Friday Night Lights

Creato il 15 gennaio 2013 da Margheritadolcevita @MargheritaDolcevita

Friday Night Lights
NBC
2006 – 2011 (5 stagioni, 76 episodi)

Quando me la consigliavano non avrei mai creduto che potesse piacermi così tanto. E sono particolarmente felice di essermi ricreduta. Essendo ormai un’adulta pensavo di non poter apprezzare nel modo giusto una serie i cui protagonisti hanno nel 70% dei casi dai 15 ai 20 anni. Ma ricapitoliamo un po’ di cosa parla. Friday Night Lights è un meraviglioso affresco americano ambientato nella tipica cittadina del sud degli Stati Uniti (la texana Dillon, inventata). In questa cittadina l’unico motivo di orgoglio è la squadra liceale di football americano, e la serie racconta proprio di questa squadra, di ciò che ci sta dentro e intorno. A volte è solo un pretesto per sollevare questioni importanti e radicate nella cultura americana moderna, a volte è puro e semplice sport, con la sua retorica, i suoi momenti di gioco e di allenamento. Il cardine di tutto è il coach, Eric Taylor, con sua moglie Tami e la loro figlia adolescente. Sono la coppia più bella mai apparsa in televisione. Sono talmente bravi e naturali che sembravano veramente sposati. Altri protagonisti sono alcuni dei giocatori di football, le ragazze che bazzicano la squadra, personaggi locali del comitato di supporto, il Texas (protagonista, eh sì). Il tutto girato con uno stile particolare, quasi documentaristico tenta di riprodurre la sensazione della “presa diretta”. Nelle parole di Peter Berg l’ispirazione per l’inizio dell’avventura.

“I want to build up this all-American quarterback, this hero. This wonderful, beautiful kid with his entire future ahead of him. His biggest decision in life was whether he was going to take a full ride to UT or Notre Dame. He’s got the hot girlfriend. He’s got the loving parents. And he’s going to break his neck in the first game. We’re going to create this iconic American hero, and we’re going to demolish him.”

I motivi per essere scettici ci sono tutti, no? Specialmente se hai quasi 28 anni. Roba teen, football americano, retorica dello sport, pussa via. Sbagliato. Intanto sono convinta che una serie del genere possa piacere più agli adulti che non ai ragazzi. E poi è così completamente epurata da scemenze adolescenziali e patinate che non importa quanti anni tu abbia per apprezzarla. Stessa cosa il discorso del football. Io non avevo mai guardato una partita, non conoscevo le regole, non sapevo nemmeno che giocassero in 11 contro 11! Eppure per il modo in cui ti viene raccontato non pensi più che tu il football lo consideravi una roba da ammeregani magna hot dog, anzi, inizi ad usare il linguaggio giusto, sai cos’è un fumble, conosci i ruoli ma soprattutto ti rendi conto di come il football, in alcuni contesti, sia un’esperienza che trascende lo sport, sia solo un modo per crescere, per vivere delle esperienze irripetibili, per creare amicizie così solide da durare per molto tempo. La verità è che ti esalti moltissimo, fai il tifo, ma sai che per il 99% dei giocatori l’ultima partita del campionato liceale sarà anche l’ultima partita della loro vita, perché nel mondo là fuori, fuori Dillon, non c’è posto per tutti, bisogna fare i conti con altre realtà dove il tuo essere eccezionale viene ridimensionato allo status di mediocre. Certamente i discorsi di “incoraggiamento” del coach sono intrisi di quella retorica sportiva che può far storcere il naso. O può far commuovere, come nel mio caso. Il motto è Clear eyes, full hearts, can’t lose, e chi se lo scorda più.

Accanto allo sport l’altra colonna portante è sicuramente il passaggio dall’adolescenza al diventare adulti. Passaggio narrato sia attraverso gli occhi di chi lo sta vivendo in prima persona  sia attraverso quelli di chi guarda, più o meno impotente, ovvero i genitori. L’amicizia, prima che l’amore, il forte senso di comunità, la spinta ad andarsene per poi voler ritornare sempre a casa (home, non è un caso che due delle mie serie preferite si concludano proprio con questa parola), il dolore (perché diventare adulti significa anche perdere le persone che ci sono sempre state intorno), la difficoltà insita nello scegliere il giusto al posto dello sbagliato, Friday Night Lights è questo e molto di più. Sono diventata una fan sfegatata, ho pianto tantissimo, ho anche riso molto, non posso certamente dire di essermi immedesimata in qualcuno dei personaggi ma non è di certo un problema. Voglio dire, amo OZ ma grazie al cielo non mi ritrovo in nessuno dei suoi protagonisti. E’ una serie straordinaria perché riesce letteralmente a trasportare lo spettatore lì, a Dillon, lo coinvolge, lo rende parte della comunità e ahimé il senso della comunità è un valore che da noi si sta perdendo rapidamente. Gli attori sono eccezionali, difficile pensarli in altri ruoli (il protagonista, il coach, è quello che faceva Ultime dal cielo e no, mi dispiace, non ci siamo). La sceneggiatura, a parte un paio di piccole cadute, considerate le varie vicissitudini subite, secondo me non delude. Mi pare impossibile che uno alla fine possa dirsi deluso, però, non si sa mai.

Friday Night Lights è una serie che si va ad aggiungere alla breve lista delle mie preferite, di quelle che io considero grandi capolavori della televisione statunitense o britannica, recupera in profondità ciò che inevitabilmente può perdere in sceneggiatura. Ringrazio ancora quelli che me l’hanno consigliata.



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