Freelance: bye bye sensi di colpa

Creato il 03 ottobre 2012 da Kalaris @EssereFreelance

Oggi parliamo di senso di colpa e di progetti personali. No, non mi riferisco al senso di colpa causato da quel cookie(s) che proprio non dovevi mangiare, dato che da qui a due mesi speri di rientrare nei jeans che conservi nell’armadio da 10 anni. Oggi parliamo di come l’inseguimento di un sogno personale possa causare nella mente del freelance una serie di pensieri viziosi che culminano tutti nel deleterio senso di colpa. L’idea d’affrontare questo discorso mi è venuta leggendo questo articolo, al quale ti consiglio di dare uno sguardo: dimostra che le paure di chi lavora per proprio conto sono uguali in tutto il mondo, e dato che il mal comune è un mezzo gaudio, perché non affrontarlo insieme?

Affondiamo la penna nel problema: quali sono i progetti che stimolano i sensi di colpa del fragile freelance? Quelli personali, è ovvio. I motivi sono semplici e ruotano tutti intorno al vile denaro, che per altro non basta mai e ci consente di pagare bollette, comprarci il nuovo kindle e portare in tavola un tozzo di pane e tanta fantasia.

I 4 sensi di colpa del freelance creativo

Problem 1: quando lavoro ad un mio progetto, non sto guadagnando una lira.

Problem 2: se scelgo di lavorare ad un mio progetto sto rubando del tempo a progetti altrui (da leggersi sto limitando la mia possibilità di guadagno).

Problem 3: se lavoro a progetti personali, piuttosto che a lavori su commissione temo che la stima degli amici nei miei confronti diminuisca (proporzionalmente al conto in banca).

Problem 4: ho paura di perdere tempo inutilmente (e perdere dunque possibilità di guadagno interessanti e clienti).

Scagli il primo mouse il freelance che non è stato attraversato da almeno uno di questi pensieri.

Progetti personali come investimenti a lungo termine

Quando ho in testa un progetto personale che desidero realizzare (penso alla creazione di un sito, alla realizzazione di una startup, alla pubblicazione di un ebook o di un romanzo) la domanda che mi pongo è sempre la stessa: ci credo veramente? E poi: quanto tempo sono disposta ad investirci? Ed infine: ho una base economica stabile questo periodo che mi consenta di limitare i guadagni?

Se dopo questo breve briefing con me stessa scelgo se buttarmi nella realizzazione del progetto, per seminare i sensi di colpa io tengo sempre a mente che:

  • i progetti personali sono investimenti a lungo termine. Curare la propria creatività personale è uno dei modi migliori per dimostrare la propria professionalità. Personalissime attività che in molti hanno considerato una vera e propria perdita di tempo, mi hanno consentito invece, nel lungo periodo, di trovare collaborazioni parecchio stimolanti. Penso ai miei diari di viaggio, o ai miei articoli DIY o ai post che pubblico su EssereFreelance, ottima vetrina nella quale mettere in mostra le proprie capacità. Se poi avessi dato retta a chi mi sconsigliava di perdere tempo per scrivere i miei due libri, beh, a quest’ora forse farei un altro lavoro. Lavorare ad un progetto personale è un po’ come investire nel proprio futuro: il rischio c’è sempre ma è ben’accetto;
  • i progetti personali accrescono la mia creatività. L’ho già detto in una miriade di altri post: scrivere nel proprio sito, scrivere il proprio ebook, creare la propria pagina fb accresce la creatività, rinnova le idee, aiuta ad evadere dalla quotidianità, stimola le speranze e perché no, consente di conoscere una marea di persone nuove che presto o tardi potrebbero diventare clienti.

Consigli pratici

Quel che conta ricordare è che lavorare ad un progetto personale non significa assolutamente smettere di lavorare! La parolina magica è sempre la stessa: organizzazione, concetto indispensabile per chi ha il proprio #ufficioincasa.

Io personalmente scelgo di fissarmi dei piccoli obiettivi a cadenza giornaliera o mensile e mi impongo di lavorare ai miei progetti personali almeno 2 ore al giorno.

Tu?

Come fai convivere la realizzazione di progetti di lavoro e personali?

@Kalaris

Photo Credit: Jonathan Ogden

{lang: ‘it’}