Due uomini noiosi come i numeri continuano a disturbarmi scagliando frecce che uniscono grafici e tracciano bilanci sbilanciati verso il negativo. Non li tollero, li guardo, li commisero nonostante parlino di milioni di euro. Mi volto e non li ascolto. Il mio diversivo a loro sono un paio di cuffie e il paesaggio italiano avvolto in un finestrino e creo così il mio audiovisivo, che cerca di essere la riproduzione fedele della realtà ma gli è tutt’altro che vicino. Volendo parlare in termini di percentuale, il quadro personale vira in modo netto verso il cento se se si va ad analizzare il mio grado di disadattamento al mondo reale. Cerco fughe come Bach, sono un proletario sfigato come Donald Duck, tesso tappeti per fare concorrenza a Sherazad; cammino con un cucchiaino dovessi sgretolare muri come ad Alcatraz; sono scappato da Azkaban per aiutare D’artagnan a salvare Wonderwoman dalle manie fetish di un uomo in perizoma che si fa chiamare Tarzan.
Mangio naftalina per evitare che i pensieri oscuri buchino l’anima debole; cerco figure nelle nuvole
e se non ne trovo vuol dire che il regno del Sogno ha calato gli scudi. Bevo la forza di lottare direttamente dalla mani dei druidi, prendo la voglia di volare dalla cuccia di Snoopy; scrivo di mercoledì come la rubrica dei misteri di Goofy. Addomestico una volpe se voglio fedeltà, seguo un coniglio per cercare la puntualità, uso ragnatele come mezzi pubblici per spostarmi in città. Vado in una bottega di fiori gestita da un vecchio in carrozzella per scoprire la vera identità di Carmen Sandiego, mi faccio costruire una casa da un architetto che lavora per Lego. Contatto Corto Maltese per una ballata nel mare salato e chiacchiero con Valentina per sapere che il mondo è malato; sono un cuciolo d’uomo e il mo cane si chiama come la pantera che m’ha salvato.
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