Ora fa la guardia privata e quando si ripresentano degli omicidi perpetrati con lo stesso modus operandi del 1999, assieme a ciò che è rimasto della vecchia squadra cerca di indagare.
Le indagini portano a una lavanderia e lui si innamora subito della donna che ci lavora...
Questo film a prima vista è strano come il titolo che ha in dote che può sembrare la solita traduzione a casaccio del malvagio titolista italiano e invece pare proprio di no.
Certo , il cinese non è la mia prima lingua e le informazioni che ho sono di seconda mano ma pare stavolta che la traduzione sia letterale e a visione avvenuta si ricollega a quello che si vede nel film ,soprattutto in un finale che lascia , come dire....basiti?
L'inizio è da thriller che più thriller non si può: siamo nel campo d'azione del cinema orientale, cinese in questo caso ( che non è proprio tra i miei preferiti nonostante mi piaccia molto la cinematografia che venga da quello spicchio di mondo) e la memoria non può far altro che correre in direzione di uno dei capolavori di Bong Joon Ho, quel Memories of murder che dovrebbe essere inciso col fuoco nella memoria di ogni cinefilo che si rispetti.
Dopo un inizio da thriller c'è un lento ma inesorabile scivolamento verso le dinamiche del noir , genere americano fino al midollo anche se dotato di nome francese, dato l'accumularsi di elementi e di archetipi tipici del genere, a partire da quella femme fatale che qui viene intrisa di sottile ambiguità.
C'è un lavoro minuzioso sul cromatismo, sui contrasti, si parte dal basilare scontro tra il nero del carbone e il candido del ghiaccio suggerito dal titolo internazionale ( Black Coal , Thin Ice) per poi arrivare quasi ai colori saturi di un melodramma fiammeggiante alla Sirk ( si veda la scena in cui muoiono i poliziotti all'inizio del film con colori talmente carichi che sembrano irreali).
Ecco, se molti interni hanno perlomeno un cromatismo curiosamente caldo e coinvolgente, gli esterni hanno un effetto volutamente contrario con quel ghiaccio che tutto circonda e che tutto ingloba.
Yinan Diao manipola personaggi e generi con grande maestria portando il gioco sempre nel campo da lui voluto e giocando a rimpiattino con uno spettatore che per quasi tutto il film non sa dove la vicenda vada a parare in un continuo gioco al rialzo.
La vittoria dell'Orso d'Oro in quel di Berlino ha messo giustamente i riflettori su un film molto particolare, transgenere che probabilmente in assenza di una vetrina così prestigiosa, ci sarebbe sfuggito come succede purtroppo a tanti titoli meritevoli di migliore fortuna.
Lunga vita al Festival del Cinema di Berlino.
PERCHE' SI : regia eccellente e anche due protagonisti azzeccati che mostrano ottima alchimia tra di loro, ambientazione inconsuete, cromatismo peculiare, finale che lascia basiti.
PERCHE' NO : è un film spiazzante, che si prende i suoi tempi e che non si rivela adatto al classico spettatore che vuole tutto e subito.
LA SEQUENZA : la sparatoria che vede coinvolti i poliziotti e due presunti assassini all'inizio del film.
DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :
Il cinema cinese è quello che digerisco di meno in campo orientale.
Chissà se non avesse vinto Berlino che fine avrebbe fatto questa piccola perla.
E chissà quante altre perle sono sepolte chissà dove .
Il nome di Yinan Diao è già appuntato.
( VOTO : 8 / 10 )