Tornando al mio esempio, se affermo che l’immagine dei cinque lupi può esprimere l’idea delle cinque dita della mano devo fornire prove evidenti che possano ragionevolmente giustificare una tale relazione. Una volta che ho fornito tali prove allora posso passare all’interpretazione del segno onirico.
Per fondare la relazione del segno onirico “lupo/padre”, Freud rimanda alla scena primaria, nella quale il bambino ha osservato la posizione in piedi del padre. Invece, la posizione “a quattro zampe” della madre gli avrà ricordato il modo in cui i cani sogliono accoppiarsi. Potremmo dire, si tratta di un pensiero retroattivo: il bambino, osservando il modo in cui i cani s’accoppiano, ha riattivato nella mente questa scena remota. Ma neanche in questo caso mi sembra ragionevole la connessione con l’immagine del lupo e quella del coito a tergo. Per quale ragione, intendo dire, i cani o i cavalli che s’accoppiano devono trasformarsi in lupi? Perché poi i due “lupi” della scena primaria diventano cinque nella rappresentazione onirica? Se, come fa Freud, facciamo intervenire la “resistenza come mezzo di deformazione”, allora ogni interpretazione diventa a questo punto lecita. Abbiamo detto che le interpretazioni ad hoc non sono ammesse, altrimenti tutto diventa possibile.Freud scrivendo che il paziente ha “preso” il materiale onirico da due favole, ha fatto diventare la storiella del nonno del tutto secondaria. In realtà, ritengo che sia proprio in questa favola, raccontata dal nonno, che bisogna cercare la chiave interpretativa dell’Uomo dei lupi. Anzitutto, quand’è che il nonno raccontò al bambino questa favola? In un primo tempo, Freud scrive: «A questo proposito gli viene in mente una storia che aveva sentito raccontare dal nonno, non ricorda più se prima o dopo il sogno. Tuttavia il contenuto di essa depone decisamente a favore della prima ipotesi» [p. 36]. Perché questa esitazione da parte di Sergei?Più avanti, Freud scriverà: «Al posto di questa immagine, appare invece il materiale della storia che il nonno aveva raccontato poco prima” [p. 48]. Quanto “poco prima”? durante l’estate o poco prima del sogno? Inoltre, affiancando a questa storia quella del Lupo e dei sette capretti, Freud (o il paziente) è come se avesse “distratto” l’attenzione del lettore (o dell’analista). Davvero la storia del nonno non conteneva “quasi” tutti gli elementi materiali del sogno? Ho letto che qualcuno attribuisce la favola russa ai Fratelli Grimm. Ciò mi ha fatto capire con quanta attenzione gli interpreti di Freud leggono questo caso. In realtà, si tratta di una favola di Aleksandr Afanas’ev, raccolta in Antiche fiabe russe. Il titolo di questa fiaba è il Lupo imbecille. La riporto integralmente per il valore che essa ha ai fini della interpretazione del caso dell’Uomo dei lupi:
È una storia successa anticamente, quando ancora Cristo andava sulla terra insieme agli apostoli. Un giorno andavano per la strada, per l’ampia strada; incontrano un lupo, dice: «Signore! Ho voglia di mangiare!». «Va’», gli dice Cristo, «mangia una giumenta». Il lupo corse alla ricerca: vede una giumenta, s’avvicina e dice: «Giumenta! Il Signore m’ho ordinato di mangiarti». Quella risponde: «Oh no, non mangiarmi! Non è permesso: io ho il passaporto, solo che l’ho dimenticato lontano». «Su, mostralo». «Vieni più vicino alle mie zampe di dietro». Il lupo s’avvicinò alle zampe posteriori, essa lo colpisce sui denti in modo tale da farlo volare cinquanta metri indietro! E la giumenta scappò.Il lupo andò a lamentarsi; va da Cristo e dice: «Signore! Quella giumenta per poco non m’ha ucciso!». «Va’ e mangia il montone». Il lupo corse dal montone; arriva e dice: «Montone! Io ti mangerò, me l’ha ordinato il Signore». «Mangiami pure! Tu mettiti sotto il monte e spalanca le fauci, io verrò giù correndo dalla cima e ti salterò dritto in bocca!». Il lupo si mise sotto il monte e spalancò le fauci; il montone prende la rincorsa e gli dà una gran cornata: bum! Atterra il lupo e corre via. Il lupo si rialza, guarda da ogni lato: l’ariete non c’è!Di nuovo andò a lamentarsi; va da Cristo e dice: «Signore! Anche il montone m’ha ingannato; è mancato poco che non mi uccidesse!». «Va’», dice Cristo, «mangia il sarto». Il lupo corse via; ecco venirgli incontro proprio il sarto. «Sarto! Ora ti mangio; è il Signore che l’ha ordinato». «Aspetta, lasciami almeno dire addio ai genitori». «No, neanche loro ti lascio salutare». «Be’, quand’è così mangiami. Permetti solo ch’io ti misuri: riuscirai a inghiottirmi?». «Misura!», dice il lupo. Il sarto gli passò dietro, gli afferrò la coda, se l’avvolse ben bene attorno alla mano, e giù botte! Il lupo si dibatte, tira, si strappa la coda e via a gambe! Corre corre a tutta forza, ed ecco venirgli incontro sette lupi. «Ferma!», dicono. «O grigio, perché sei senza coda?». «Il sarto me l’ha staccata». «Dov’è il sarto?». «Eccolo che se ne va per la strada». «Corriamogli dietro», e si gettarono all’inseguimento. Il sarto sentì correre, vede che l’affare è brutto, s’arrampica presto presto su un albero e si siede proprio in cima.Ecco arrivare i lupi, dicono: «Fratelli, il sarto lo prenderemo; tu, scodato, stenditi sotto a tutti, e noi saliremo su di te, uno dopo l’altro, finché lo raggiungiamo!». Lo scodato si stese a terra, e un lupo gli montò sopra, su quello un altro, sull’altro un terzo, sempre più alto e più alto; già l’ultimo si sta arrampicando. Il sarto s’accorge del pericolo imminente, stan già per prenderlo! E grida dall’alto: «Tutti si salveranno, tranne lo scodato!». Quello salta via da sotto e giù a correre! Tutti e sette i lupi cadono a terra, inseguono lo scodato, lo prendono e lo fanno a pezzi con tale furia che i brani volano attorno. E il sarto scese dall’albero e se andò a casa. [In Aleksandr NikolaevičAfanasjev, Antiche fiabe russe, Einaudi, Torino 1974, pp. 53-54].