Simile come struttura al “Forrest Gump” di Robert Zemeckis, (e perdonate il confronto) “L’Ultima Ruota del Carro” racconta la vita dell’italiano medio Ernesto Marchetti, scandendola dagli anni ’70 fino ai giorni nostri, e, come fu per Tom Hanks in quel film, utilizza il personaggio di Elio Germano per riepilogare gli avvenimenti “più influenti” e i repentini cambiamenti storici di una nazione che, secondo Veronesi, in quarant’anni di crescita economica e politica non è mai riuscita a guarire da quelle che sono e sempre saranno le sue carenze genetiche. Allo stesso modo di come accadde proprio con “Italians” succede allora che i cliché maggiormente popolari e sfruttati finiscono per prendere il sopravvento su tutto il resto, annientando il coinvolgimento e ricordando subconsciamente al regista toscano quanto la sua operazione vada al di là delle corde e della capacita di esposizione che gli appartengono.
E’ evidente che il colpo di qualche anno fa che Veronesi assestò con il primo capitolo di “Manuale d’Amore” fu esclusivamente da attribuire alla fortuna. Da quel lavoro, a parte gli altri capitoli inferiori, il regista non è stato più capace di stupire e nemmeno di confermare la parvenza di talento che gli era stata restituita. La caduta libera intrapresa lo ha portato ora ad un botto bello grosso, dove salvare qualcosa non solo è impossibile ma addirittura sconsigliabile.
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