Il 2014 è finito da un po’ ormai e penso sia giunto il momento di rendere gloria a tutti quei dischi usciti l’anno scorso (e sono parecchi) che, per un motivo o per l’altro, non hanno ottenuto lo spazio che meritavano. A mente fredda posso tranquillamente dire che il 2014 è stato un anno fondamentalmente del cazzo per quanto concerne il metallo: tanti dischi come al solito, ma di gemme vere e proprie se ne sono viste pochissime. Il resto è stato un susseguirsi di compitini ben fatti, mediocrità, mezze puttanate and so on. Grazie al Demonio però di roba buona ce n’è stata, tutta o quasi concentrata nella seconda metà dell’anno. E proprio su questi dischi intendo darvi delucidazioni, ché a Metal Skunk non lasciamo mai le cose a metà.
Iniziamo con i THANATOS, di cui vi parlai qui. Global Purification suona esattamente come me l’aspettavo: death metal di matrice anni ’90, europeo che pure la Merkel s’è commossa, quadrato e robusto. Li si potrebbe accusare di scarsa originalità e tutte quelle menate che puntualmente sento pronunciare in giro quando si parla di dischi di questo tipo, poi vai a vedere e gli autori di cotanta sapienza c’hanno la maglietta dei Periphery e fondamentalmente non capiscono un cazzo di come gira il mondo. Non che ci sia granché da dire su un disco come questo, intendiamoci, se masticate un minimo il death metal e conoscete i Thanatos sapete già cosa aspettarvi. Viva il death metal.
Rimaniamo su coordinate di ignoranza e cafonaggine con i BOMBS OF HADES; il loro Atomic Temples è uscito a maggio e, non so per quale motivo, mi è sfuggito del tutto. È strano, considerando che la loro discografia è di tutto rispetto, pur essendo ancora abbastanza risicata. Questi ragazzi tra l’altro hanno in forze il buon Jonas Stålhammar, valente cantante che prestò i propri servigi ai The Crown in occasione di Doomsday King (salvo poi essere defenestrato in occasione del ritorno di Johan Lindstrand). Ed è proprio con loro che i Bombs Of Hades condividono più di un aspetto. Fin dalla prima nota salta all’orecchio quell’attitudine in your face che sa di rock’n’roll lontano chilometri. Death misto a thrash con una spruzzata di crust e tutte quelle cose che a noi piacciono tanto. Da tenere d’occhio.
Chiudiamo la carrellata di sozzume e maleducazione con i MIASMAL. A loro sono particolarmente affezionato avendo avuto l’occasione di vederli in sede live durante la mia calata capitolina con gli eccellenti Ciccio Russo e Trainspotting. Cursed Redeemer è il secondo full di questi svedesi aficionados del death più truculento made in Svezia. Il disco è un tripudio di chitarre zanzarose e tupa tupa alla primi Entombed. Mi rendo sempre più conto di come sia impossibile per me non apprezzare dischi come questo, pur essendo conscio che non spostano il discorso di mezzo millimetro. Sarò io ignorante o poco incline alle novità, ma per me lavori di questo tipo sono come la pasta al sugo della nonna: semplice e forse banale ma cazzo se è buona.
Ora, siccome non vorrei pensaste che sono un bruto che nel tempo libero si fa i selfie con le capre in montagna con tanto di mano a corna, alzo l’indice Oxford dell’articolo con i BLACK CROWN INITIATE. Parlai di questi ragazzi in occasione del pezzo sugli EP di due anni fa. Bene, sono finalmente approdati al traguardo del debutto sulla lunga distanza e The Wreckage Of Stars si rivela una piacevolissima continuazione del discorso intrapreso con Song Of The Crippled Bull: death metal immerso nel progressive, adornato con atmosfere eteree alternate a sfuriate dalla precisione chirurgica per quanto concerne ritmi e intensità. Probabilmente avrebbe meritato una recensione a parte, trattandosi di un lavoro complesso, ma prendete per buona la recensione dei Fallujah, siamo sulle stesse coordinate.
Se i Black Crown Initiate vi fanno sentire pieni di energia positiva e pronti a spaccare il mondo, ecco come i TORTORUM vi prendono a ginocchiate in faccia facendovi ricordare che alla fine cenere siamo e cenere ritorneremo. Conobbi Katabasis per puro caso, grazie ai consigli di Spotify, il che è assurdo considerando che otto volte su dieci non capisce un cazzo, del tipo ‘abbiamo visto che ti piacciono i Disgorge, ascolta l’ultimo disco di Pupo!’ e non sto scherzando. Ad ogni modo, ‘sto disco è di un’oscurità opprimente, se l’anno scorso non fossero usciti pure i Dead Congregation, probabilmente Katabasis sarebbe stato eletto a disco catacombale dell’anno ma nulla toglie che si tratta di un lavoro rispettabilissimo: death metal con spruzzate black a tinte esoteriche, una via di mezzo tra gli Incantation e i Deathspell Omega degli inizi. L’unica critica che si può muovere a questi ragazzi è un’eccessiva prolissità che emerge neanche troppo raramente durante i 52 minuti del platter, fosse durato una decina di minuti in meno avrebbe detto tutto comunque e in maniera più forte ma tant’è.
Chiudo con un bonus da parte dei VAMPIRE, che l’anno scorso hanno sfornato un discone che ai più è passato inosservato, e qua faccio un mea culpa: