(c) Giulio Di Sturco
Lo tsunami dell’11 marzo da un punto di vista umano, senza retorica o estetismi gratuiti. Si potrebbe riassumere così il lavoro realizzato dal fotografo Giulio di Sturco nella prefettura di Fukushima nei mesi successivi allo tsunami che ha letteralmente stravolto la topografia paesaggistica e umana della regione.
Di Sturco, 32enne attualmente di base a Bangkok, in Thailandia, ha cominciato a scattare foto in Giappone già subito dopo la tragedia di marzo accompagnando una squadra di piscologi di Medici Senza Frontiere che assisteva la popolazione .
In seguito, nonostante molti glielo avessero sconsigliato, il fotografo ha deciso di spingersi sempre più vicino alla “zona rossa” contaminata dalle radiazioni della centrale nucleare danneggiata per capire in che condizioni vivevano i sopravvissuti.
Lì, tra le macerie delle città devastate dallo tsunami e dal sisma, il fotografo ha trovato un’umanità abbandonata, perduta, che cercava di proseguire la propria vita nonostante le condizioni avverse. Piuttosto che fotografare le macerie e la devastazione, Di Sturco ha scelto di concentrarsi sulle persone.
E grazie anche all’esperienza maturata sul campo con gli psicologi di MSF, è riuscito a realizzare un reportage unico, un documento al contempo importante e toccante che racconta un popolo attaccato alla propria terra, in lotta per la sopravvivenza.
La mostra, a cura di Chiara Oggioni Tiepolo, è alla OpenMind Gallery di via Dante 12 a Milano dal 25 novembre al 20 gennaio.
fonte: national geographic