Funzione esponenziale panico - Shanghai, Cina

Da Pulfabio

La mia borsa, la chitarra e Luce, il chihuahua lecca-orecchie

Eccomi all'ennesima scansione dei bagagli ai raggi X. Sono in viaggio da Guanzhou a Suzhou lungo il seguente itinerario: metropolitana fino all'aeroporto Baiyun, volo per Shanghai-Hongqiao, metropolitana fino alla stazione di Honqiao e da lì il treno per Suzhou-Yuanqu, il cosiddetto Sip (Suzhou Industrial Park), una zona mista residenziale, industriale e universitaria, dove vivono sia L, che lavora in una cittadina nei dintorni, e D, che insegna matematica proprio qui.
Questa scansione dovrebbe essere l'ultima, visto che oltre il controllo c'è il binario da cui parte il treno per Suzhou. Non ricordo attraverso quanti di questi punti sono già passato. In qualsiasi altro paese, considerando che ho preso un solo volo, sarebbero non più di due, ma in Cina la paranoia delle autorità e la loro passione per questo tipo di tecnologia invita a moltiplicare la suddetta cifra per un coefficiente che oscilla tra l'1,5 e il 2,5. Facciamo 2: quattro controlli è quindi un dato attendibile, che per un volo e un paio di tratte in metropolitana non è per niente male. 
Quattro di questi procedimenti in poche ore e un numero consistente di borse al seguito mettono a dura prova la mia sbadataggine, che riesco a controllare soltanto con gli automatismi acquisiti in tanti anni di vita nomadica, durante i quali ho imparato a considerare gli articoli del mio bagaglio come i miei unici possedimenti. Mi porto appresso uno zaino dove tengo abiti e frattaglie varie (dopo anni di sfacchinate ho capito che le rotelle sono utili, ma siccome i trolley tradizionali, così come i bagagli rigidi, mi fanno ribrezzo ne ho comprato uno ibrido, morbido e con gli spallacci), una borsa a tracolla dove tengo computer, gadget elettronici e altri oggetti personali non troppo importanti, una chitarra acustica in custodia morbida che non ho ancora imparato a suonare e una money-belt indossata a tracolla, in cui tengo passaporto, carte bancarie e altri documenti importanti che per comodità e sicurezza non metto in tasca.
Saluto il personale di controllo con un nihao e un sorriso, entrambi non corrisposti, poggio lo zaino scorrevole, mi sfilo la chitarra, poi la money belt e quindi la borsa a traco...DOVE CAZZO E' LA BORSA A TRACOLLA?
Panico. Quello che ti assale quando sei rilassato e aspetti soltanto la dolce conclusione dell'attività che stai svolgendo, l'abbraccio con l'amico, il sorriso di benvenuto, le leccate del cagnetto sulle orecchie, la doccia calda e il letto morbido. Quella forma di panico che non arriva al suo picco con uno scalino immediato ma cresce assieme al tuo battito cardiaco seguendo un andamento esponenziale. 
Maledetta sbadataggine. Se non la trovo sono cazzi. L'unico motivo di consolazione è che se perdevo la money-belt era ancora peggio. Non un granché come consolazione, visto che dei quattro componenti della mia casa ambulante questo per importanza è il secondo: oltre al computer, il lettore e-book e la macchina fotografica ci sono infatti le macchinette per la creazione dei codici di sicurezza per l'online banking, la carta di identità italiana, medicinali e altre tessere.
Comincio a fare casino e faccio un po' fatica a controllare la goffaggine (che fa rima con sbadataggine, i miei difetti infatti sono scritti sui miei cromosomi in versi): la chitarra è già passata oltre, cerco di spiegare le mie intenzioni agli addetti che però non sanno l'inglese. Il poco cinese che ancora ricordo è in questo momentoprigioniero della confusione che governa tutto ciò che provo a fare o pensare. Allora lascio lo zaino incustodito, poggio la money-belt e il telefono sull'apposito cestino, mi faccio perquisire come se volessi andare a prendere il treno, raccolgo la chitarra e ripercorro il percorso a ritroso, sotto lo sguardo sconcertato di tutti.
Cammino velocemente: ma quanto lungo è l'androne di questa stazione? I cinesi tendono sempre a costruire strutture enormi, sproporzionate, spropositate. Mi ricordo di averci già pensato alcuni minuti fa ma era una seccatura dal timbro totalmente diverso, più spensierata, meno abrasiva. 
E' impossibile che me l'abbiano rubata, ma non ricordo assolutamente dove l'ho abbandonata. Provo alla biglietteria, dove ricordo di aver poggiato lo zaino: la signora è sinceramente sorpresa e preoccupata ma non ne sa nulla. Allora continuo a seguire le mie orme dell'andata e arrivo all'imbocco della metropolitana, dove non capiscono di che parlo e mi mandano alla biglietteria. Un cinese che parla inglese invece di aiutarmi mi consiglia di fare rapporto alla polizia: ma quale polizia! Ora devo cercare la borsa, quella è l'ultima risorsa, da utilizzare solo in caso non la trovi. Devo averla lasciata in treno: se non è lì la faccenda si complica parecchio. Il bigliettaio fa una telefonata, sorride e mi dice di attendere. Sembra essere fiducioso e mi tranquillizza un po'. Dopo cinque minuti parla ancora al telefono, mi chiama e mi comunica che non l'hanno trovata. Oltre che deluso mi sento un po' tradito da quel suo sorriso: non aveva alcuna connotazione consolatoria o rassicurante, era solo uno dei passi di una gelida procedura burocratica. 
Torno alla biglietteria della stazione e parlo con un tizio che ha un tesserino appeso al collo e una ricetrasmittente. Quasi non mi ascolta e mi dice di andare a parlare con la polizia. Anche questo...
Non mi resta che prendere la metropolitana e tornare all'aeroporto. La prossima tappa è il controllo ai raggi X tra aeroporto e stazione della metro. Arrivo trafelato, esco facendo casino col biglietto, mi aiutano a passare senza inserirlo credendo probabilmente che abbia sbagliato linea, o forse soltanto perché non capiscono quel che dico e mi vedono la morte stampata in faccia. Spiego a gesti e la donnina che lavora al controllo sorride e allude a una borsa ritrovata. Dai cenni che fa si direbbe che si tratti di un marsupio, io spiego che dovrebbe essere a tracolla, lei sorride di nuovo e mi dice di aspettare. Arriva una poliziotta gentilissima, sorridente, che parla un ottimo inglese. Mi fa qualche domanda e va a parlare col responsabile. Poi torna e mi accompagna alla centrale di controllo dove...vedo la mia borsa poggiata a terra! Sospirone di sollievo che probabilmente si porta dietro la puzza della paura che scombussola i normali processi chimici del corpo. La poliziotta se ne va e uno dei controllori mi dice di aspettare, cosa alla quale mi sono ormai abituato. Dopo qualche minuto arriva il responsabile che gentilmente e in ottimo inglese mi invita descrivere il contenuto della borsa e soddisfatto me la consegna. Mentre me ne vado mi salutano tutti; la poliziotta in particolare continua a sorridere. Che ragazza dolce e carina, se non fossi stato obnubilato dall'angoscia avrei anche potuto chiederle il numero di telefono. Beh, forse non sarebbe stata proprio un'ottima idea.
Arrivo in stazione. Ho perso il treno, che era l'ultimo per Yuanqu, mi tocca prenderne uno per la stazione centrale.Consegno il passaporto e i soldi, poi mi ricordo del biglietto non utilizzato e consegno pure quello, la signora mi getta indietro i soldi come se fossero radioattivi, mi cambia il biglietto e mi dà persino la differenza. 
Quando glielo racconto l'amico Itariajin, un italiano che vive qui da anni, mi confida che secondo lui "ho avuto molto culo". Lo credo anch'io, ovviamente. Soprattutto per aver lasciato la borsa nel posto pattugliato dalle persone più gentili, istruite e premurose a cui mi sono rivolto mentre la cercavo. 
Forse dovevo proprio chiederglielo il numero dopotutto. Ma no dai. Beh, magari però...
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