Una trama, quella di “Fuorigioco - la metafora calcistica del titolo non è nemmeno troppo azzeccata -, che sembrerebbe apparentemente innocua, non fosse che il lungometraggio difetta di tutte le basi per rientrare nella definizione di prodotto cinematografico. Se infatti il profilo drammaturgico è manchevole di una spina dorsale che possa reggere i dialoghi che, tentando di avere sempre uno spessore letterario, sono semplicemente macchinosi nel proprio incedere, oltre ad avere la pretesa di affermare grandi verità che, ahinoi, sono invece constatazioni che da almeno un secolo a questa parte sono pane quotidiano – “l’Occidente è un cadavere e noi stiamo assistendo al funerale”; “l’India e la Cina sono il futuro”; “è il mercato a dettare legge”; etc. -. Tutto questo posizionato sulle spalle di un personaggio che, vista la sua posizione in ogni caso benestante, vive il suo essere parte funzionale della società e del mercato come unica possibilità d’acciuffare per i capelli il sogno della libertà - l’unica scelta interessante, questa di non mettere al centro la disperazione d’aver perso tutto, viene sommersa dalla valanga di difetti, narrativi e non, sempre presenti -.
Una trama, quella di “Fuorigioco - la metafora calcistica del titolo non è nemmeno troppo azzeccata -, che sembrerebbe apparentemente innocua, non fosse che il lungometraggio difetta di tutte le basi per rientrare nella definizione di prodotto cinematografico. Se infatti il profilo drammaturgico è manchevole di una spina dorsale che possa reggere i dialoghi che, tentando di avere sempre uno spessore letterario, sono semplicemente macchinosi nel proprio incedere, oltre ad avere la pretesa di affermare grandi verità che, ahinoi, sono invece constatazioni che da almeno un secolo a questa parte sono pane quotidiano – “l’Occidente è un cadavere e noi stiamo assistendo al funerale”; “l’India e la Cina sono il futuro”; “è il mercato a dettare legge”; etc. -. Tutto questo posizionato sulle spalle di un personaggio che, vista la sua posizione in ogni caso benestante, vive il suo essere parte funzionale della società e del mercato come unica possibilità d’acciuffare per i capelli il sogno della libertà - l’unica scelta interessante, questa di non mettere al centro la disperazione d’aver perso tutto, viene sommersa dalla valanga di difetti, narrativi e non, sempre presenti -.
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