di Filippo Messina
XVII secolo, Costa d’Avorio. Una nave negriera, caricato il suo bottino di carne umana, salpa verso l’America dove uomini e donne in catene saranno venduti al mercato degli schiavi in cambio di denaro sonante. Tra questi c’è Fulù, fanciulla albina dalle forme sinuose e con occhi color smeraldo che sembrano squarciare l’anima. Il corpo da pantera della ragazza fa ardere di desiderio qualunque uomo incroci il suo sguardo e saranno in tanti a volerla possedere prima ancora di giungere a destinazione. Ma Fulù non è una schiava come tutte le altre. Il suo passato nasconde origini misteriose, e Fulù stessa è una potente sciamana, capace di manipolare le passioni degli altri come creta e comunicare con gli spiriti guida della sua gente. Facoltosi bianchi si contendono la sua proprietà e il suo corpo mentre l’arcana trama intessuta da Fulù semina caos e morte, avvicinandola un passo alla volta al suo destino e all’agognata libertà…
Chi si accosterà alla lettura di Fulù aspettandosi la consueta storia, tragica e avventurosa, di crudeli negrieri e schiavi in fuga, resterà piacevolmente sorpreso. L’inizio convenzionale della trama rivela presto la sua impronta fantastica, che ibrida archetipi e situazioni del romanzo d’appendice con elementi narrativi maturi, dove i machiavellici piani della bella schiava si ammantano sempre più di stregoneria tribale e visioni oniriche, fino al dichiarato deflagrare della magia, raccontata con la sfrontata naturalezza dei grandi romanzieri sudamericani. Fulù è la storia di una donna il cui scopo è tornare libera alla sua terra, ma anche una storia di miserie umane le cui strade si sono disgraziatamente incrociate con l’incarnazione di una forza primordiale incontenibile, protetta da arti ignote all’uomo bianco e destinata a compiere un cammino che dispenserà a quanti la sfiorano disgrazia o fortuna, mentre l’esistenza stessa di Fulù si rivela il tassello di un mosaico mistico ben più articolato di quanto sembrasse in principio. Con una scelta narrativa da maestro, per oltre metà dell’opera Trillo nega al lettore l’accesso ai pensieri della protagonista, di cui vediamo solo l’ambiguo sguardo o cogliamo poche, essenziali parole. I suoi intrighi spregiudicati sono palesati dall’esplodere degli eventi, e la conturbante sagoma della Venere nera diventa un’icona senza tempo dell’eterno femminino. Divinità da adorare, strega da temere, forza della natura in cui perdersi. La sfinge di colore, da tutti bramata, da tanti odiata per la sola colpa di esistere, è simbolo del mistero stesso dell’esistenza, della sua crudele bellezza, e dei suoi rari, preziosi istanti di tenerezza.
Fulù è una storia epica e romantica, drammatica e divertente. Un gioiello scaturito dalla collaborazione di due giganti del fumetto argentino che merita più letture, capace com’è di affascinare e colpire al cuore chi tiene in mano il volume con numerosi dardi intinti in veleni differenti e dagli effetti variegati. Allucinogeni, dolci e amari nello stesso tempo. Così com’è complessa e misteriosa Fulù. Schiava di nome, in realtà maliarda venuta al mondo per diventare leggenda, tra la sua gente come tra gli ottusi bianchi che osano pensare di poterla possedere. Un appassionato elogio della libertà, ma anche della vita e delle forze che la guidano. Si vogliano chiamare magia o coraggio. Spiriti guida o determinazione. Fulù è una lettura che incanta. E nello stesso tempo… libera, lasciando un po’ più ricco chi ha conosciuto e amato l’affascinante strega africana e la poesia del grande Carlos Trillo.