Fuori e dentro il tunnel

Da Andrea Venturotti

Ci sono ricascato. Ancora una volta sono finito dentro quel tunnel. Quel tunnel in cui sai precisamente quando e come ci entri, ma non sai quando e come ne uscirai. Perché prima o poi se ne esce sempre, basta saper aspettare. Basta aver pazienza. Facile a dirsi, difficile a farsi. Alcuni consigliano di arredarsi il loro tunnel mentre cercano di trovare l’uscita. Alcuni ci si trasferiscono direttamente, smettono addirittura di cercare di uscirne. Io non so dove collocarmi precisamente: sono più uno di quelli che cerca di evitarlo direttamente, perché una volta che ci entro ne esco distrutto. Una parte di me rimane in quel tunnel.

Ci sono ricascato, è vero. Ma stavolta era diverso. In quel tunnel mi ci hanno accompagnato due occhi rossi come il fuoco, come la passione. Due occhi che quando mi guardavano mi sembrava di vedere due fari da quanto brillavano. Anzi no, due stelle. Ma le stelle sono proprio come le persone: per quanto ci possano sembrare vicine, non riusciremo mai a raggiungerle.

Ci sono ricascato, lo so. Ma stavolta ci sono andato vicino. Avete presente quando parlate con una persona e tutto il resto sparisce? Fino a qualche tempo fa pensavo fosse solo una frase fatta, invece è proprio così. Siete voi due e non conta più il resto. Nemmeno il contesto. Una voce, la sua. Una voce e i battiti del cuore vanno a ritmo. Vengono scanditi da quel suono che emana la sua bocca, vengono regolarizzati silenziosamente. E mentre parla avverti qualcos’altro: non si vede né si sente, è solo una tua sensazione. Come una scintilla che ti attraversa il corpo dalla testa ai piedi. Stessa scintilla che hai provato la prima volta che i vostri occhi si sono incrociati, dopo di ché il destino fece il suo percorso in un primo momento dividendovi e, successivamente, riavvicinandovi.
Continua a parlare e ormai è solo calma. Dentro e fuori. Per la prima volta nella vita ti senti compreso e accettato per quello che realmente sei. Non hai bisogno di dover fingere, non ti senti in dovere di indossare maschere. Sei quasi convinto di aver trovato la tua isola, o meglio ancora il tuo paradiso. Come quando dopo un lungo viaggio arrivi in albergo e finalmente puoi disfare la valigia. Quella stessa valigia che ti porti dietro da una vita intera e che hai dovuto fare e disfare tante, troppe volte. Era troppo bello per essere vero. E, infatti, non lo era. Quella non era la mia isola e in quel paradiso Eva aveva già il suo Adamo. Così, senza nemmeno disfarla, ho ripreso la mia valigia senza sapere, ancora una volta, dove andare.

Ci sono ricascato, non lo nego. Eppure stavolta c’ero andato così vicino. Forse era solo una mia impressione. Sono finito per l’ennesima volta nello stesso tunnel. L’unica cosa certa è che quando ne uscirò, mi volterò indietro e, sorridendo, penserò a quella volta che c’ero andato così vicino.