A cura di Federica Frezza
Titolo: May contain some traces of MagicAutore: Tom HoltPrezzo: 12.99£Dati: 2009,352p.,hardcoverEditore: OrbitLETTO IN LINGUA INGLESE, NON ANCORA TRADOTTO IN ITALIANOIl catalogo di Tom Holt non sembra essere particolarmente popolare in italiano, tanto che
May contain traces of Magic è il titolo di un libro uscito nel 2009 e ancora non disponibile in lingua nostrana.Tom Holt è un autore che apprezzo tantissimo, principalmente per la capacità che ha di seminare a manate l'inusuale e il bizzarro nelle vite dei suoi personaggi che altrimenti sono dolorosamente simili a quelle di chiunque altro. Quei semi sparpagliati germogliano come fagioli magici, e tutto quello che ti resta da fare è scalare le piante fin sopra le nuvole per vedere il panorama da lassù.Essere un personaggio di Tom Holt però deve essere stressante: un attimo hai un lavoro normale, una fidanzata e una casa identiche a quelle del tuo vicino e un attimo dopo il parcheggio portatile multi-dimensionale si mangia la tua macchina e l'ACI si rifiuta di andartela a prendere.Oppure la via in cui abiti rimane incastrata in una distorsione spaziale per cui nessuno che ne sia al di fuori può entrare e nessuno che ne sia all'interno può uscire.Chris Popham è uno di questi sciagurati personaggi. E' un rappresentante, abita con Karen che conosce dai tempi del liceo nonostante si tratti di una seconda scelta, perché è della sua amica Jill che è segretamente innamorato, non ama né eccelle nel proprio lavoro.Solo che il suo lavoro consiste nel vendere prodotti della JWW (J.W. Wells), articoli dall'uso quotidiano tesi a rendere la vita dell'uomo più semplice grazie alla magia.Alcuni prodotti sono ottimi, prendi una Tempesta In Tazza per far piovere per sei settimane consecutive, in Inghilterra devono venderne a dozzine; altri no, per esempio, a cosa diavolo serve l'Acqua In Polvere? Nessuno lo sa, ma la comprano tutti.E attenzione ai navigatori: creano dipendenza e in alcuni rari casi portano alla morte.Il catalogo dei prodotti che Chris deve vendere è immaginifico e divertentissimo, cosa darei per una copia de Il Libro Dell'intera Conoscenza Umana, che è privo di indice e ti lascia leggere soltanto quello che ti serve sapere in un dato momento.Ma il resto delle sue giornate è grigio e noioso, tanto che con questa vita un po' insipida e ripetitiva Chris è ai margini di una società in cui, chi è dotato, si occupa di disinfestazioni di demoni, creature assassine ed aggressive che si nutrono di tristezza e disperazione umana. Inutile a dirsi: niente è quello che sembra o lo rimane a lungo (non fidarti dei metri a nastro!) e Chris finirà sballottato di qua (prima) e di là (dopo) rispetto ad un minuto cruciale della vita propria e di chi gli sta intorno, finché non sarà in grado di capire cosa stia succedendo superando la pigrizia e i limiti che era convinto di avere.Il che è magnifico.Questo libro però ha un grave difetto: per qualche ragione la sua trama si arriccia su se stessa al punto che è difficile instaurare gradi di empatia con i protagonisti. Lo svolgersi dell'intreccio non è dei più chiari ed alcuni nodi della narrazione vengono risolti con una metamorfosi del personaggio non del tutto credibile (esempio privo di spoiler: qualcuno che fin dall'inizio del libro venga presentato come allergico alle noci che risolve il conflitto finale masticando con gusto una torta alle noci). Alcuni indizi sono gettati in mezzo alle frasi meno significative in modo così intelligente che a volte è difficile coglierli. Oppure qualcosa ti ha insospettito ed il risultato è che ti ritrovi a leggere con un livello di attenzione simile alla paranoia, convinto che ogni singola parola sia un indizio, mentre è soltanto un mazzolino di false piste e tu ti sei perso (e non puoi fidarti del tuo navigatore satellitare).Il ruolo del "nemico" è troppo vago e sembra che nessuna fazione voglia prendersi addosso la bandiera del cattivo per troppo tempo, il che risulta in un panorama un po' confuso in cui non sai più da che parte stare.Credo sia uno di quei libri per i quali una seconda lettura è più che consigliata.Un dato certamente positivo è il titolo, azzeccatissimo: è un libro con alcuni difetti, a mio parere, ma contiene senza dubbio, qua e là, tracce di magia. E sono convinta che, se anche la nostra vita fosse condita di magico come quella di Chris, anche tu ed io saremmo un po' confusi dopotutto.Titolo: The HelpAutrice: Kathryn StockettPrezzo: 18.00€Dati: 2012,524p.,rilegatoEditore: Mondadori (collana Omnibus)
Per il libro già disponibile anche in italiano ho pensato a L'aiuto di Kathryn Stockett, l'ho finito da poco ed ho appena visto il film, con mastodontico ritardo rispetto all'Oscar ad Octavia Spencer come miglior attrice non protagonista.Aprirò le danze dicendo che ho apprezzato il libro. E anche il film. MA.Perché c'è un ma, anzi, più di uno. Qualche anno fa ho letto ed adorato La vita segreta della api, che ho regalato a destra e a manca e consigliato anche più spesso (non ho mai visto il film, però, chissà perché!). Le due storie hanno molti elementi in comune: sono entrambe ambientate negli anni '60 nei momenti difficili dei diritti civili, L'aiuto a Jackson Mississippi, La vita segreta in Sud Carolina.Entrambi i libri devono scendere a patti con infanzie più o meno complicate, ma certamente rese più dolci dalla presenza delle tate: premurose, affettuose ed accoglienti donne di colore che crescono bambini bianchi con la dedizione e la cura che le loro madri non sono in grado di mettere insieme.Il modo in cui i libri affrontano il problema della discriminazione però è incredibilmente diverso, a mio parere: dove La vita segreta osserva il mondo e i suoi enormi problemi dalla prospettiva di un microcosmo personale, L'aiuto decide di mettere in piedi un progetto grandioso e rischioso per dire la propria tra le grida della piazza principale.Entrambi i libri, a mio parere, offrono uno spaccato degli anni '60 in America meravigliosamente vivo, vibrante di emozioni autentiche che si trasmettono facilmente anche a chi, come un europeo, conosca il problema più per sentito dire che per esperienza personale.Chiariamoci bene, è quasi superfluo specificare come l'Europa grondi della sua dose di sangue, le persecuzioni e gli odi etnici spesso troppo recenti perché si possa sperare di dimenticarli (per quanto imparare da essi è certamente già possibile); ma se non altro l'assenza di un'eredità pesante come la schiavitù ha risparmiato al vecchio continente gli esatti eventi di cui discutono questi due libri.Ora, per esporre le mie deboli obiezioni porterò un altro elemento in campo, cioè Il mercante di Venezia. Capolavoro e personale favorito, dipinge Venezia divisa e ferita dall'odio ed il disprezzo allora riservato agli ebrei, per ragioni economiche e religiose così legate le une alle altre da rendere difficile distinguerle.L'Inghilterra elisabettiana era profondamente antisemita, gli ebrei inglesi erano stati espulsi dal paese sotto Edward I e non fu loro permesso tornare fino al 1656 con Oliver Cromwell. A Venezia come altrove erano costretti ad indossare un cappello rosso in pubblico per poter essere facilmente identificati e a vivere in un ghetto.L'usura diventava spesso il loro carattere distintivo, ed erano ridotti a crudeli caricature in teatro.Alcuni credono che Shakespeare prosegua in questa tradizione, mostrando la carità e la preziosa dote della pietà nei suoi personaggi cristiani; la conversione forzata di Shylock diventa in questo punto di vista una sorta di lieto fine, che comporta la salvezza della sua anima e l'accesso al Paradiso.Shakespeare probabilmente non sarebbe stato comunque nella posizione di affermare nulla di diverso, ma come le migliori composizioni musicali aveva un approccio molto logico e preciso ai problemi che i suoi personaggi dovevano risolvere; non solo, aveva la magica abilità di costruire personalità complesse e multi sfaccettate. Se esaminato il problema de Il mercante di Venezia è evidente come in realtà... Shylock abbia ragione. Secondo molti, me compresa, Shylock è l'eroe. E' vero, pecca nella sua incapacità di perdonare, ma ha diritto di fatto a quello che pretende. E mentre gli altri protagonisti della storia banchettano e gioiscono è l'unico a dover affrontare sofferenze e punizioni terribili.Il risultato è che può capitare di uscire dalla lettura/rappresentazione dell'opera con la convinzione che i peccati, i pregi e i desideri siano, effettivamente, privi di nazionalità e colore della pelle.In questo, quando Shylock viene condannato, non c'è niente di antisemita, secondo me; anzi, mi schiero con chi sostenga che Shylock sia il dipinto di un uomo in cui rimane visibile una natura nobile e grande, sminuzzata da anni e generazioni di oppressione ed offese. Gli viene dedicato uno dei più efficaci monologhi tragici in quella che di fatto è una commedia, una preghiera di tolleranza ed uguaglianza che, quali che fossero le intenzioni di Shakespeare, svela l'ipocrisia dei suoi accusatori cristiani.Ma sto divagando. Il punto è: Il mercante di Venezia (1596-98) è un'opera che tratta il problema della discriminazione con la voce di chi non poteva far altro che discriminare, vuoi per la società in cui era immerso, per la posizione da cui veniva composto, etc. etc. Eppure, forse anche grazie al cambiamento della sensibilità di chi legge ed osserva, ha cambiato il proprio approccio al problema, e adesso può permettersi di apparire parziale nei confronti di un personaggio che, quattrocento anni fa, chiunque avrebbe identificato come il cattivo.In cosa questo si collega a L'aiuto e La vita segreta delle api?E' vero, paragonare chiunque a Shakespeare è pura cattiveria. Ma il punto è che, in particolare con L'aiuto, mi sono trovata a chiedermi se non stessi assistendo ad un pentimento pubblico. Mi spiego: la cattiva de L'aiuto è così cattiva da sembrare Crudelia Demon. Non ci è dato sapere perché sia così incredibilmente cattiva, se non forse per una sindrome del controllo e dell'apparenza che abbia ormai raggiunto livelli cronici.In una storia che apra alla comprensione, che voglia essere inclusiva, manca completamente la parte in cui i personaggi americani disossino il perché del loro odio. E' un litigio in cui una delle due parti si rende conto di quanto stupidamente si sia comportata e scelga soltanto di chiedere scusa con voce altissima, senza entrare nel dettaglio del capire. Non sono mai riuscita a dimenticare, né durante il libro né durante il film, che questa è una storia scritta nell'America di oggi, che sceglie di offrire una caricatura di sé che non ne esamina le radici, un po' come a dire "guarda com'ero stupido e cattivo, per fortuna adesso sono illuminato, meno male che ho capito e ora sono buono".E' scontato il fatto che, quale che sia la strada per arrivare alla tolleranza universale, il punto cruciale sia il risultato, ed è affascinante, avendo letto entrambi i libri, leggere due approcci diversi al problema.Ma se La vita segreta e L'aiuto parlano di un odio immotivato sedato da un amore dolcissimo, Il mercante di Venezianon può parteggiare apertamente, ma spiega nel dettaglio perché sarebbe giusto farlo.Quindi, per quanto L'aiuto sia un libro emozionante, che dipinge i sentimenti di tantissime splendide figure femminili, sparpagliandole per generazioni e classi sociali, per quanto, come La vita segreta delle api, racconti storie perfettamente credibili che scaldano il cuore, trovo che manchi il bersaglio nell'aprire gli occhi, nell'esaminare un peccato con l'obiettività che permetta di poterlo evitare in futuro.Certo, probabilmente non era questo il punto. Se il punto era comporre una storia fortemente emotiva, di rapporti umani, in particolare di rapporti femminili, nel mezzo di una tempesta troppo grande per essere nominata, il bersaglio è centrato eccome.Non chiederle altro. Se vuoi dell'altro c'è Portia.