Bernadette Moens è nata in Belgio. Vive e lavora a Roma dove, nel 2008, insieme a Elena Campa, Cecilia Campironi e Amalia Caratozzolo, ha aperto lo studio-laboratorio di illustrazione, grafica e animazione Arturo. http://www.behance.net/bernadettemoens
Vengo da una cittadina del Belgio, nelle vicinanze di Bruxelles, creata nel 1970. Vengo da paesaggi grigi e musica francese, quadri fiamminghi con apocalittiche e umoristiche visioni del mondo. Ora sono a Roma, una città che ha più di duemila anni dove c’è sole, caldo, rumore, sincerità e dove sopratutto c’è Arturo che è il mio quotidiano. Vado avanti.
Come hai iniziato a disegnare e come ti sei avvicinata al mondo dell’illustrazione?
Ho sempre disegnato. È stato il modo più naturale di esprimermi. Infatti penso di essere arrivata all’illustrazione perché era la strada più logica per una innamorata dei libri e del disegno come me.
In qualsiasi progetto ci sono dei limiti che possono essere tecnici (di formato, di tecnica di stampa, ecc.), tematici (nel caso di lavori su commissione) e di target. Io parto sempre dai limiti. Me li studio, mi informo, cerco un punto di vista personale per tradurre in disegno quello che voglio esprimere. Poi ci penso. Spesso le idee mi vengono in momenti inaspettati, magari mentre lavo i piatti oppure se sono sull’autobus. Prendo spunto da quello che vedo o immagino delle situazioni che mi circondano. Poi c’è un lavoro di approfondimento: si cerca la forma giusta, i colori giusti. Si affrontano i problemi tecnici che spesso possono portare a sviluppi inaspettati dell’idea.
Ci sono artisti che hanno influenzato il tuo percorso di crescita?
Moltissimi. Ho sempre studiato la storia dell’arte. E al di là dell’influenza stilistica di alcuni (tra cui grandi illustratori) penso di essere cresciuta anche con il lavoro di artisti più concettuali dei quali apprezzo particolarmente la poesia. Penso a Sophie Calle e Christian Boltanski per citarne due di una lunga lista.
C’è una casa editrice, italiana o straniera, di cui apprezzi particolarmente il lavoro?
Immagino di non dare una risposta molto originale citando per la Francia les éditions du Rouergue e per l’Italia la Corraini e Topipittori.
«Ma tu cosa ci fai qui?» è la prima domanda che mi fanno le persone quando vengono a sapere che sono belga. Perché per chiunque sia giovane l’Italia lavorativa non è di certo la più ospitale. Quanti bravissimi illustratori hanno iniziato la loro carriera all’estero, magari pubblicando un libro poi comprato dalle stesse case editrici italiane che lo avevano rifiutato all’inizio. Io penso che qui in Italia ci siano un grande fermento creativo e moltissimi bravi illustratori. Purtroppo è difficile trovare chi abbia voglia di investire in un giovane. Ho scelto di rimanere a Roma perché qui sono circondata dalle persone che mi danno il giusto scambio, che mi aiutano e mi stimolano nella creazione. Ovviamente ciò non mi impedisce di lavorare anche all’estero, che è la cosa più saggia da fare.
Puoi consigliarci un libro?
Histoire d’un livre di François Arnal e Raymond Queneau edito da Actes Sud, perché è un capolavoro.