon prodotto.

La ricerca condotta da F.lli Carli ha ricadute dirette sulla sua produzione del DOP extra vergine Riviera Ligure – Riviera dei Fiori, che è un monocultivar di sole olive taggiasche, ma indirettamente interessa anche i molti fornitori dell’azienda. A parte il DOP, infatti, gli altri extra vergine commercializzati sono dei blend: una scelta precisa fatta perché il “feeling” di questi olii resti costante e non sia influenzato dalle variazioni che può avere, da un’annata all’altra, un particolare cultivar. Per gli olii non prodotti direttamente l’attenzione alla qualità si concretizza in modo diverso, con una forte selezione: nel corso del 2010 sono stati rifiutati circa duemila campioni sottoposti per la fornitura.
Gli olii acquistati da F.lli Carli sono di provenienza italiana, greca e spagnola. Spagna, Italia e Grecia sono d’altronde i principali produttori mondiali di olio, in un certo senso i terminali odierni di una storia che inizia millenni fa altrove, presso i Fenici, ma che poi coinvolge la civiltà Romana e, tramite questa, tutto il bacino del Mediterraneo. Questa storia è tratteggiata nel Museo dell’Olivo, ospitato nella vecchia sede di F.lli Carli, a pochi metri da quella attuale. Qui sono esposti moltissimi oggetti: dalle anfore romane per trasportare l’olio alle lampade di fine Settecento; dalle macine spinte a forza di mulo alle stufe a sansa; dai mobili in legno d’olivo ai contenitori per olio medicinale o cosmetico.

Dal Museo la visita può proseguire all’interno dell’azienda, dove si descrive la storia più contenuta – dal 1911 a oggi – della F.lli Carli. Anche qui si procede per “reperti” – come il primo tipo di damigiana commercializzata – e documentazione storica, cogliendo i vari momenti in cui l’azienda è cresciuta in dimensioni e offerta.
La visita all’azienda si snoda tra i reparti che consentono l’attività quotidiana odierna: il Centro Elaborazione Dati, storicamente il primo della Liguria, ancora oggi autonomo; il call center per gli ordini telefonici italiani; il reparto che cura gli ordini non telefonici (via Internet, ma c’è chi non lascia la buona vecchia posta tradizionale); il call center per i mercati esteri, soprattutto Austria, Francia, Germania, Stati Uniti e Svizzera, che insieme contano circa 250 mila clienti contro i 600 mila italiani.
A pochi metri c’è il reparto di imbottigliamento e confezionamento: otto linee equamente divise fra extra vergine e olio di oliva, automatizzate sino alla cellofanatura dei pallet compresa. Dopo, c’è solo la spedizione diretta al cliente. Tutta questa catena produttiva garantisce che l’olio arrivi da chi lo consumerà con una “età” di al massimo due settimane, molto meno dei mesi che, secondo F.lli Carli, ha come minimo già vissuto l’olio da scaffale, indipendentemente dalla marca.
A questo punto risulta difficile per chiunque non concludere la visita ai 700 metri quadrati dell’Emporio aziendale. Qui si trovano tutti i prodotti commercializzati da F.lli Carli, una sezione cucina per degustarli al meglio – noi l’abbiamo fatto grazie a Enrico Calvi, chef del ristorante Salvo i Cacciatori di Imperia – e il Centro del Sapore, una sala attrezzata per assaggi professionali e sede di attività teoriche e pratiche aperte al pubblico.


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