Recensione di Emanuela D’Alessio
Esistere e sopravvivere, lottare e sperare, arrendersi e fuggire, infine morire. È fatta di queste semplici azioni la vita, non importa se irregolare e clandestina come quella dei tanti immigrati che affollano invisibili le strade delle città, oppure “normale” come quella di chi ha un lavoro, una famiglia e una casa, ma è già fuori da tutto, alla ricerca di un senso che si è smarrito troppo presto o che si è cercato troppo tardi. Non importa se le giornate scivolano via in sella a un motorino arrugginito e una pistola nei pantaloni per “fare cassa”, per poi soccombere sotto i colpi di una violenza improvvisa e furiosa, oppure tra le pareti di una stanza a rincorrere un sogno, unica alternativa all’assenza di amore. Se si viene gettati nella mischia troppo presto, senza qualcuno a indicarti almeno un paio di mosse, ci si fa male seriamente, e se anche ti rialzi non sei più lo stesso e non è detto che sei diventato migliore e più forte. Resta una rabbia convulsa che ti trascina e ti scuote, dopo soltanto disperazione e paura, insieme ai segni profondi della sconfitta.
Parafrasando il titolo del romanzo di Cormac McCarthy, Denti guasti non è un libro per vecchi. Perché i protagonisti non hanno più di diciotto anni, perché i “vecchi” della storia sono solo sbiadite e squallide comparse lasciate sullo sfondo. Al centro ci sono soltanto loro, adolescenti che fuggono perché hanno paura, perché vogliono provare a rincorrere un desiderio, qualunque sia: un permesso di soggiorno o la celebrità in un talent show televisivo. È questa ricerca disperata e dolente, destinata a naufragare drammaticamente, il debole filo che accomuna Roman, Silviu e Giulia tra le strade di una Torino periferica e indifferente.
È una storia semplice quella che racconta De Simone, spietata e banale come può essere la realtà se la si guarda senza le sovrastrutture del giudizio e della morale. È una storia vera o meglio verosimile, anche se frutto dell’invenzione narrativa, perché i moldavi Roman e Silviu di Denti guasti, insieme a bulgari, ucraini, rumeni, senegalesi, cinesi, affollano veramente le strade delle nostre città, in fuga da carnefici e sfruttatori, a caccia della sopravvivenza o di una semplice rivalsa, «ognuno attaccato al suo futuro come una mosca sul ghiaccio». Certo, non tutti scelgono la violenza, lo stupro selvaggio e la rapina per affermarsi, non tutti vivono in capannoni abbandonati fra mattoni sbriciolati e calcestruzzo accatastato, non tutti «i rumeni sono pigri e non hanno voglia di far niente», ma quelli di De Simone sì, ed è verosimile. Come è verosimile che di Giulie «con una voce formidabile e la media dell’otto a scuola» e l’unico desiderio di partecipare a un talent show per diventare famose, ce ne siano molte nelle camere di case rispettabili e silenziose. Non tutte devono rimpiangere un padre che non c’è più, con cui da bambine giocavano «a capire dalla faccia se la gente si lavava i denti oppure no», trascinare a letto la madre alcolizzata e priva di sensi, subirne le ingiurie e l’assenza, accompagnarla in ambulanza all’ospedale e sentirsi dire dall’infermiera che è morta, «il fegato lo stomaco il sangue il sistema nervoso l’alcol lo Xanax non ha sofferto il coma meglio non c’era niente da fare così sediamoci un bicchiere d’acqua no in piedi come un caffè ti senti non ha sofferto». Ma la Giulia di De Simone sì, ed è possibile.
È tutto terribilmente e semplicemente possibile quello che racconta De Simone, senza mai prendere fiato, rimbalzando da una scena all’altra, anticipando la fine, ripercorrendo a ritroso ciò che è già accaduto. Ha una voce netta e pulsante De Simone, quasi sempre intonata e coerente. Sarà perché lui è cantante e bassista di un gruppo rock, sarà che ha frequentato la scuola Holden, comunque il risultato è interessante, non foss’altro per essere riuscito a raccontare una storia cruda e feroce sulla solitudine e l’emarginazione, sull’insensata sofferenza, sull’orrore quotidiano che ci scorre accanto, senza alcuna consolazione.
«Perché io non so praticamente niente di quello che voglio nella mia vita, ma una cosa almeno la so ed è che non voglio che nessuno mi dimentichi mai».
Notizie sull’autore:
Matteo De Simone è nato nel 1981 e vive a Torino. È autore, cantante e bassista dell’apprezzato trio rock Nadàr Solo. Come scrittore ha pubblicato nel 2007 il romanzo Tasca di pietra (Zandegù), accolto con successo dalla critica e inserito dalla rivista «Panorama» tra i migliori esordi dell’anno. Suoi racconti sono apparsi in antologie pubblicate da Terre di Mezzo, Transeuropa, Coniglio Editore, Barbera, Sartorio e sul blog collettivo Nazione Indiana. Denti Guasti è il suo secondo romanzo.
Per approfondire:
Leggi la recensione su Fuori le mura
Leggi la recensione su TTL-La Stampa
Leggi la recensione sul Corriere della Sera
Denti guasti di Matteo De Simone
Hacca, 2011
pp. 232, 14 euro