Frida Kahlo, una figura mitica, amata e lodata da molti. Una personalità misteriosa e carismatica a cui sono state dedicate innumerevoli mostre, scritti e fumetti, ma Frida Kahlo prima di diventare una grande artista è stata molto altro: una figlia, una paziente, una donna, una moglie, un’amante passionale e una combattente mossa da forti ideali politici ed etici mai venuti meno fino al sopraggiungere della morte. Un solo sogno non concretizzò nella sua vita e fu quello di diventare una madre, a causa di una salute cagionevole che l’ha portata ad abortire spontaneamente e chirurgicamente ad ogni tentativo di gravidanza.
La sofferenza fu per Frida un’amica fedele nei momenti di solitudine ma anche una nemica da celare sotto le ampie gonne tehuane e gli scialli messicani, cercando di gustare il trascorre del tempo sempre con la massima intensità, cantando per tutta la notte, correndo verso il futuro per poter godere di ogni attimo che la vita le ha regalato.
Nel soggiorno della sua “casa blu” a Coyacan è appeso l’ultimo dipinto fatto nel 1954 raffigurante delle angurie che si stagliano contro un cielo azzurro e su una delle fette, quella in primo piano, è riportata la frase “Viva la vida”, un memento mori per la ragazzina vispa dai capelli nero corvino e le sopracciglia ad arco. La vita di Frida Kahlo sembra essere destinata all’arte e alla grandezza fin da quando da bambina seguiva il padre e fotografo Guillelmo Kahlo durante i suoi servizi fotografici, ed è proprio dall’arte del padre che Frida sembra aver appreso l’amore per il dettaglio miniaturisti.
Un incidente stradale avvenuto il 17 settembre 1925 all’uscita dalla scuola Preparatoria di Città del Messico, Frida era con il fidanzato Alejandro su un autobus di Città del Messico, la cui corsa terminò bruscamente e Frida fu una delle vittime più gravi. Per la gravità dell’impatto si ritrovò con le vesti strappate e ricoperta di polvere d’oro che un muratore portava in un contenitore, mentre un’asta metallica la trafisse l’addome per fuoriuscire dalla vagina.
Dopo questo evento, la sua vita per lungo tempo si svolse a letto e così i genitori notando la sua passione nel decorare i busti di gesso che era costretta ad indossare, le regalarono dei colori, un cavaletto con cui poter dipingere stando sdraiata e appesero sopra il letto a baldacchino uno specchio in modo da autoritrarsi, diventando così il soggetto prediletto delle sue tele. Ritrarre sé stessa era un modo per raccontare il suo mondo, il suo dolore, fino a diventare un modo per sondare il proprio Io, costellato da visioni interiori che alla fine dei suoi giorni diventarono ancora più febbrili a causa dell’importante assunzione di droghe, antidolorifici e alcol.
Frida Kahlo era una donna carismatica amava gli animali e nella sua casa c’erano pappagalli, scimmiette e cerbiatti, amava il verde del suo giardino e le tradizioni del Messico, che in tutto e per tutto si riflettevano nel suo particolare abbigliamento. La toletta era per lei un rituale da svolgere con precisione e con cura, pettinandosi i capelli con trecce e ornandoli con fiori e nastri, vestiva abiti eleganti da tehuana, coloratissimi e molto decorati, accostati a gioielli d’oro antichi, anelli che ornavano ogni singolo dito delle mani e aveva due incisivi d’oro che talune volte sostituiva con altri due che avevano incastonati due brillanti rosa.
Ragazza scapestrata e un po’ maschiaccio, come la ritrasse il padre in una fotografia di famiglia mentre indossa un abito da uomo, diventò una donna attraente ed elegante dal linguaggio colorito, che mai negò la sua bisessualità e che visse come meglio credeva andando contro i dettami dell’epoca.
Ebbe molti amanti e molte amanti a cui donò il suo cuore ma uno fu l’amore eterno: quello per Diego Rivera. La madre di Frida lo definì un matrimonio tra un elefante e una colomba, oppure tra un rospo e una colomba, così diversi fisicamente ma così affini intellettualmente e spiritualmente tanto da superare insieme molte sfide e molti tradimenti. Solo una volta Frida si allontanò da Diego a causa della sua infedeltà e fu quando Diego la tradì con la sorella Cristina Kahlo, venendo meno al “rispetto e alla lealtà” promessagli.
Frida, nell’ottobre del 1938 andò in Gringolandia (come chiamava l’America) per la sua prima mostra personale nella galleria di Julian Levy. La sera del vernissage Frida era incantevole cinta dal suo vestito messicano e circondata dagli innumerevoli ammiratori. Di questi giorni ci sono state tramandate delle fotografie scattate dallo stesso Levy, che la ritraggono nuda fino in atto di sciogliere i lunghi capelli neri.
In America iniziò una lunga relazione d’amore con l’affascinante ungherese Nickolas Muray, fotografo, amante delle arti e raffinato collezionista, che rimase fin da subito ammaliato dall’eccentrica personalità della donna Tehuana, tanto da ritrarla molte volte. L’amore tra Frida e il niño, come lei dolcemente lo chiamava, traspare dalle lettere ancora conservate: «mi manca ogni minuto di te, la tua voce, i tuoi occhi, le tue mani, la tua bellissima bocca, la tua risata così limpida e onesta. TU. Ti amo mio Nick. Sono così felice quando penso che ti amo», ma i loro rapporti con il ritorno di Frida in Messico e in coincidenza dell’aggravarsi dellae sue condizioni di salute, iniziarono a incrinarsi.
Fu amica delle personalità più celebri dell’epoca, da Duchamp a Chavela Vargas, da Tina Modotti a Breton e al gruppo dei Surrealisti. Fu amante di Trotsky, Muray, e Levy, amici fedeli che le rimasero accanto fino alla morte.
Leggere le ultime pagine della sua biografia è straziante, perché gli ultimi anni di Frida sono segnati dal dolore e dalla sofferenza e anche la sua pittura ne risentì, tanto che la mano ferma da miniaturista divenne sempre più frettolosa, i colori più acidi e i contorni sempre più sbavati mentre le scene più confuse e allucinate, probabilmente dovute all’utilizzo eccessivo di droghe come il Demerol per far passare i dolori ormai diventati insopportabili. Frida nell’ultimo periodo era scontrosa, non poteva muoversi e alzarsi dal letto da sola, doveva chiedere aiuto all’infermiera che la cullava e le raccontava storie per farla addormentare. Ma la sua forza non venne mai meno e riuscì a partecipare all’ultima manifestazione il 2 luglio 1954, alcune fotografie dell’epoca la ritraggono su una sedia a rotelle e con pugno alzato, circondata dai compagni che la seguivano devotamente.
Una donna unica nel suo genere che ebbe mille sogni e mille desideri e tra questi uno per lei fu molto importante: esporre nel suo paese, il Messico. Questo sogno si realizzò poco prima della sua morte, nella primavera del 1953 quando Lola Alverez Bravo organizzò una personale nella sua galleria, per l’occasione gli inviti furono fatti a mano dalla stessa Frida e la mostra fu un vero e proprio successo internazionale anche perché la pittrice, che non avrebbe dovuto presentarsi a causa delle gravi condizioni fisiche, presenziò sdraiata sul suo letto a baldacchino, costringendo il personale della galleria a rivede l’allestimento.
L’ultima pagina del suo diario riporta la frase “spero che l’uscita sia gioiosa, e spero di non tornare più”, una predizione o semplicemente una sensazione, scritta di getto ed il 13 luglio 1954 a soli 17 giorni dalle nozze d’argento con Diego, decise di donargli l’anello d’oro che aveva comprato per il loro anniversario, perché ormai l’amica dal manto nero e falce in mano era vicina. Alle sei del mattino morì. Frida giaceva sul suo letto a baldacchino con una gonna nera da tehuana, con i capelli ornati con fiori e nastri, con gli immancabili gioielli d’oro e con i molti anelli, come ogni mattina era solita fare per affrontare con amore il nuovo giorno.
È lecito inventare dei verbi nuovi? Voglio regalartene uno: io ti cielo, così che le mie ali possano distendersi smisuratamente, per amarti senza confini.
Testo © Claudia Stritof. All rights reserved.