Happy New Year!
Due righe per insultare i Maya, e tutti gli speciali che ci hanno fracassato i coglioni nell'ultimo anno, ma anche per fare qualche augurio sparso.
Abbastanza dovuto, come ogni anno.
In queste occasioni si è soliti riassumere l'anno passato, soprattutto le brutte esperienze, perché l'anno è sempre peggio rispetto a quello prima, ma migliore rispetto a quello che verrà.
Una logica non troppo logica, ma che sembra andare per la maggiore.
Logica che - ovviamente - non mi è mai andata a genio.
Per me è stato un anno di tante scoperte, di esperienze – belle e brutte – e di formazione. Non scolastica, ma personale e lavorativa. Ho capito più cose negli ultimi mesi, di me stessa e di tante altre persone, che in venticinque anni.
Forse ho solo capito come si vive. Meglio tardi che mai, tutto sommato.
Ho fatto delle scelte, ho seguito l'istinto e la passione, ho aperto e chiuso porte.
I cardini non cigolano poi più di tanto. E questo è un buon risultato.
Posso considerarmi felice nonostante qualche dispiacere sparso, che mi impegno a zittire con un qualsiasi vinile di John Mayall.
Per il resto non credo esistano anni brutti e anni belli, esistono anni che si susseguono e basta, nella più pura delle semplicità.
E non esistono propositi, solo scelte e valori.
In queste occasioni si chiede sempre cosa ci si aspetti dall'anno nuovo, e cosa si voglia.
Personalmente mi aspetto un anno decisivo, di scelte importanti e di responsabilità.
Quello che vorrei è solo silenzio, dimezzerei tutte quelle parole che non servono, nel lavoro, nella vita e nell'affetto. Le parole sono sopravvalutate.
Con queste quattro righe di nulla – e per chi si aspettava aneddoti personali ridacchio - auguro a tutti un buon anno, e che Dio non ci fulmini per tutte le volte che lo nomineremo da oggi in poi.
E comunque non l'ho mai vista come la fine del mondo, ma come l'inizio di una nuova era.
Così sarà, in barba ai Maya, e a chi credeva di morire.