Il VELINO lo ha chiesto al professor Augusto Preta, rappresentante per l’Italia nell’International Institute of Communications e Ceo della società ITMedia Consulting. "La base d’asta è bassa perché questa gara arriva troppo tardi – ha premesso Preta -. Molti dei potenziali acquirenti si sono fatti da parte e non hanno più un interesse reale”. Perché il 2014 è troppo tardi? “Nel 2010, quando si cominciò a parlare dell’asta delle frequenze tv, il mercato del digitale terrestre era praticamente vergine e c’era ancora una fetta di mercato stimabile tra i 300 e i 400 milioni di euro l’anno per la raccolta pubblicitaria da accaparrare. Ad oggi – ha aggiunto Preta - quel mercato è saturo e i broadcaster lo sanno. Nel 2010 gli ascolti del digitale terrestre (al netto dell’offerta generalista, ndr) erano il 4-5 per cento del mercato, ora complessivamente vanno tra il 30-35 per cento. Quella fetta di audience si è dunque accasata”.
Siamo al cospetto di un mercato televisivo con soli posti in piedi? “Non solo – ha aggiunto Preta - c’è anche un problema di saturazione delle reti. Si è costituito un consorzio tra Ti Media e il Gruppo l’Espresso che può garantire anche cinque multiplex sul mercato, e stiamo parlando di ottime frequenze”. Insomma la concorrenza aumenta e c’è dietro l’angolo un terzo polo delle reti che abbassa il valore dei Mux? “Lo ha già abbassato”. Con questa base – dicono gli addetti ai lavori - è lecito attendersi un’entrata non superiore ai 300 milioni di euro. “Credo proprio che sia una cifra sovrastimata. Per fare cassa – ha chiosato Preta – non resta che sperare in un nuovo entrante con molti contenuti di qualità da offrire al grande pubblico”. In pratica l’identikit di Sky Italia, che può correre solo per il lotto numero 1.