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Fuga da Silvio. Scappano in 300, restano i fedelissimi e le amazzoni. A Benito, a Salò, andò meglio.

Creato il 31 ottobre 2012 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Fuga da Silvio. Scappano in 300, restano i fedelissimi e le amazzoni. A Benito, a Salò, andò meglio.
Era nell’aria. Come la diossina a Taranto. Il fatto è che i sondaggi, mai spietati come questa volta, danno Berluspony al 12 per cento di gradimento, nulla, meno di Michele Misseri. E allora i pidiellini, gente di mondo avvezza a percepire ogni cambiamento stagionale, con il fiuto di uno spinone italiano, emigrano, volano altrove alla ricerca di un tartufo migliore da annusare, di un altro padrone al quale consegnarsi, incapaci come sono di prendere la vita nelle loro mani. In 300, non più giovani, tanto meno forti, hanno deciso in queste ore di lasciare Silvio al suo destino. Glielo hanno dimostrato votando la fiducia al governo Monti sul decreto anticorruzione, più di così... e tutti sono pronti a scommettere che altrettanto faranno con la Legge di Stabilità che Nano Bifronte avrebbe voluto stravolgere ancora una volta pro domo sua, non per gli altri che non contano un cazzo. Quando Benito, per salvarsi il culo, e tentare un’ultima, impossibile, resistenza, decise di fuggire a Salò, lo seguirono più di 30 irriducibili fasci, con qualcuno che addirittura avrebbe continuato a immolarsi per lui. Sarebbe facile ironia dire che chi ha deciso di condividere il proprio destino con Silvio, nasconde la voglia perversa di impalarsi, ma proprio perché è facile, la lasciamo agli autori della barzelletta su Mohamed Esposito, noi preferiamo altro. Ora, in questi convulsi momenti post-elezioni siciliane, la fine del regno di Silvio è nell’aria, vicina come non è mai stata da quando si è dimesso, contrattando la sua uscita dalla vita politica a suon di privilegi e impunità. Mai come in queste ore, la pochezza di un ex-Dio, è venuta fuori in tutta la sua devastante insulsaggine di uomo e di politico avvezzo a vendere prosciutti, deodoranti e, purtroppo, sogni nei quali hanno creduto milioni di italiani inebetiti da Dallas e dalle sue tivvù. Mai come in queste ore, a meno di improbabili voltafaccia da gatto dalle nove vite e nessuna certezza, la sensazione che Silvio stia facendo capolino a occidente, si sta trasformando in visione. I suoi fedelissimi, con Danielona Santanché in testa, puntano su un manipolo di giovani imprenditori, di donne tenacemente legate alla patologia del farsi usare, di qualche nostalgico della prima Forza Italia, quella che rappresentò la Marcia su Roma del ventennale Duce di tutte le Italie e di un pezzo di Albania, per tentare di resistere, di riaffermare un berlusconismo praticato con ancora Berlusconi alla testa di un manipolo di disperati. Silvio, senza le sue armate, è un re ancora più nudo di quello di Andersen, più proiettato verso una Gestalt Therapy inevitabile, piuttosto che a un non più rinviabile interesse comune. È finito, stavolta lo speriamo sul serio, il regno di un uomo che la Storia ricorderà al pari delle 10 piaghe d’Egitto, quelle che cessarono quando gli ebrei poterono andarsene indisturbati. Se fosse un paese normale, in Italia potrebbe accadere lo stesso, via Silvio, finite le piaghe. Ma siccome non lo è, pensiamo a chi dovrebbe sostituirlo e ci viene da piangere: un sindaco che blatera pochezze, manipolato da un berlusconiano delle prima ora, e un comico genovese incazzato come una iena, manipolato da uno più abituato a trattare con i computer che con gli uomini (che un po’ gli stanno pure sul cazzo). Adda’ veni’ Baffone, concittadini, adda’ veni’... 

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