E' questo l'assunto di "Snowpiercer", prima opera in lingua inglese del regista e sceneggiatore sudcoreano Bong Joon-ho, una storia dove a prevalere è l'efficace intrattenimento ma che non si tira assolutamente indietro quando gli viene concesso il credito di discutere in modo deciso e serio di ecosistema e delle regole e istituzioni che dovrebbero essere applicate ad esso per fare in modo che una civiltà continui a prosperare e a muoversi sul proprio territorio senza creare caos o disordine. Perché oltre alla parte più spettacolare, quella in cui i passeggeri della coda del treno si ribellano alla condizione e iniziano a darle di santa ragione a chiunque - armato o non - gli impedisca di raggiungere la testa in cui risiede la stanza dell'assoluto, onnipotente Signor Wildmore, nella sceneggiatura scritta da Bong stesso assieme all'aiuto di Kelly Masterson non mancano i riferimenti agli istinti reazionari di una specie (quella umana ovviamente) incapace di sopravvivere e di collaborare se priva di un comandante che sappia tenerla in pugno e manovrarla attraverso ordine e paura.
Così "Snowpiercer" scorre e avanza su binari solidi e magnetici, rallentando la corsa in alcune curve e allungandosi forse di un tanto di troppo in quella che è la sua tratta. Eppure riesce a non perdere mai il pregio di mantenere costanti i motivi per convincere lo spettatore, facendosi amare e proclamandosi prodotto intelligente e, per molti versi, rilevante.
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