“Ammazzavampiri” (“Fright Night”) di Tom Holland è stato un cult minore dell'horror anni '80, pieno di intelligenza e umorismo, con ottimi trucchi volutamente eccessivi (per l'epoca): l'inquadratura in cui la ragazza che il vampiro ha contaminato, inquadrata di spalle mentre sta piangendo, si rivela nel controcampo una vampira orridamente multidentuta era un piccolo shock visivo appunto per la sua esagerazione. Quel film univa il gusto della narrazione tongue in cheek - la spiritosa descrizione di questi liceali americani di fronte a un mostro leggendario - alla sfacciataggine del trucco, come a dire: “Volete zanne mostruose? E noi ve ne diamo più di quanto possiate immaginare”.
Già questo poneva un problema al remake 2011, poiché quell'estremismo del trucco oggi è diventato ordinaria amministrazione, propiziata dalla computer graphics. Bisognava quindi tenere quello che c'era di buono nel film originario sul piano del racconto e inventarsi qualche cosa in più sul piano dell'horror. L'infantile remake Touchstone “Fright Night – Il vampiro della porta accanto” di Craig Gillespie ha fatto esattamente il contrario. Affidato alla penna incapace di Marti Noxon, il cui titolo di merito è di aver lavorato (ma poche volte come sceneggiatrice) alle serie tv “Buffy” e “Angel”, non ha inventato niente di particolare come trucchi horror (dignitosi, ma meno fantasiosi ed emozionanti che nell'originale); in compenso ha impoverito il racconto. Il tono divertito del vecchio film si è trasformato nel solito giovanilismo idiota, di una tale piattezza da rendere i personaggi uno più antipatico dell'altro. Non soltanto il protagonista riesce a caratterizzarsi solo come un pirla (anche grazie alla mediocre interpretazione); viene distrutto il personaggio più memorabile del vecchio film, Evil Ed (Fiele nell'edizione italiana), la cui buffa malignità da vivo si adattava molto bene al vampiro sopra le righe che diventa dopo morto. Qui Ed è semplicemente (parole del film) uno “sfigato secchione”, stereotipato e così umbratile che la sua presenza diventa quasi incomprensibile.
Poi c'è Peter Vincent, l'ammazzavampiri. Nel film originale era un omaggio agli hosts (intrattenitori-presentatori) dei film dell'orrore in tv; lo humour stava nella pretesa dei giovani protagonisti che un host televisivo debba essere un ammazzavampiri sul serio. Ora, è vero che queste figure non ci sono più - e forse gli adolescenti sono più scafati. Ma la trasformazione del personaggio in un performer di palcoscenico a metà strada fra l'ultimo Van Helsing e Johnny Depp lascia il tempo che trova; tanto più con l'assurda invenzione che abbia veramente vissuto un'esperienza di attacco vampirico da bambino! Questo dettaglio è importante per vedere come Marti Noxon non abbia capito nulla dello spirito del film che si sforza di riscrivere. Sintomaticamente il nuovo “Fright Night” non solo abbandona la concretezza e la verve del film originale per abbandonarsi a caratterizzazioni lamentevoli; ne tradisce anche in modo incomprensibile (perché antispettacolare) la struttura narrativa. Se il vecchio film conteneva la scoperta del vampirismo spiando il vicino, qui il concetto manca del tutto: appena entrato in scena, Ed informa il protagonista Charlie dei suoi sospetti sulla presenza di un vampiro in città. Anticlimax immediato! Non per nulla c'è un prologo senza senso, probabilmente aggiunto per dare un po' di pepe all'inizio.
Per completisti del vampirismo, come chi scrive, c'è qualche passabile esempio di imagerie vampiresca: il morso a una vittima affondando nella piscina; il vampiro raggomitolato che soffia e ruggisce come un gatto ferito quand'è passato parte a parte da un palo; la bellona vampirizzata che, dopo tanta fatica per salvarla, esplode in fiamme appena esce al sole; i protagonisti circondati dai morti viventi che non possono attaccarli per timore della luce ma aspettano che cali la notte. Fra gli attori, si salva solo il bravo Colin Farrell, che disegna abilmente la figura del vampiro, con occhi brillanti e il sorriso di chi è vissuto quattro secoli e crede di sapere tutto. Ma in ultima analisi l'unico motivo per guardare il film è la bellezza di Emily Montague e Sandra Vergara in due parti minori.
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